RACCONTO: Il Cubo
La prima volta che il mondo sentì parlare del Cubo fu il 14 marzo 2009. Il Tibet era stato pacificato da pochi mesi, come confermato dalle immagini prese dai satelliti, o meglio da quello che non si poteva più vedere. Nessuno riuscì a spiegarsi come quel monaco fosse riuscito ad arrivare fino in Tagikistan, e nessuno poté chiederglielo; spirò tra le braccia dei soldati della forza multinazionale di interposizione dopo avere indicato a fatica la sacca che si trascinava appresso e sussurrato quelle che forse erano le uniche parole inglesi che conoscesse: cube… open… please.
Il Cubo era davvero strano. Una dozzina di centimetri di lato, grigio antracite, più leggero di quanto l’aspetto lasciasse pensare, con una serie di scanalature appena visibili che lo facevano quasi assomigliare a un cubo di Rubik monocromatico e ipertrofico, e le facce leggermente morbide al tocco. Scuotendo l’interno si percepiva, più che udire, una specie di melodia; ai raggi X sembrò apparire un’intricata struttura interna, ma tre apparecchiature si ruppero non appena le prime immagini apparvero sui monitor, e nessuno osò più tentare l’analisi. Non emetteva radiazioni. La sua superficie non poteva essere scalfitta in nessun modo. Il Cubo stava per essere riposto in una vetrina di un anonimo museo per essere definitivamente dimenticato, quando un ricercatore per caso lo prese tenendolo per due vertici opposti e lo vide schiarirsi per qualche secondo. Subito l’interesse per il Cubo tornò alle stelle: vennero scoperte sequenze di pressioni e rotazioni che lo facevano schiarire per un tempo più o meno lungo. Matematici di tutto il mondo si misero a studiare quelle trasformazioni per cercare una logica nei vari pattern; i supercomputer vennero programmati per testare simulazioni sempre più complesse. Parecchi scienziati, anche se nessuno osava dirlo pubblicamente, erano convinti che il Cubo fosse un manufatto di una civiltà aliena; nacquero almeno quattro sette religiose convinte che esso fosse di origine divina, e non si contarono i santoni che affermavano di avere divinato la successione di operazioni necessaria per raggiungere la purezza del bianco abbagliante. Corse voce che alcune di quelle successioni furono effettivamente tentate, senza apprezzabili risultati; ma si mormorò che qualcuna delle “sensazionali scoperte” fu in realtà il risultato di una visione dopo una robusta dose di peyote.
Alieno o divino che fosse, il Cubo portò senza dubbio un risultato inaspettato: col passare del tempo, l’attenzione di donne e uomini di tutto il mondo si focalizzò sempre più su di esso. Il mondo visse un periodo di incredula pace, mentre gli accidentati progressi nella comprensione di come operasse venivano avidamente seguiti in tutto il mondo. Non fu pertanto un caso che quando il 14 dicembre 2012 un team internazionale annunciò di avere scoperto il codice per lo sbiancamento definitivo del Cubo e che la settimana successiva avrebbero mostrato l’operazione, tutto il pianeta si trovò davanti a una tv; persino nelle lande più desolate erano stati inviati maxischermi e ricevitori parabolici. Il 21 dicembre venne accuratamente eseguita la Successione Finale; il Cubo divenne sempre più bianco, e poi iniziò a cambiare colore, sempre più velocemente.
Tutti erano così assorti a contemplarlo, che non si accorsero che il pianeta era improvvisamente diventato grigio; né notarono di non potere più muoversi. In quegli ultimi, interminabili istanti, mentre dalle bocche aperte dallo stupore non poteva uscire alcun grido né entrare una molecola di ossigeno, a ogni essere umano parve di udire una voce che diceva “Congratulazioni! Questo livello è stato davvero difficile; il tempo stava per scadere”. L’eco di un’eco sembrò ancora riverberare “Livello 42”; poi, il nulla.
(15 agosto 2008)