Ho più o meno capito quale sarebbe la trama di questo libro (Robin Wyatt Dunn, 2Dee, John Ott 2017, pag. 481, ISBN 978194083093) ma non è stato per nulla facile. Le parti in cui la storia viene sviluppata sono poche e sparse; nel mezzo c’è una quantità di testo onirico (stream-of-consciousness, dicono gli altri commentatori che ne sanno di più), o forse no. Alcuni personaggi sono presentati in modo diverso in sezioni diverse del libro, e non sono riuscito a capire il perché. D’accordo che è il sequel di un altro suo libro, ho poi scoperto; ma non credo che avrei capito qualcosa in più anche se fosse stato il primo.
Ad ogni modo, il vero protagonista del libro non è John Dee, o il suo “figlio intelligenza artificiale”, o le due razze aliene che sono arrivate sulla Terra, ma la città di Los Angeles. Le scene in cui Dunn parla della città sono quelle che ho di gran lunga preferito. In definitiva, è un libro per persone che più che una storia ben sviluppata preferiscono un bombardamento di immagini.
Archivi annuali: 2017
Un gioiellino
Il capitalismo bancario in Italia è sempre funzionato così: quando una banca stava per fallire, la si faceva comprare da una più grande per nascondere le magagne e parare il culo agli azionisti (ok, venivano anche salvaguardati i piccoli correntisti, ma questo era un effetto collaterale). Insomma, che qualcuno abbia chiesto a Unicredit di prendersi Banca Etruria non è nulla di strano, e il fatto stesso che il possibile acquirente abbia fatto un controllo e gentilmente rifiutato l’offerta dimostra che non ci sono stati atti di concussione o simili.
Resta il fatto politico: che la richiesta non fosse arrivata così genericamente dal governo, ma dalla figlia del vicepresidente di Banca Etruria. È vero che i nostri governanti ci hanno ormai abituato a performance non proprio eccezionali, ma sono pronto a scommettere che alla fine si scoprirà che la richiesta è arrivata da qualcun altro che avrà accennato a Maria Elena Boschi (o perché gliel’avrebbe fatto presente lei, o perché sarebbe poi potuta essere contenta).
Ultimo aggiornamento: 2017-05-10 12:04
fake news “ufficiali”
Non so se vi è capitato di leggere questo articolo di Repubblica, dal titolo “Fake news, molto rumore per nulla. Lo studio: non ci caschiamo così facilmente”. Secondo Giuliano Aluffi (il titolo non sarà magari suo, ma il catenaccio sì), gli italiani sono «Scettici, puntigliosi fact-checker, pluralisti, disposti a cambiare idea e vaccinati contro le bufale». Tutto questo perché «in media il 50% degli intervistati ha risposto di usare i motori di ricerca ‘spesso’ o ‘molto spesso’ per verificare i fatti». Prendiamo l’articolo e parliamone.
La prima cosa che salta agli occhi è che ci sono numerosi collegamenti… tutti ad altri articoli di Repubblica. Come capita praticamente sempre con l’italica stampa, ci si dimentica di mettere un link alla ricerca originale; per trovarla occorre… fare una ricerca in rete :-) (No, non penso che sia quello ad alzare la percentuale di italiani che fa le ricerche per verificare i fatti. La stragrande maggioranza si fida, sono solo io il solito san Tommaso che vuole almeno andare alla fonte della notizia). Lo studio esiste, intendiamoci; trovate qui un articolo sul sito della MSU e qui il link dove scaricare le 203 pagine del rapporto. I dati riportati sono quelli della tabella 2.6 a pagina 39; il testo che accompagna la tabella afferma «Clearly, search is a key tool for checking the accuracy of news or other information, making search central to guarding against or at least discerning ‘fake news’ stories». Ora, che se non si cerca non si potrà mai accertare la verità è lapalissiano; ma dovrebbe anche essere ovvio che non è sufficiente. È vero che gli italiani continuano a essere quelli che trovano più spesso notizie non corrette (19,6%: tabella 2.32 pagina 51), ma sono nella media per quanto riguarda il trovare spesso informazioni utili (tabella 2.31 pagina 50). Ma lo studio non ha fatto domande di controllo per verificare se le informazioni ritenute non corrette oppure utili fossero davvero così: dunque tutto quello che sappiamo è che in Italia si fanno più ricerche che altrove, ma magari le ricerche corroborano le fake news perché chi le prepara è abbastanza bravo a fare in modo da creare fonti multiple che danno una sensazione di verità: come tutti sanno, milioni di mosche non possono sbagliarsi.
Intendiamoci: anche l’articolo della MSU ha come titolo “Fake news and filters aren’t fooling internet users” ma se poi si va a leggere la sezione 6.1 a pagina 111 si scopre che la frase «The argument that search creates “filter bubbles,” in which an algorithm guesses what information a user wants based on their information (location, search history), is overstated. In fact, internet users encounter diverse information across multiple media, which challenges their viewpoints.» è declinata in maniera ben diversa: semplicemente i risultati dicono che l’uso relativo di diverse tecnologie è indipendente da quanto le tecnologie in questione sono state definite affidabili. D’altra parte lo studio è stato commissionato e pagato da Google, quindi non è poi così strano che si focalizzi su quanto venga usata la ricerca e non sul come. Ma ritorniamo al punto di partenza: in quanti si saranno fidati di quella paginetta senza andare a cercare le fonti? Siamo al paradosso di Epimenide: una notizia che nega le fake news è una fake news, almeno in parte.
PS: a proposito di (innocenti, stavolta) fake news, quanti di voi sarebbero pronti a scommettere che William Dutton abbia davvero spiegato tutto questo a Repubblica?
Ultimo aggiornamento: 2017-05-09 12:02
dinosauri
Queste sono le pagine bianche più pagine gialle di Milano, anno 2017/18. Le ho fotografate vicino al mio pc (15″) per dare un’idea delle dimensioni (oltre che del casino sulla mia scrivania). Il formato è leggermente inferiore a un A4, lo spessore 2,7 cm e 1 cm rispettivamente. Il numero di pagine non lo so perché non le ho nemmeno tolte dal cellophane, le ho solo prese per fotografarle. Tenete conto che sono arrivate il 28 aprile, una decina di copie lasciate sotto il portone, e a ieri ce n’erano ancora tre. Vent’anni fa c’erano due volumi ben più grandi per le pagine bianche, e uno per le gialle.
Quello che mi chiedo è quanta gente oggi usi davvero le guide del telefono (se non come fogli di carta velina per altri usi, ricordo da bambino che la merciaia vicino a casa vi avvolgeva le cose acquistate) e se non costerebbe meno fare un opt-in: chi vuole il cartaceo lo chiede e glielo danno alle stesse condizioni di adesso. O volete dirmi che riescono ancora a venderci pubblicità, e quindi devono millantare grandi distribuzioni?
Ultimo aggiornamento: 2017-05-09 20:04
Questa pagina è mia!
Giovanni De Mizio (wikipediano, tanto per chiarire) ha segnalato questa pagina dove Amy Osmond Cook (CEO di Osmond Marketing) scrive alcune considerazioni riguardo al fatto che la sua pagina su Wikipedia (in inglese) è stata cancellata dopo alcuni mesi che era sull’enciclopedia.
Io non entro nel merito delle cause addotte e dei consigli della signora Osmond Cook, anche per l’ottima ragione che non sono così addentro alle regole usate su en.wiki che sono diverse da quelle di it.wiki, anche sulle contribuzioni per commissione. Però una cosa la voglio far notare: la signora ha scritto “la mia pagina su Wikipedia. La frase originale è «After having my own page on the site for several months, one Wikipedia editor decided my page should be taken down.», quindi non ci sono dubbi. Ora, io capisco che la CEO di Osmond Marketing veda tutto come marchettaro, ma questo lapsus digitorum fa capire molte cose. Tu non hai la tua voce su Wikipedia: hai la voce su di te che è un concetto del tutto diverso. Puoi anche averla preparata tu (sconsigliato almeno da noi ma non vietato); puoi averla corretta tu (se aggiungi fonti terze affidabili, va più che bene); ma non è tua bensì della comunità. Se vuoi una voce tua te la metti sul tuo sito: a me pare ovvio, a tanti altri evidentemente no.
Ultimo aggiornamento: 2017-05-08 12:29
digiuni
L’altro giorno è stato il mio compleanno e ho pensato di festeggiarlo senza aprire Facebook (e frenf.it). Non posso dire che la mia produttività sia aumentata, ma non ho avuto nessuna crisi di astinenza e in fin dei conti mi sono sentito bene. Devo decidermi a farlo più spesso ;-)
(P.S. per chi non legge i post via feed. Non so perché, una delle mie caselle di spam honey si è presa un’iscrizione a Ok Cupid. Bene, mi hanno scritto questo:
Happy Birthday!
Normally, this is where we send you on some birthday fling. But according to our records, you’re in a happy relationship, so we’ll respect that.
Il punto è che non so nemmeno quale sia la password per entrare: mi chiedo chi abbia compilato i dati)
Ultimo aggiornamento: 2017-05-08 09:52
Quizzino della domenica: riscaldamento globale
Il 2014, il 2015 e il 2016 sono tutti stati anni in cui si è battuto il record della temperatura media più calda per il nostro pianeta. Supponete che le registrazioni della temperatura media siano cominciate nel 1916: qual è la probabilità che una fluttuazione statistica delle temperature abbia prodotto questi tre record consecutivi?
(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p251.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema tratto da FiveThirtyEight)
_Storie che contano_ (libro)
Occhei, la matematica non vi piace. È un vostro diritto, e ci mancherebbe altro. In questo caso vi do una buona notizia: nonostante lo pseudonimo degli autori, qui (Rudi Mathematici, Storie che contano, Codice 2017, pag. 164, € 16, ISBN 9788875786724) potete lasciare perdere tutta la parte matematica (che non è nemmeno poi tanta…) del testo, e divertirvi lo stesso. Troverete dialoghi immaginari tra matematici e non, ambientati tra l’Arabia dei primi secoli dopo l’Egira e una ventina d’anni fa: sì, tecnicamente i racconti servirebbero per ambientare i problemi proposti al lettore, ma è chiaro che è tutto un trucco, perché come nei gialli di Ellery Queen l’unico modo per capire che bisognerebbe dare la risposta è accorgersi che ci sono tre asterischi *** prima che la risposta in questione sia spiattellata al lettore distratto, dissattento o disnumerico. Oggettivamente non viene nemmeno voglia di fermarsi, prendere carta, penna ed eventualmente foglio elettronico per fare i conti: è molto più divertente vedere subito come va a finire. Poi se proprio siete pedanti i racconti hanno un’appendice dove i Rudi Mathematici spiegano cosa c’è di vero e cosa di inventato nelle loro ambientazioni: insomma potete persino farvi una cultura da sfoggiare in società. Che volete di più dalla vita?
(P.S.: a maggio il libro è anche in edicola, allegato a Le Scienze. Magari vi conviene prenderlo così, ma non dite che ve l’ho detto)