sono fortunato, vero?
(a dire il vero, “listaboninopannella has a private feed” quindi non c’è nemmeno il rischio che io mi iscriva al loro feed)
D’altra parte, Emma Bonino è stata il primo politico italiano a spammarci ben bene via rete, anche se molti di voi che leggete siete troppo internettisticamente giovani per ricordarvelo. Nulla di nuovo, insomma.
Archivi autore: .mau.
Singloids – la raccolta delle prime 300 strisce in B/N (libro)
I PersichettiBros sono tre loschi figuri (almeno quello dei tre che io conosco lo è) che da un annetto abbondante hanno iniziato una striscia quasiquotidiana, pubblicata dal lunedì al venerdì sul loro sito http://singloids.com/, che racconta le avventure dei loro tre alter ego, che nel fumetto condividono da scapoli una casa. Questo libro (PersichettiBros, Singloids – la raccolta delle prime 300 strisce in B/N, ilmiolibro.it, pag. 88, € 10, no ISBN) è la raccolta autoprodotta delle prime 300 strisce; esiste anche la versione tutta a colori, per chi vuole spendere un po’ di più (17 euro, per la cronaca).
Per dare un’idea della validità del fumetto, vi racconto un aneddoto. Io non sapevo che il mio amico fosse uno dei Singloids. Sapendo però che suonava in un gruppo rock, il giorno che uscì una delle strisce dove il suo alter ego cercava di far suonare a tutti lo stesso brano la striscia mi piacque così tanto… che gliela segnalai! Caustici quanto basta, i Singloids sono una voce davvero meritevole nel fumetto comico italiano.
la tetta tira sempre
grande ricercona del sito di appuntamenti online OkCupid, subito ripresa da Novella 2000 (oops, mi sono sbagliato, è il Corsera). Quelli del sito hanno guardato 7000 foto di gente che vuole cuccare, controllato quanti contatti ricevono le persone, e scoperto che «una donna di 32 anni che lascia intravedere il seno riceve in media molti più messaggi di una coetanea abbottonata». Dite la verità: non avreste mai creduto che le tette facessero quest’effetto nei socialcosi, vero?
grande risultato per la privacy!
Ieri sera sono passato in farmacia a prendere del Tantum Verde (che poi mi sono dimenticato di usare stanotte e stamattina, peggio per me). Mentre pagavo, ho visto sul bancone un foglio che spiegava come “per tutelare la privacy dell’utente” dal primo gennaio scorso negli scontrini non si indica più il nome del farmaco acquistato, ma il suo codice. In effetti mi sono trovato scritto FARMACO 022088076; sfrucugliando tra i vecchi scontrini ho scoperto che già il 30 dicembre ho acquistato 2 X FARMACO 032182038 (per i curiosoni: soluzione fisiologica per la Tortura delle Cento Fontane da fare a quelle due povere creature innocenti dei miei gemelli).
Come immagino sappiate, i medicinali sono detraibili dai redditi oltre una franchigia (mi pare 250 euro); qualcuno potrebbe immaginare che tutta la cosa è nata per evitare che quei curiosoni dei commercialisti vedano quante pastigline blu mi sono comprato l’anno precedente. (L’alternativa, che cioè qualcuno ti aspetti fuori dalla farmacia con una pistola in mano e ti imponga di fargli vedere il tuo scontrino, mi sembra leggermente più improbabile, anche se non di molto). Lasciamo perdere che non ho mai capito se io posso usare il mio codice fiscale per pagare (non “farmi prescrivere”, proprio solo pagare) la medicina di un altro, e lasciamo perdere che io facendo il 730 tengo gli scontrini a casa e non faccio nemmeno copia. Però sono andato dal signor Google, ho scritto codice medicinali e mi è arrivato come primo risultato questa pagina di FederFarma da cui non solo posso scoprire che il FARMACO 022088076 ha “prezzo a discrezione”, ma anche che la pastiglina blu (confezione singola, 100 mg per essere sicuri del risultato) ha ad esempio codice 034076099.
Sono sicuro che l’ipotetico perfido commercialista riesce anche lui a fare questa complicatissima ricerca, alla facciaccia della praivasi. Però volete mettere il Grande Risultato ottenuto non so se dal nostro beneamato governo o dal nostro ancora più beneamato Garante per la Privacy? Non vi sentite tutti più tranquilli?
Charting the Beatles
Marco mi segnala questo progetto (c’è anche un gruppo Flickr) per creare infografiche, insomma i disegnini che i giornali ormai usano al posto delle tabelle, legate ai Beatles e alla loro produzione musicale.
Potrebbe anche non essere una cosa totalmente inutile, ma in ogni caso è davvero carina :-)
ma voi li leggete i miei pipponi?
Negli anni ho imparato a conoscere abbastanza i miei ventun lettori. Ad esempio, so che quando parlo di me si divertono, le stupidaggini (pardon, curiosità) sono apprezzate e spesso fanno partire una serie di commenti, così come alcuni dei miei pipponi. Questi ultimi vengono letti, poi la sfilza degli eventuali commenti dipende se gli interlocutori hanno voglia di perdere tempo a dire che non sono per nulla d’accordo con me. Insomma, nulla di strano; diciamo che se voglio generare un po’ di traffico in più so cosa devo scrivere, e in fin dei conti tutti questi sono post che non mi portano via tempo a scriverli, sono un po’ l’equivalente delle chiacchiere alla macchinetta del caffè.
Mi chiedo però se i veri pipponi, quelli insomma dove perdo davvero parecchio tempo nel prepararli e che di solito escono alle 7 del mattino perché li ho scritti a spizzichi e bocconi sul palmare quando ho trovato un po’ di tempo, vengono letti oppure no. Sicuramente non vengono commentati, ma la cosa è diversa, come ben sapete. Che mi dite? Tanto continuo a farli lo stesso, visto che li scrivo perché interessano a me :-)
sfiga cosmica
Google Synonyms vs Douglas Hofstadter
Ieri sull’Official Google Blog è apparso un intervento (“Helping computers understand language“) in cui viene spiegato l’approccio di Google al problema delle migliorie ai risultati delle ricerche, cercando di applicare tecniche di intelligenza artificiale per inserire nei risultati anche occorrenze diverse da quelle richieste – ad esempio, se uno chiede song words arrivano anche le pagine dove appaiono le parole song lyrics. Douglas Hofstadter, il cui punto di vista sull’intelligenza artificiale è sicuramente non mainstream, ha subito scritto un’email in cui senza usare mezzi termini se la prende con questo sistema che gli rende impossibile usare Google in maniera “creativamente stupida” (cercando ad esempio di capire quale tra due frasi in una lingua straniera è la più usata in pratica) e mandando in copia la mail alla cricca dei suoi amici e conoscenti che sa essere interessati a questi argomenti.
Dal mio punto di vista quello che conta esplicitamente è la semantica dietro tutto questo. Per la cronaca, Google aggiunge i sinonimi (corretti o no che siano è un’altra storia) nelle ricerche normali: se però si fa una ricerca col testo tra virgolette oppure – ho scoperto solo leggendo quel post – precedendo una o più parole con un +, la ricerca resta su quella precisa frase o parola. Io mi preoccuperei davvero se il significato semantico delle virgolette, cioè una citazione precisa – lasciamo perdere l’italica stampa e i famigerati virgolettati di Repubblica – non divenisse più quello standard; sulle singole parole sono indeciso se sia meglio fare come fa Google, cioè “default con sinonimi, occorre specificare che non li si vuole” oppure l’opposto “default senza sinonimi, occorre dire da qualche parte che li si vuole”, chessò con un LIKE maiuscolo all’inizio della stringa di ricerca. C’è poi il secondo punto, quanto cioè un algoritmo puramente statistico possa dare un supporto fattivo alla ricerca del vero significato di quello che l’utonto tipico chiede. Viste certe stringhe di ricerca che capitano sul mio blog, in effetti la cosa potrebbe anche funzionare se fatta bene :-)
Voi che ne pensate?