Lo scorso marzo Douglas Hofstadter ha mandato al gruppone dei suoi amici-di-studi una mail dal titolo “some rubbish about creativity, courtesy of the WSJ”, il cui testo conteneva solamente il link a questo articolo di Jonah Lehrer, dal titolo “How To Be Creative”. Hofstadter non è che mandi mail a ogni piè sospinto, e così molti gli hanno risposto, chi dicendosi d’accordo con lui (per esempio Melanie Mitchell e in parte Scott Kim) e chi come Daniel Dennett si è invece messo ad argomentare in maniera differente, probabilmente per divertirsi a vedere la reazione. Doug ha radunato le risposte, ha aggiunto le sue controdeduzioni a Dennett, e la storia è finita qui, tranne un post scriptum quando un mese dopo ci ha spedito un link a un articolo del Guardian che faceva una recensione non proprio positiva (“a scathing review”, scriveva Hofstadter) del libro di Lehrer. In effetti il suo articolo nel Wall Street Journal era più che altro una automarchetta per il libro Imagine che Lehrer aveva scritto…
Occhei, saranno trent’anni che Hofstadter studia la creatività, spesso con idee non esattamente mainstream; e in seguito ho scoperto che nel mondo accademico ed editoriale Lehrer ha dei giudizi diciamo non sempre entusiastici. Ma quello che aveva scritto è tutto da buttare? E cos’è effettivamente la creatività? (Ve lo dico subito: la risposta a questa domanda io non la so mica)
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Category Archives: creatività
chi l’ha detto che solo perché si usa un computer non si può essere creativi?
Si può diventare creativi?
Quest’estate ho parlato di creatività. Dalla redazione di Voices mi è stato chiesto se io credessi che le tecniche per imparare a essere creativi funzionassero davvero: la mia risposta è stata un netto e convinto “nì”.
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Creatività e letteratura
Abbiamo visto che la creatività è qualcosa per cui ci sono persone più dotate e meno dotate, ma che è comunque possibile imparare a usare alcune tecniche che non daranno forse chissà quali eclatanti risultati, ma perlomeno permettono di ottenere qualche successo nei piccoli problemi di ogni giorno. Buttatele via.
Stavolta parlo di come la creatività si può trovare in un campo molto meno scientifico: la letteratura.
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Traduzioni e creatività
Ve l’avevo già detto, vero, che da grande farò il tuttologo? Al momento, se dovessi mettermi a scrivere il mio curriculum, tra le cose che ho fatto potrei annoverare l’avere tradotto due libri di Douglas Hofstadter. Non Gödel, Escher, Bach: quando uscì l’edizione italiana ero poco più che ventenne e molto meno sicuro di me stesso, tanto che rimasi stupito che qualcuno avesse avuto il coraggio di tradurre il libro che avevo assaporato in lingua originale. Poi sono passati gli anni, ho conosciuto personalmente Hofstadter, e un giorno mi trovai una sua email che mi chiedeva se potevo dare un’occhiata alle bozze del suo Concetti fluidi e analogie creative, perché gli sembravano un po’ strane. Andò a finire che io venni promosso a traduttore; il risultato non deve essere poi stato così malaccio, visto che quando Hofstadter cedette i diritti per la traduzione in italiano di I Am a Strange Loop (da noi Anelli nell’io) mise come clausola la possibilità di scegliere i traduttori, e io ho così fatto parte del “Traditrio”, come lui ci soprannominò affettuosamente. Diciamo insomma che non ho competenze specifiche nel campo, però qualche cosa posso sempre dirla, no?
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comicità e creatività
Ricordate Il nome della rosa? Il venerabile monaco Jorge aveva avvelenato l’unica copia esistente del secondo libro della Poetica di Aristotele, quello che trattava della commedia, perché riteneva che far ridere la gente fosse Il Male: ecco perché noi possediamo solo il primo libro. Ma cos’era per Aristotele la comicità? Citando dalla Treccani, per «la comicità di un personaggio è determinata dal presentarsi di un suo difetto o errore, in quanto però esso non appare odioso e non suscita repulsione. L’origine del comico è comunque veduta sempre nell’avvertimento di una sorta di contrasto, di dislivello, si manifesti esso tra la cosa e lo spettatore, o tra la cosa reale e l’idea che altrimenti se ne possa avere.» Insomma, «ciò che è fuori tempo e fuori luogo, senza pericolo»: se infatti ci fosse pericolo passeremmo al tragico. Beh, vorrei lasciarvi qualche spunto di discussione su una diversa lettura della comicità: la tricotomia (che non c’entra col taglio dei capelli) che vi propongo non è probabilmente completa, ma ha il vantaggio di puntare verso una visione diversa.
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