Sabato pomeriggio abbiamo portato i bambini a un “laboratorio filosofico” alle Gallerie d’Italia – Piazza Scala, e ne abbiamo approfittato per cercare di vedere la mostra Bellotto e Canaletto. “Cercato” è la parola giusta, perché i muri di persone attaccati ai quadri – ho visto dita a un centimetro dalla tela, mi chiedo che tipo di sicurezza abbiano – e il fatto che le opere sono più o meno ammassate in quello che era il salone principale della Banca Commerciale Italiana – una bellissima struttura, tra l’altro, praticamente identica alla banca del film di Mary Poppins – ci ha fatto vedere ben poco. Prendete insomma questa recensione cum grano salis.
Come avrete sicuramente intuito dal titolo, di Canaletto ci sono forse tre opere, giusto per poter mettere il nome e attirare un po’ più di gente. La cosa buffa è che Bellotto è un clone di Canaletto: diciamo che sarebbe bastato il primo suo quadro in mostra (Il molo verso ovest con la colonna di San Teodoro), con la versione di Bellotto a fianco, per capire che si poteva lasciare il secondo da solo e sarebbe andato tutto bene lo stesso, anzi avrei forse avuto la possibilità di guardare meglio le opere. D’altra parte Bernardo Bellotto era il nipote del Canaletto: da ragazzo è andato dallo zio a imparare il mestiere, e l’ha fatto così bene che a un certo punto ha cominciato anche lui a firmarsi “Canaletto”, perché tanto disegnava vedute di canali con tecnica fotografica – basta vedere i muri sbrecciati – e appiccicandoci su le persone come fossero stencil. Vi dirò che ho apprezzato quasi più i suoi schizzi a china, che mostrano una maestria assoluta e fanno venire tanta invidia a chi come me non sa disegnare affatto. Poi Bellotto capisce che a Venezia tanto preferiscono lo zio, e quindi comincia a cercare committenti in giro: Firenze, Roma, Torino, fino ad andare in Germania. Quando gli chiedono che sa fare, secondo me rispondeva “mi savria dessegnar el canal”, e quindi – in mancanza dell’originale – troviamo vedute dei fiumi locali con i ponti. Giusto a Roma si dovette reinventare – si vede che il Tevere non gli piaceva – e dipinse scorci visti da sotto un arco, facendo finta insomma che il canale fosse in secca.
La mostra è aperta fino al 5 marzo: il biglietto è 10 euro, che vi permette anche di vedere la collezione stabile dell’800 e del ‘900, ma se siete soci Coop pagate 8 euro. Una prova provata della commistione tra le cooperative rosse e le grandi banche italiane.