Archivi annuali: 2011

monnezza

Oggi raccontano come a Napoli la spazzatura che si stima trovarsi per strada sia scesa a sole 1720 tonnellate, dalle quasi 2000 dei giorni scorsi. Un calo di più del 10%. Ma io a dire il vero vorrei fare dei conti (spannometrici, come sempre) un po’ diversi.
Napoli ha circa un milione di abitanti, quindi 2000 tonnellate significa 2 kg a testa. Quanto tempo ci vuole per produrli? Beh, il dossier rifiuti 2008 dice che cinque anni fa la media procapite di rifiuti urbani è stata di 550 kg/anno, cioè di circa 1,5 kg/giorno. Dunque la spazzatura sulle strade napoletane è poco più di quella che viene prodotta in un singolo giorno. Immagino che i roghi siano serviti ad abbassarne la quantità, oltre che ad alzare la probabilità di malattie, ma in ogni caso non si direbbero una gran cosa da un punto di vista relativo: avrebbero ragione sia Berlusconi prima che De Magistris ora a dire che con uno sforzo straordinario si potrebbe ritornare in pari.
E allora perché questo sforzo non c’è? Lo so, qui si esce dalla matematica, quindi non posso dare risposta :-)

Ultimo aggiornamento: 2011-06-27 12:48

gioco della domenica: ColorSmash

A prima vista ColorSmash assomiglia a un Tetris, nel senso che cadono pezzi in uno schema e bisogna farli fuori. Però è più della scuola di SameGame, visto che i pezzi non si spostano e per toglierli bisogna cliccare su un gruppo di almeno tre dello stesso colore. I primi livelli, almeno nella versione easy, sono abbastanza semplici, anche se non ho capito bene a cosa serve il timer sulla fascia sinistra.
(via Passion for Puzzles)

Ultimo aggiornamento: 2011-06-26 07:00

Sedia a sdraio (libro)

[copertina] A cosa serve una sedia a sdraio? A starsene immobili a prendere il sole in spiaggia. Il guaio è che se il corpo è immobile la mente spesso si mette a vagare. Cosa si può farle fare, tenendo conto che siamo in estate e in vacanza e quindi il corpo pretende riposo? Stefano Bartezzaghi ha pensato di mettere nero su bianco tante proposte in questo suo ultimo libretto (Stefano Bartezzaghi, Sedia a sdraio, Salani 2011, pag. 96, € 9,90). Alcuni dei giochi proposti hanno un nome che vi farà venire sicuramente in mente qualcosa di diverso, dal ping pong al gioco dell’oca a Space Invaders: ma garantisco che sono tutti giocabili senza muovere un muscolo – e quindi evidentemente da soli – con l’unica eccezione del Gratta e Vinci dove ci si concede il lusso di muovere un singolo alluce. E se non si ama la sedia a sdraio? Beh, c’è un appendice intitolata “giochi in poltrona” :-)
I capitoletti del libro sono impreziositi dai disegni di Giulia Orecchia. Il testo è assolutamente leggero, non solo come grammatura ma anche come stile, l’ideale per le vacanze; se mi è concesso esternare una sensazione, mi ha ricordato qualcuno dei libretti di Giampaolo Dossena… stessa levità :-)

Ultimo aggiornamento: 2011-06-25 07:00

Loquendo

Oggi è San Giovanni (Battista, per i non esperti), e a Torino si festeggia il santo patrono con i fuochi d’artificio sul Po la sera. Chi sicuramente non sta festeggiando sono però i lavoratori di Loquendo: sono mesi che si rincorrono le voci sulla possibile cessione dell’azienda ai concorrenti di Nuance, e sembra che il consiglio di amministrazione di Telecom dei primi di luglio potrebbe perfezionare la vendita.
Forse non avete sentito parlare di Loquendo, ma è molto probabile che abbiate sentito parlare Loquendo: uno dei settori di punta dell’azienda, che si occupa di tecnologie vocali, è il loro sistema text-to-speech che letteralmente legge un testo scritto qualunque, indovinando generalmente gli accenti e dando un’intonazione naturale. (Nota per chi non è addentro nei temi: non è difficile registrare le voci di un testo: un sistema TTS però è molto più flessibile, visto che tendenzialmente è usabile per tutto). Persino l’edizione torinese di Repubblica si è interessata della cosa, ma ho il sospetto che al di fuori del cerchio dei soliti noti la cosa sia assolutamente ignota. In fin dei conti Loquendo è una goccia nel bilancio Telecom. Non è nemmeno una goccia in perdita, nel qual caso si potrebbe forse capire l’esigenza di tagliare un ramo secco; ma si sa che in questi casi non è certo la floridezza del bilancio a contare qualcosa.
Per me Loquendo riveste un interesse molto particolare. Venticinque anni fa ero in Cselt come tesista, lavorando nell’allora sezione UR che si occupava di riconoscimento del parlato. I miei primi anni di lavoro continuarono ad essere in quel gruppo, che insieme alla parallela sezione US (sintesi della voce) e a qualcuno di intelligenza artificiale fu il nocciolo duro sul quale nel 2001 venne fondata Loquendo. Insomma, ho un pezzo di cuore che è rimasto lì con loro :-)

Ultimo aggiornamento: 2011-06-24 07:00

Voci di corridoio (ebook)

[copertina] Se qualcuno pensa che “fare un ebook” significhi semplicemente recuperare un po’ di materiale e metterlo tutto insieme, bisogna dire che è un inguaribile ottimista. Avere il materiale è condizione necessaria, ma non certo sufficiente: bisogna innanzitutto verificare se ha un senso, e poi organizzarlo nella maniera corretta.
Tutto questo è stato fatto da Peppe Liberti, che ha convinto un po’ di loschi figuri che nella vita reale fanno gli insegnanti ma in quella seria portano avanti un blog a scegliere alcuni loro post più esemplificativi della vita di professore in modo da fare una raccolta sicuramente più personale di quanto possa essere letta da un articolo di giornale, o anche solo raccontata dai figli adolescenti – che per definizione non raccontano mai nulla di quanto fanno davvero a scuola. Inoltre, come lo Scorfano racconta nell’introduzione,

è un modo possibile, per chi a scuola non ci mette più piede da tanti anni, per capire che nel frattempo le cose sono molto cambiate e che chi parla di scuola oggi sta spesso parlando della scuola di trenta o di quindici anni fa: quella che conobbe lui, appunto, e che ora non è più.

I punti di vista e gli stili di scrittura sono quanto di più diverso si possa immaginare – ah, c’è anche un infiltrato con i suoi ricordi di quando era dall’altra parte della cattedra… – e forse avevate già letto qualche capitolo nella versione originale sui vari blog; però il risultato finale è comunque assai piacevole.

Ultimo aggiornamento: 2011-06-23 10:48

spam quasi sensati

Su, lasciate stare per una volta l’italiano approssimativo e pensate a questo commento che mi è arrivato sul blog:

Ero una volta a Seattle. Devo dire quei ragazzi sono molto sviluppate le infrastrutture ferroviarie, anche se la città in sé è abbastanza raggiungibile a piedi. Inoltre la y hanno un sacco di ottimi alberghi e ostelli. I prezzi sono ragionevoli. Ho anche vinto soldi facili giocare casino online upthere a Seattle

(per la cronaca, il link era intorno alle parole “casino online”). A parte il doppio passaggio inglese-spagnolo-italiano il testo non era poi così male… anche se più che al post «gioco della domenica: Wooden Path 2» la nostra amica Samanta (senz’acca, sì) avrebbe dovuto scegliere «gioco della domenica: Paper Train». Niente da stupirsi che abbia passato i filtri antispam, insomma… Mi chiedo solo se ci siano software che riconoscano la lingua del post e localizzino il testo dello spam in quella lingua… e perché a questo punto non possano continuare nelle tecniche di intelligenza artificiale e ancorarsi a qualche parola chiave più riconoscibile. Vabbè, non si può pretendere tutto dalla vita.

Ultimo aggiornamento: 2011-06-22 07:00

naturalmente

Nella sezione culturale del Corsera cartaceo odierno (niente link: insomma: posso solo fornirvene uno al Guardian o se preferite a Punto Informatico, ma il punto di questa mia notiziola si perte) c’è un articolo sull’accordo tra Google e la British Library per la digitalizzazione di 250000 libri antichi (dal 1700 al 1850); digitalizzazione i cui costi sono a carico di Google – e definiti “importanti” dal portavoce della Grande G.
L’articolo continua spiegando che questi libri «gli utenti potranno copiarli, scaricarli, condividerli, naturalmente “per scopi non commerciali”». Ecco. Quando ho visto quel “naturalmente” mi si stava per andare di traverso il caffè. Intendiamoci: Google ci mette i soldi e ha tutti i diritti di farci quello che vuole con il materiale digitalizzato, su questo non ci sono dubbi. Detto in altro modo, se chi ha scritto quell’articolo avesse omesso quell’avverbio non avrei avuto proprio nulla da dire. Ma perché mai dovrebbe essere naturale che del materiale possa essere usato solo non commercialmente? Ricordo che stiamo parlando di libri stampati tra 300 e 150 anni fa: l’unico uso commerciale che mi viene in mente è quello di fare ristampe anastatiche che comunque lascerebbero il tempo che trovano perché gli studiosi tanto userebbero il testo digitalizzato; lo stesso per eventuali compilazioni in DVD che potrebbero forse avere il valore aggiunto di un’indicizzazione intelligente (e costosa) ma comunque un mercato ristretto.
Forse però non è un caso che l’avverbio non sia affatto presente nell’articolo del Guardian ma solo su un italico quotidiano che termina (ma non è il solo a farlo …) i suoi articoli con un ©RIPRODUZIONE RISERVATA ma non si perita di riciclare – senza dirlo, le licenze d’uso non le si leggono mica – gli innaturali stupidi di Wikipedia che le informazioni le lasciano libere anche per usi commerciali…

Ultimo aggiornamento: 2011-06-21 09:35

quante belle monetine

Quando la fine dello scorso millennio era ancora ben al di là da venire, avevo iniziato una raccolta di monete da 500 lire, con l’idea di riempire un salvadanaione e alla fine farmi non so quale regalo. Poi mi sono trasferito a Milano e completamente dimenticato della cosa: si sa, Milan l’è un gran Milan.
Due anni fa, dovendo far piazza pulita della roba nella vecchia casa torinese, quel salvadanaio rispuntò: lo aprii e mi trovai con un paio di chili di monete che mi riportai a casa.
Ieri finalmente mi sono deciso ad andare in Banca d’Italia a cambiare le monete in euro, a pochi mesi dalla scadenza della possibilità. Avevo accuratamente impacchettato le monete in gruppi da venti ma ho dovuto accuratamente spacchettarle, visto che c’è la macchina contamonete all’uopo preposta. Ho compilato il modulo, fornito nome cognome codice fiscale documento d’identità (chissà poi perché) e allo sportello 20 mi hanno confermato che avevo dato loro 167500 lire, e ridato l’equivalente in euro.
Mentre le monete venivano contate, mi sono spostato allo sportello 19: avevo da cambiare infatti anche una banconota da 50000 lire che mia madre aveva trovato l’anno scorso, però allo sportello 20 c’era scritto “solo monete” e al 19 “solo banconote”. Non che la cosa fosse così stancante, visto che non c’era nessuno: solo questo enorme salone della Banca d’Italia, tutto vuoto. La Banca d’Italia – ricordo quando trent’anni fa andavo a versare l’obolo per ritirare libri in prestito alla Biblioteca Nazionale di Torino – non è mai stato un luogo pieno di folla; ma adesso è ancora peggio, le sedi locali sembrano davvero un residuato di chissà quale passato.

Ultimo aggiornamento: 2011-06-21 07:00