Archivi annuali: 2008

1,00 = 1?

Termino la “trilogia delle uguaglianze”, iniziata con la dimostrazione che 0,999999… è uguale a 1 e continuata con la dimostrazione che magari i due numeri non sono proprio uguali, con un terzo esempio. Chi salta a piè pari la mia roba matematica stavolta può fare uno sforzo e andare avanti: garantisco che di conti e formule stavolta non ce ne sono.
Sono certo che per la maggior parte di voi chiedersi se 1,00 è uguale a 1 è quasi un’eresia. Già alle elementari ci è stato spiegato che gli zeri a destra dopo la virgola sono asolutamente inutili se non sono seguiti da un’altra cifra, e quindi si possono togliere senza problemi. Tranquilli: vi assicuro che un matematico vi dà perfettamente ragione, e non credo proprio esistano teorie che prevedano che 1,00 abbia un valore diverso da 1. In fin dei conti, qui non ci sono paradossi con l’infinito, e quindi le operazioni funzionano regolarmente come siamo abituati, senza nulla di preoccupante. Ma il mondo non è fatto solo da matematici!
Iniziamo con i fisici, gli acerrimi nemici dei matematici. Per loro dire 1 oppure 1,00 sono due cose ben diverse: il tutto ha origine dal fatto che loro non pensano ai numeri come entità pure, ma come il risultato di una misura. Quando un matematico parla di pi greco, per lui quello è un numero ben preciso: potrà magari approssimarlo se mai gli toccherà di dover ricavare un numero da un’espressione algebrica, ma il numero resta appunto un numero. Quando un fisico dice che la luce nel vuoto viaggia a 300000 Km/sec, quel dato non è un numero ma una misura, che è inevitabilmente un’approssimazione: il fisico ovviamente lo sa, e non si preoccupa più di tanto… a meno che sia uno che cerchi di rendere la misura ancora più precisa. Al momento, ad esempio, si afferma che la luce nel vuoto percorre 299792,458 Km/sec; ma nella migliore delle ipotesi possiamo dire che sono più di 299792,457 e meno di 299792,459 Km/sec, e nessuno pensa che in un secondo la luce percorra un numero esatto di metri.
Il modo più completo per indicare quanto ci si possa fidare di una misura è infatti quello di aggiungere al valore della misura l’errore (statistico) che ci si aspetta aver fatto: si può ad esempio affermare che una costante di natura valga 2,573 più o meno 0,0022. Ma c’è un secondo modo, che consiste nell’indicare solo il numero di cifre di cui si è certi. Nel caso fittizio qui sopra, si scrive 2,57 e si suppone che il lettore sappia non solo che non è un valore perfetto ma approssimate, come 3,14 per pi greco; ma anche che si è certi di quelle tre cifre ma non delle successive. In questo caso, scrivere 1,00 è molto diverso che scrivere 1. Infatti nel primo caso possiamo immaginare il valore compreso tra 0,995 e 1,005, mentre nel secondo lo dobbiamo immaginare tra 0,5 e 1,5. È un po’ come dire “proprio lì” invece che “da quelle parti”: si indica sempre lo stesso punto, ma si intendono cose ben diverse.
Per chi non è ancora convinto della cosa – e sono sicuro che parecchi dei miei lettori sono tra questi – faccio ancora un esempio. Se dico che il giocatore di basket X è alto due metri, voi siete convinti che è alto esattamente come il giocatore Y, indicato nell’annuario come alto 2,00 metri? Probabilmente no, penserete solo che è più o meno della stessa altezza; ma se avessi detto che è “due metri e zero zero” allora sì che X e Y sono alti uguali.
Ma c’è ancora un’altra scienza in cui l’eguaglianza può non valere, ed è l’informatica. In effetti, 1,00 è con ogni probabilità uguale a 1, ma ad esempio 0,100 non è esattamente 1/10; ma nemmeno 0,1 lo è. Il motivo qui è diverso, e dipende dalla rappresentazione dei numeri all’interno di un calcolatore. Lo spazio per conservare il valore di un numero è limitato: quattro, otto o al limite 16 byte, se non si usano codifiche speciali. Per i numeri interi non troppo grandi, tali codifiche vanno più che bene; ma per i numeri “reali” bisogna usare un’approssimazione. La fregatura è che i calcolatori operano in base 2, e quindi i numeri “tondi” per noi non lo sono affatto per un PC. Per esempio, 0,1 in base 2 si scrive 0,0(0011), dove la parte tra parentesi si ripete all’infinito; quindi il numero memorizzato sarà leggermente diverso.
Noi non ce ne accorgiamo, perché quello che viene mostrato è un numero arrotondato proprio per evitare di trovarci con una sfilza di cifre nella maggior parte dei casi inutili, ma è così… a meno che non si applichi la notazione a virgola fissa, che però usa degli interi e li divide per un’opportuna potenza di dieci quando li mostra. Un software che deve fare i conti in euro probabilmente usa una virgola fissa in seconda posizione, il che significa che i conti li fa in centesimi. Tanto i numeri grandi non lo spaventano mica!
La morale di tutto questo? La teoria è una bella cosa, ma la pratica non sempre è d’accordo con essa. Quando si parla di un numero, bisogna sempre capire a cosa si riferisce esattamente, prima di snocciolare le sue proprietà!
Aggiornamento: (17:25) come fattomi notare nei commenti, la velocità della luce nel vuoto è esattamente 299792458 metri al secondo, per l’ottima ragione che il metro è definito proprio per mezzo della velocità della luce nel vuoto. Prendete allora come esempio il peso di un protone in termini di masse atomiche. In genere viene considerato pari a 1; il valore più accurato a oggi è 1,007 276 466 88, ma non è che quello sia il valore esatto!

Ultimo aggiornamento: 2008-09-01 10:31

Impossibile non capirlo

Non solo oggi è il Capodanno Lavorativo. Non solo è cascato di lunedì. Ma stamattina a Milano ci siamo svegliati con un bel temporale. Ce tocca lavorà.

Ultimo aggiornamento: 2008-09-01 09:07

panem et circenses (pane poco)

Anche questa volta si è scongiurata la guerra civile. Venerdì sera la Rai e la Lega Calcio hanno graziosamente acconsentito a un accordo per i diritti delle trasmissioni radiotelevisive in chiaro. Pare che il nostro Nume Tutelare, Silvio B., abbia fatto discretamente delle pressioni sui vertici RAI per incrementare l’offerta economica: naturalmente, per ovvio conflitto di interessi, non ha potuto dire nulla al riguardo a Mediaset.
Detto tutto questo, mi chiedo un po’ di cose. La più banale è perché io, come utente pagante il canone RAI, devo vedere parte dei miei soldi usata cosicché la gente abbia il “diritto naturale” di vedersi i gol in tv? La cosa aveva senso prima della nascita delle pay tv: uno poteva dire che non aveva altra possibilità; ma adesso viviamo nel migliore dei mondi possibili, e quindi se mi interessa qualcosa basta pagare il giusto. Detto questo, è interessante notare come Matarrese abbia pianto miseria per conto delle squadre di calcio, quando si sono fatti tutti quei soldi proprio grazie alle pay tv che hanno tolto interesse per i canali generalisti.
Ma la vera domanda è: adesso che sono arrivati nuove palanche, non è che le società calcistiche finalmente pagheranno i danni fatti a nome loro?

Ultimo aggiornamento: 2008-08-31 19:13

Croccantini: una garanzia

Ieri sera, mentre eravamo a cena con la Simona e la Cri, mi è improvvisamente venuto in mente un orribile pensiero: avevamo dimenticato a Chiavari sia il vaso con i croccantini per le gatte che la confezione di scorta, e a casa non avevamo nulla. Erano già le 21:30, e quindi i supermercati erano chiusi: e se le nostre (viziate) gatte non avessero avuto i croccantini come tutte le notti, miagolii e raspamenti sarebbero stati tali da non farci dormire.
Sono così andato al discount alla Stazione Centrale, e ho comprato una scatola di croccantini DiCo, sperando in bene. Arrivato a casa, ho lasciato la scatola sopra il tavolo e mi sono allontanato. Dopo qualche minuto sento un rimestio e un tonfo; l’associazione a delinquere felina aveva buttato giù la scatola per vedere se si apriva.
In effetti stanotte abbiamo dormito di gusto.

Ultimo aggiornamento: 2008-08-31 11:31

Amarcord: La vera storia italiana

Vi ricordate La Vera Storia Italiana, il “libro” (più che altro una rivista in carta patinata) che Silvio Berlusconi ci spedì a casa in occasione delle elezioni del 2006? Ne parlai a suo tempo.
Bene: qualcuno si è preso la briga di scansionare tutto il testo e postarlo su su laverastoriaitaliana.blogspot.com. Avete così la possibilità di vedere un po’ lontano dall’immediato cosa scrisse l’allora-e-attuale PresConsMin: mica facile, al giorno d’oggi!

Ultimo aggiornamento: 2008-08-31 08:23

back to blog

Ho mantenuto le promesse. Dal 12 a oggi non ho toccato internet (i post che avete visto erano stati preparati in anticipo). Mi sono trovato 305 email e 586 spam, e per fortuna Gmail ha dato solo un falso negativo; adesso mi dedicherò con molta calma a leggere e rispondere alle mail.
E questo povero blog, lasciato così negletto? Non preoccupatevi. In vacanza ho letto parecchio, e quindi c’è un pacco di recensioni che arriveranno automaticamente una al giorno, insieme a qualche altra notiziola che mi sono appuntato in questi giorni. In realtà mi sono persino dato alla narrativa con due microracconti fantascientifici, ma quelli li troverete sul mio posterous, sempre per non rovinare la bellezza delle notiziole!

Ultimo aggiornamento: 2008-08-30 17:04

Il pianeta dove scomparivano le cose (libro)

[copertina] Credo che questo libro (Roberto Casati e Achille Varzi, Il pianeta dove scomparivano le cose, Einaudi – ET Pop 1384, 2006, pag. 155, € 13.50, ISBN 978-88-06-18071-3) detenga il record della più veloce mia lettura: venti minuti. D’altra parte, se uno sfoglia le pagine, si accorge che il testo è ridottissimo, e le pagine sono riempite da disegnini (colorati). In effetti, il libro si direbbe uno di quelli che si comprano per i bambini, e anche nella quarta di copertina si parla di dodici fiabe. Le “fiabe”, però, servono a elencare alcuni dei problemi filosofici più noti: si inizia con il quesito “Come possiamo essere certi che le cose esistano quando non le vediamo?” al problema dello spettro invertito al paradosso della nave di Teseo (“quand’è che a furia di cambiare le sue parti un oggetto non è più quello originale?”) Quello che secondo me manca al libro è una spiegazione non tanto delle risposte ai problemi ma dei problemi stessi. Altrimenti, se uno regala il libro ai propri figli, corre il rischio di doversi arrampicare sugli specchi alle domande dei ragazzini!

Ultimo aggiornamento: 2008-08-26 08:38

Delitti pitagorici (libro)

[copertina] I delitti di questo libro (Tèfros Michailìdis, Delitti pitagorici [Pythagòrcia enklìmata], Sonzogno – I romanzi, aprile 2008 [2006], pag. 269, € 17.50, ISBN 978-88-454-1461-9, trad. Andrea Di Gregorio) sono due, ma il primo, quello di Ippaso, è di quasi duemilacinquecento anni fa e fa parte della storia solo indirettamente. Michailìdis racconta l’amicizia di due studenti di matematica che si incontrano al Congresso dei Matematici parigino del 1900, dove – con un piccolo anacronismo – fanno anche conoscenza con Picasso; il racconto prosegue fino al 1931, tra la matematica e la storia greca. Come giallo probabilmente non vale molto: l’autore è un matematico e ha voluto fare un libro più che altro didascalico dove racconta un po’ di storie e di teorie sulla matematica, alcune delle quali probabilmente ignote al lettore qualunque. A mio parere, ha però un po’ esagerato con l’aspetto didascalico, correndo il forte rischio di allontanare, più che avvicinare, i possibili lettori dalla matematica; peccato. La traduzione è scorrevole e quasi sempre corretta anche matematicamente: una piacevole sorpresa, visto che il libro non è ovviamente tecnico.

Ultimo aggiornamento: 2008-08-21 08:33