Archivi annuali: 2006

_24’_ (free press)

A quanto pare, il nuovo mercato della carta stampata è la free press pomeridiana. Dopo il Corsera con la sua Anteprima, oggi esce in pompa magna ventiquattrominuti, che come i più perspicaci tra i miei lettori [*] avranno immaginato, viene edito dal Sole-24 Ore. Trentadue pagine, distribuzione alle 17, formato quasi-tabloid nel senso che è largo come Repubblica ma leggermente meno alto, mentre se ci fate caso i quotidiani aggratis della mattina sono di dimensione minore. (Come, non ve ne siete accorti? male, molto male). In compenso, i caratteri usati sono molto grandi, il che significa che ci stanno poche parole. Generalmente viene usato un tipo senza grazie e di stile narrow, tranne nelle due interviste principali a Uolter Veltroni e Mestizia Moratti che hanno un font serif. La struttura delle pagine è composta da una striscia in alto con un paio di mininotizie e una foto, una fascia colorata subito sotto con un’altra mininotizia in evidenza, assieme a una foto più grande, e i due terzi in basso con la notizia principale della pagina. Un’attenzione particolare all’economia, due pagine di tivvù, e il resto sminuzzato variamente. La particolarità di questo numero è che c’è un solo inserzionista pubblicitario, Edison: l’azienda riesce a riempire quattordici pagine sulle 32.
Tra i grandi nomi, considerato che La Stampa ormai sta nel suo ridotto sabaudo, manca solo Repubblica: scommesse sulla sua data di uscita?
[*] vale a dire tutti. Se uno non è perspicace, perché viene a leggermi?

Ultimo aggiornamento: 2014-04-21 16:19

Viaggiare in aereo oggi

Il weekend romano mi ha fatto riprovare dopo un anno e mezzo la doppia gioia dei voli aerei e dei mezzi di trasporto romani. Bisogna dire che la partenza da Fiumicino sabato mattina è stata persino piacevole: un banco check-in per Roma dove non c’era nessuno in coda, e un controllo bagagli rapido, nonostante la marea di sacchetti richiudibili che venivano gentilmente forniti ai banchi di accettazione e che hanno fatto dire ad Anna “e dovrei mettere tutte le mie creme in un solo sacchetto?” Per la cronaca, la maggior parte delle creme era stata imbarcata come bagaglio registrato, ma alla fine Anna ha trovato ancora sufficienti liquidi per mezzo riempire la bustina. L’unica cosa strana che mi è capitata è che dopo il controllo a raggi X sono stato fermato da un altro addetto alla sicurezza che mi ha chiesto di dargli lo zaino, che non era nemmeno pieno. Non l’ha aperto, ma gli ha fatto passare sopra una strisciolina che ha poi messo in una macchina che gli ha dato responso “tutto ok” – e volevo ben vedere. L’unica cosa che mi ha stupito un po’ è che ho dato un’occhiata a quella macchina, e se non sbaglio doveva verificare se portavo con me qualcosa di radioattivo. Mah. La partenza è avvenuta con i soliti venti minuti di ritardo, ma quello non è un problema perché quei minuti sono già conteggiati nel tempo di volo, quindi l’atterraggio è stato in perfetto orario.
Il ritorno è stato molto peggio, in compenso. Anche qua ero partito bene: in un impeto di follia avevo provato una di quelle infernali macchinette per il checkin automatico per i fortunati possessori di biglietto elettronico. Una volta convinta la macchinetta di chi ero io (avrei potuto infilare la carta di credito, ma ho pensato che forse la Millemiglia era più adatta all’uopo) sono subito stato caldamente salutato, e mi è stato offerto il posto 7C che mi è visivamente stato assicurato essere il migliore di quelli a disposizione. Non ho capito perché il biglietto stampato fosse così leggero, ma non è un mio problema. Mio problema è invece stato passare il controllo a raggi X. Una volta c’era il trucco: te ne stavi al piano di sotto e usavi il “varco per i cognoscenti”. Adesso non si può più, o meglio si passa tutti da sotto, e sono state messe sei postazioni di controllo ai due lati della hall. Peccato che dal lato da me scelto ce ne fossero funzionanti solamente due, il che ha significato un’attesa di venti minuti in coda, con l’unico conforto di un libro. Passato finalmente il controllo, mangiato a caro prezzo qualcosa, letta la pubblicità per i negozi messi al piano di sopra (però cercare di convincere il pollo di turno scrivendo “arrivato qui, il più è fatto” mi sembra una presa per i fondelli niente male) e giunto al gate, scopro che il volo era in ritardo di venti minuti “per mancato arrivo da Trieste”. Inutile dire che i venti minuti sono diventati trenta, che poi si sono anche concretizzati in un cambio di gate spedendoci tutti al piano di sotto e quindi senza finger. Ma una volta sceso, ho avuto il dubbio privilegio di assistere in diretta a uno dei motivi per cui Alitalia non potrà che fallire. Il gate era ancora in attesa dell’ultimo ritardatario del volo per Venezia che veniva imbarcato prima del nostro. Il tizio finalmente si presenta, e si vedono le assistenti di terra confabulare lungamente al telefono. A quanto pare, era stato chiamato un pulmino che però non si era materializzato: al suo posto c’era il bus che avrebbe dovuto portare noi al nostro velivolo. Dopo ulteriori colloqui telefonici, la soluzione che probabilmente le assistenti avranno anche ritenuto geniale. Il ritardatario è stato spedito da solo sul bus, e noi abbiamo amabilmente atteso che ci mandassero un altro bus per potere finalmente passare l’agognato corridoio. Perfetto, no?
Ad ogni modo, è ormai chiaro a tutti che Al Qaeda ha vinto. Se prendere un aereo è diventata un impresa di tal fatta, significa che la paura si è impadronita di noi, e la paura è l’inizio della sconfitta.

Ultimo aggiornamento: 2006-11-20 16:04

Cina – nascita di un impero (mostra)

Il motivo ufficiale per cui ho seguito Anna a Roma e abbiamo passato il weekend là – a parte banalità tipo festeggiare l’anniversario di matrimonio e salutare Adolfo e Diletta e tanti altri amici – è stata la visita alla mostra sulla Cina tenuta alle Scuderie del Quirinale, che non avevo mai tra l’altro visitato. Naturalmente da buoni organizzatori c’eravamo premuniti, facendo la prenotazione via internet e anche fissando l’ora di visita – le 14, che sono state da noi sforate solo di qualche minuto – il che ci ha concesso di saltare la coda in biglietteria al modico prezzo di un euro e mezzo aggiuntivo a testa. Peccato – e lo dico per chi volesse andare a vedere la mostra – che presentando un biglietto ATAC regolarmente timbrato si possa avere uno sconto di due euro e mezzo, cosa che naturalmente non viene esplicitata troppo bene nel sito, non dovesse mai capitare che qualcuno se ne accorga.
Devo dire che le scuderie sono state rimesse a posto molto bene, e la Gae Aulenti è riuscita a creare un ottimo spazio, anche se non eccessivmanente grande: in effetti, ci sono dieci sale in tutto, il che significa un percorso totale di poco più di un’ora. Bisogna però considerare che lo scalone centrale, quello che permetteva ai cavalli di salire al piano di sopra – sennò che scuderie sarebbero state? – occupa molto spazio; inoltre ci sono anche un paio di zone di sosta che permettono di riposarsi, e che sono una grande cosa. Ho invece qualche dubbio sulla scelta di lasciare le sale molto buie, anche se magari il tutto è stato fatto per evitare troppi danni; mi è sembrata incomprensibile la scelta di fare la mostra all’indietro, partendo cioè dalla dinastia Han degli ultimi secoli avanti Cristo e terminano con la Zhou di un millennio prima; ho infine molti dubbi sull’avere scelto di mettere un velo di tulle davanti alla maggior parte dei reperti, costringendo il povero visitatore ad avere una visione leggermente sfocata. Ed è un peccato, perché le opere presenti sono davvero belle. Le statue di terracotta raffiguranti gli eserciti sono di una naturalezza sconvolgente nella loro stilizzazione, il sarcofago di giada è incredibile, così come il vaso refrigerato. Ma in genere tutti i reperti sono interessanti, anche se a volte soprattutto quelli nelle teche erano un po’ dificili da vedere per la gente che si accalca davanti, appiccicata al vetro: io una volta pensavo che a una certa età si divenisse presbiti, ma a quanto pare le sore e sciure sono invece tutte molto miopi. E fortuna che la mostra non era strapiena di gente!
Come ultima segnalazione, una nota davvero positiva: noente audioguide, o se c’erano non le ho per nulla notate, ma dei libriccini a disposizione dei visitatori che spiegavano cos’erano i reperti e davano anche delle informazioni storiche sulle varie dinastie. Finalmente una mostra che ho potuto apprezzare in pieno!
(post scriptum: però la caffetteria ha ampi margini di miglioramento)

Ultimo aggiornamento: 2020-02-07 11:29

Lo scudo di Marte (libro)

[copertina]
Lo speciale estivo di Urania (David G. Hartwell e Kathryn Cramer (ed.), Lo scudo di Marte [Year’s Best SF 8], Millemondi Urania 42 – estate 2006 [2003], pag. 491, € 5.10, 977-1123-076005-6004-2 , trad. Fabio Feminò) è la raccolta dei migliori racconti di fantascienza pubblicati nel 2002. Ero rimasto piuttosto deluso da quelli dell’anno precedente, ma devo dire che il livello medio si è di nuovo alzato, e mi è tornata la voglia di leggere di fantascienza. Intendiamoci, avrei apprezzato se Michael Moorcook non portasse l’omaggio a Leigh Brackett al punto tale da scrivere pessimamente come nei pulp degli anni ’30; ma racconti come quello di Ursula Le Guin, Bruce Sterling, Michael Swanwick, Eleanor Arnason, solo per citare i primi della raccolta, meritano davvero. Piuttosto, qualcuno mi deve spiegare chi è che pubblica oggi sotto il nome di Jack Williamson, classe 1912, primo suo racconto pubblicato negli anni ’20. Perché il fatto è che la sua storia è bella! Se volete, un po’ scontata, ma comunque bella.

Ultimo aggiornamento: 2006-11-17 12:07

scherza cogl’azzi ma lascia stare i Ratzi

Nei giorni scorsi, partendo da Avvenire ma spargendosi su molti quotidiani, si è potuto leggere dell’anatema lanciato da don Georg Gänswein (“ocavino”?), il segretario di papa Benedetto XVI, contro la satira su papa Ratzinger. “Anatema” non è proprio la parola giusta, visto che i cattivoni non sono stati scomunicati latae sententiae, ma tant’è. Fossi cattivo, potrei pensare che il vero motivo dell’ira del segretario è la satira che Fiorello fa su di lui, ma facciamo finta di no.
Da quanto ho capito, il problema è l’imitazione che Maurizio Crozza fa del papa. Come al solito io non ho visto nulla, e ho letto solamente un paio di battute al riguardo. Una, “il papa sta fumando tre pacchetti di sigarette al giorno per prepararsi al viaggio in Turchia”, non mi fa per nulla ridere. L’altra, una scenetta con Ratzinger che scommette 100 euro coi cardinali che riuscirà a fare un Angelus senza dire nulla, e dopo averla vinta pretende il pagamento della somma pattuita, mi ha fatto sorridere come idea, anche se non so come sia stata rappresentata. Ma una volta detto questo, non mi pare proprio ci sia nulla di così grave. Manco si sta scherzando sulla religione cattolica, ma su una persona, ancorché sia il papa. E rilassarsi un po’?

Ultimo aggiornamento: 2006-11-16 11:20

Bomba o non bomba

Oggi Metro titolava La bomba H in Giappone ricordo vivo. Non che le bombe su Hiroshima e Nagasaki siano state delle noccioline, ma forse bisognerebbe far notare al titolista che non erano bombe H (bombe a fusione nucleare), ma bombe A (bombe a fissione nucleare).

Ultimo aggiornamento: 2006-11-15 17:01

_Il giardino dei ciliegi_ (teatro)

Sfruttando la meritevole iniziativa dell’Elfo, che per 35 euro ti dà cinque biglietti per la prima settimana di rappresentazione dei suoi spettacoli (costa meno che andare al cinema…) sabato scorso siamo andati a vedere Il giardino dei ciliegi, con la regia di Ferdinando Bruni e con Elio De Capitani e Ida Marinelli come protagonisti: insomma, i pezzi grossi della compagnia.
Ho commesso un grave errore, però: non sono andato a leggermi prima la trama (scusate per il link in inglese, ma è il più completo che ho trovato, e almeno non è in russo!). Avrei ad esempio capito che anche se Cechov aveva pensato l’opera come una commedia, Stanislawski la rappresentò come una tragedia; oppure non mi sarei stupito a vedere una differenza di trattamento tra le due sorelle Anja e Varja, visto che quest’ultima in realtà è una figlia adottiva. La messa in scena di per sé è fatta molto bene: tenete conto che gli interpreti sono molti, e quindi bisogna anche avere un posizionamento in scena che non rubi il fuoco a chi parla. Ma la Compagnia dell’Elfo ormai è ben esperta, e lo si vede.
Sull’opera in sé, a me sembra che siano tutti dei vinti. I due fratelli Ljuba e Gaev, che non riescono a capire che il tempo in cui la nobiltà viveva tranquilla è finito. Ma è un vinto anche Lopachin, il borghese di umili origini che si compra la tenuta per raderla al suolo e fare tante ville, ma a cui rimane sempre dentro di sé la propria origine che lui sente come una macchia; è un vinto il vecchio servitore Firs, fermo come i suoi padroni in quel mondo che non esiste più; ed è un vinto anche lo studente Trofimov, che me lo vedo pronto ad essere falciato dalle truppe zariste nella rivoluzione russa (quella del 1905, claro). Gli unici personaggi che si salvano sono la giovane Anja, la vera eroina della storia, e il vecchio Piscik, che essendo matto come un cavallo non si accorge di nulla… Sì, aveva ragione Stanislawski a rappresentarlo come una tragedia.
Ah, del giardino se ne parla sempre ma non lo si vede mai!

Ultimo aggiornamento: 2015-11-29 19:06