Su, per questa volta parlo di Wikipedia solo di striscio! La regola che dà il titolo a questo post è infatti molto più generale, e probabilmente anche falsa. Per partire, tanto per cambiare, affidiamoci a Wikipedia stessa, che racconta come nel 2006 Ben McConnell e Jackie Huba hanno coniato il nome “regola dell’1%” per segnalare come in una comunità solamente l’un percento dei membri contribuisce attivamente, mentre gli altri se ne stanno lì a guardare e sfruttare i contenuti: in inglese si parla di lurker. La regola è stata poi affinata aggiungendo un ulteriore livello: non si parla solo di lurker e contributori, ma questi ultimi sono a loro volta suddivisi in Veri Contributori che in effetti creano nuovo materiale e Aiutanti Contributori che si limitano a fare modifiche minori a quanto creato dai Veri Contributori. Questa tripartizione ha finalmente fatto nascere la regola di cui al titolo del post: il 90% di chi accede a un sito collaborativo non collabora per nulla, il 9% fa qualcosina, l’1% si fa il mazzo.
La regola ha il grande vantaggio di essere facile da ricordare e quindi ha fatto una grande fortuna. Peccato che non sia per nulla vera. Gli è che emettere sentenze senza avere i dati a disposizione è facile, molto facile; e poi la gente comincia a diffondere il credo. Andando un po’ a cercare in rete, ho scoperto che Michael Wu ha condotto un’analisi statistica piuttosto dettagliata su più di duecento comunità.
Wu ha scelto di misurare la parte “contributiva” delle comunità, quella su cui è più facile recuperare informazioni. Togliendo i lurker, abbiamo insomma che i Veri Contributori dovrebbero essere circa il 10% del totale. In media si scopre che il 10% che contribuisce di più ha creato circa il 55% dei contenuti totali, il che corrobora abbastanza la tesi iniziale, o se preferite è un’altra prova del Principio di Pareto (l’80% del lavoro è fatto dal 20% delle persone). Se però si esplode l’istogramma sulle singole comunità, come mostrato nella figura qui sopra, si vede come la percentuale non sia affatto costante, ma dipenda molto dalla comunità in questione.
Tornando alla regola completa, Crystal Coleman ha raccolto i risultati di vari studi circolati in rete. A quanto pare, non esiste un risultato condiviso! Alcuni, come la BBC che però ha fatto un sondaggio e non una ricerca quantitativa, dicono addirittura che i lurker sono meno di un quarto della popolazione totale: cosa su cui avrei qualche dubbio, vedendo per esempio le statistiche di Wikipedia in lingua italiana. Ad ogni buon conto, quello che si può ricavare è che non esiste un’unica regola che vada bene per tutti, e ogni comunità ha le sue regole. Alcune di queste regole possono tra l’altro modificare pesantemente le percentuali relative: per esempio un sito che usi tecniche di gamification fa sì che più persone abbiano interesse a contribuire, così come la percentuale di lurker in una comunità ristretta o su un tema ben specifico è ridotta.
Ora che abbiamo visto come la teoria sia stata brutalmente disattesa dalle osservazioni, facciamo un passo indietro, togliamoci dai piedi i numeretti tondi che servono solo a fare fumo e ottenere interviste e citazioni, e riprendiamo il problema reale, quello della creazione della conoscenza condivisa. Wikipedia in realtà non è la soluzione, checché ne scriva Andrew Wright: anzi probabilmente è uno degli esempi per cui la regola 90-9-1 è più vicina alla realtà, come mostravo sopra. Ma è così importante? Nì. Ricordiamoci di un assunto fondamentale nell’era della duplicabilità: il costo marginale di ottenere una copia di un pezzo di informazione è virtualmente nullo. Peccato che creare nuova informazione abbia più o meno sempre lo stesso costo – sto parlando di creare, non di assemblare: il copincolla è una grande risorsa ma non ci dà nulla di nuovo. Qualcosa di nuovo lo si può ottenere copincollando più fonti diverse in modo intelligente e aggiungendo un po’ di connettivo per rendere coerenti le fonti: ma il costo diventa comunque relativamente alto, anche se minore del suo equivalente nell’era analogica. (Chi è vecchio come me si ricorda bene com’era divertente aprire sul tavolo della biblioteca due o tre enciclopedie, e prendere i pezzi che servivano).
Abbiamo insomma il coraggio di dircelo: creare informazione nuova è difficile. Chiedere insomma di fare crescere l’1% della regola farlocca non solo è illusorio, ma forse è anche impossibile. Ho fatto un po’ di mente locale, pensando a tutti i siti su cui bazzico: in alcuni contribuisco molto, in parecchi scrivo qualcosa di quando in quando, in molti guardo e basta. In fin dei conti il mio tempo è finito, e quindi non posso fare tutto. Quello su cui può lavorare chi gestisce una comunità è però il secondo gruppo, quello di chi non crea ma migliora. Occhei, abbiamo capito che non comprende solo il 9% della popolazione ma un (bel) po’ di più, e che la percentuale dipende dal progetto che si sta osservando. Facciamo allora un passo in più, e cerchiamo di capire cosa si può fare.
La mia esperienza dice che le persone tendono a contribuire a una comunità se:
- Contribuire è facile. Mettere qualche regola sintattica e semantica è necessario, altrimenti non si ottiene un repositorio ma un mucchio di roba accatastata alla bell’e meglio. Ma mettere troppe regole fa perdere la voglia di mettersi a studiarle per aggiungere il proprio contributo. (Questo tra l’altro è uno dei problemi di Wikipedia: forse adesso VisualEditor semplificherà le correzioni minuscole, ma l’aggiunta di nuova informazione correttamente formattata è una cosa davvero complicata)
- È possibile fare contributi minuscoli. Nel bene o nel male viviamo in un tempo in cui lo spezzettare è diventato il modo standard di fare le cose. I centoquaranta caratteri di twitter sono a volte pochi, ma una cartella (duemila caratteri, spazi compresi) sembra spesso oltre le capacità di molti. E allora perché costringere a scrivere troppo? Non dico di arrivare al “pauca sed matura” di Gauss, anche perché c’è sempre il tempo di migliorare qualcosa che è già presente – sempre i vantaggi del digitale. Non pretendo nemmeno “poco e bene”. Però secondo me “poco e decente” potrebbe essere un ottimo punto di partenza per convincere più persone a contribuire.
- Le persone possono vedere il loro contributo. Paradossalmente Wikipedia non segue questa regola: sì, è sempre possibile vedere la lista dei contributori, ma non se la fila nessuno a meno che non ci siano dei guai. Però in generale, soprattutto se il risultato complessivo è bello, fa piacere poter dire “vedi? ho partecipato anch’io”.
- I gestori non devono rompere troppo. Un minimo di gestione, come detto, occorre sempre. Ma meno burocrazia abbiamo, più tempo possiamo dedicare al nostro lavoro.
- I contributori vengono fatti sentire parte di una comunità. Per esempio in Wikipedia è questo il punto che a mio parere ha contribuito maggiormente al successo dell’enciclopedia libera. I wikipediani, o almeno i Veri Contributori tra di loro, si sentono parte di una comunità che non è necessariamente virtuale, ma comprende anche interazioni di persona. Certo che su un’intranet aziendale sentirsi comunità non è così facile… ma allora si torna al punto precedente.
Siete d’accordo con me? 🙂