Stefano Pieri mi segnala questo titolo del Resto del Carlino sul combustibile versato sul Lambro e che ha ora raggiunto il Po. D’accordo che il petrolio è più leggero dell’acqua, anche se gli oli combustibili potrebbero forse essere più pesanti; ma da qui a dire che risale il fiume direi che ce ne vuole un bel po’!
Per la cronaca, Stefano ha notato come la quantità di liquido finito nel fiume sia molto variabile a seconda della fonte. Lo cito: «la quantità è soggetta a diverse fluttuazioni a seconda della fonte giornalistica (10 milioni di litri, 600 mila litri, tra i 2500 e i 10000 metri cubi, greggio a sufficienza per riempire 125 tir (!), 10000 tonnellate)». Per una volta però non mi preoccupo più di tanto. 5000 metri cubi sono 5 milioni di litri, e circa 5000 tonnellate. Considerando che non c’erano dati precisi, vedere che tutti i valori sono racchiusi in poco più di un ordine di grandezza mi sembra un buon risultato matematico.
Archivi autore: .mau.
Alla LIDL sì che sanno come fare!
la sentenza contro Google
Non avrei voluto parlare della sentenza di condanna in primo grado di tre dirigenti Google per il video pubblicato su Google Videos dove un disabile veniva filmato mentre era picchiato. Finché non ci sono le motivazioni della sentenza non è che si possa dire chissà che cosa. Però, soprattutto dopo questo bel post di De Biase, qualcosa forse posso aggiungerlo anche io.
Innanzitutto non c’è stata una condanna per diffamazione, e questo è importante; il principio si direbbe essere che fornire semplicemente il supporto non è un problema. La condanna è stata infatti per violazione della privacy. Sfogliando i miei quasi decennali archivi, ho scoperto che in effetti quella era la ragione per cui avevano sequestrato i server; quindi tutto torna.
Quello che manca ancora – ed è per questo che bisognerebbe leggere il dispositivo della sentenza – è se è vero che Google Videos ai tempi del fatto affermava che avrebbe controllato tutti i filmati aggiunti, o comunque non facesse esplicitamente affermare che chi li postava aveva tutti i diritti. Se la cosa è effettivamente così, potremmo tirare tutti un sospiro di sollievo, scoprire che per una volta non c’è stato un tentativo di imbavagliare la rete e tenerci all’erta per i prossimi attacchi, mentre facendo finta di niente cancelliamo tutto quanto scritto a caldo. Altrimenti, preoccupiamoci eccome.
[spero non sia necessario aggiungere che per quelli che hanno picchiato il ragazzo ci sarebbe dovuta essere l’aggravante dell’avere girato il video e l’ulteriore aggravante di averlo pubblicato]
eupnoico
L’altra domenica Anna ha portato Cecilia al pronto soccorso pediatrico (no, nessun problema grave, era un codice bianco; solo che prima di portarla aveva proprio un’aria abulica…). Nel referto c’era scritto che il paziente era “eupnoico”. Anna mi chiede “che vuol dire?”, io rispondo “boh, però se inizia con eu- vuol dire che è qualcosa che va bene”; salgo a consultare il vocabolario (cartaceo) e scopro che la parola non esiste, ma c’è “eupnea” che significa “respirazione regolare”, dal che deduciamo che il respiro era regolare.
D’accordo, ci saremmo forse potuti arrivare da soli pensando all’apnea. D’accordo, a casa nostra anche quando non usiamo l’internette non ci mancano certo i tomi di riferimento. Ma cosa costava scrivere nel referto “respiro regolare”, che magari qualcun altro con un referto simile si tranquillizzava, invece che chiedersi quale brutta malattia il suo pargolo avesse? Sono proprio cose che non capisco.
Qualcosa non mi torna
Leggo su Affaritaliani una frase del compagno Gianfranco (Fini): «Se domani il Parlamento approvasse, con voto di tutti, una leggina in cui si afferma che chi ècondannato con sentenza definitiva per reati contro la Pubblica amministrazione non si può candidare per cinque anni, secondo me la pubbblica opinione reagirebbe positivamente.»
Mi state dicendo che una persona condannata in maniera definitiva per reati contro la PA non ha come pena accessoria l’interdizione dai pubblici uffici?
Più che di Buzz io mi preoccuperei di Google Social Search
In queste settimane tutti hanno parlato di Buzz e di come le opzioni di default facessero scoprire molte più informazioni di quanto si potesse immaginare.
Mi stupisco però che nessuno abbia accennato a Google Social Search, un modo – a detta di Google stessa – per «scoprire notizie rilevanti pubblicamente accessibili dal tuo circolo sociale, un insieme di amici e contatti online». Può darsi che il motivo sia banalmente che la pagina non è localizzata in italiano, e forse i risultati della “ricerca sociale” non appaiano a meno che come me voi non usiate Google in inglese.
Passi per i siti del “contenuto sociale“, che in fin dei conti devi aggiungere tu esplicitamente; ma il circolo sociale vero e proprio mostra coloro che hai aggiunto alle liste “Friends”, “Family” e “Coworkers” (e questi li metti in effetti tu) ma anche altri scelti non si sa bene con quali criteri. Peggio ancora, ci sono le “Secondary connections” che sarebbero gli amici degli amici: il guaio è che dalle mie 23 connessioni si arriva a 1527 (millecinquecentoventisette) connessioni secondarie!
Ora, quello che io posto è assolutamente pubblico, seguendo la massima d’oro “se non voglio far sapere qualcosa, non ne parlo”; ma magari qualcuno dei miei contatti preferisce essere meno visibile. In tal caso, l’unico consiglio che posso dargli è di cancellare il proprio Google Account, il che in fin dei conti male non fa.
I furbetti della trasparenza – reprise
Ricordate la storia dei curriculum dei dirigenti della funzione pubblica che non possono venire indicizzati dai motori di ricerca?
Bene. Scopro dai commenti qua che la scelta di nasconderli «è una precisa direttiva del dipartimento della funzione pubblica; lo scopo è quello di impedire che al curriculum vitae si possa accedere direttamente da Google.» Il razionale per una cosa simile? Cito sempre dal commento: «Certi documenti devono essere pubblicati in rete, ma non devono essere facilmente reperibili se no si può facilmente ricostruire la vita di qualcuno, il che violerebbe la privacy.»
A me la cosa sembra proprio un’idiozia. Non tanto il “violare la privacy”, anche se non riesco a capire cosa si ricostruirebbe effettivamente della vita dei dirigenti; e comunque non avrei problemi a immaginare che quando il dirigente se ne va il curriculum venga eliminato dal sito. D’altra parte, non credo che a nessuno interessi la persona in sé, quanto la carica che ricopre in quel momento. L’idiozia è il concetto “sì, i dati li pubblichiamo, ma non troppo”. O sono pubblici o non lo sono. A me pare una banale forma di coerenza; coerenza di cui probabilmente gli italici politici non hanno ampie scorte.