Wikipedia è grande: ma ora ha bisogno di crescere. La battuta a effetto nasconde una realtà che non si può negare: è inutile che per esempio l’edizione in lingua italiana contenga più di un milione di voci, se poi la qualità di buona parte di esse è, diciamo, subottimale. Purtroppo non è possibile obbligare la gente a migliorare le voci esistenti, anziché creare voci nuove: è un sottoprodotto del fatto che contribuire all’enciclopedia (in questo caso nel senso di produrre materiale, non di finanziarla) è volontario, e ciascuno può fare ciò che preferisce. Penso però che possa essere utile sapere cosa si potrebbe fare per avere un prodotto sempre migliore: io sono ottimista e spero sempre che le cose possano andare meglio in futuro. Inoltre è sicuramente utile sapere come leggere le voci di Wikipedia: in questo modo è infatti possibile capire se e quanto fidarsi di quello che si legge, almeno come struttura generale.
Stavolta tratterò di Wikipedia e delle fonti, un tema che entra spesso prepotentemente in scena in casi molto diversi, da chi si lamenta perché non può scrivere le “sue” informazioni nelle voci – ci sono stati casi eclatanti come quello di Philip Roth, ma vi assicuro che richieste e minacce al riguardo sono quotidiane – a chi invece si lamenta perché ci sono scritte cose che a loro non piacciono: c’è chi va in tribunale come Cesare Previti (al momento si è arrivati a un’assoluzione in primo grado della Wikimedia Foundation) o la famiglia Angelucci (in quattro anni non è ancora stata emessa alcuna sentenza). Ma anche senza andare nelle aule dei tribunali ed evitando di parlare di politici ancora in vita, ci sono voci, come quella su Tesla che spesso vedono una campagna a colpi di riscritture.
Iniziamo col riprendere brevemente quello che avevo già raccontato sui vari tipi di fonte. Possiamo distinguere tra fonte primaria, in poche parole quello che abbiamo creato noi; fonte secondaria, vale a dire qualcosa che cita fonti primarie, come per esempio un articolo di giornale; fonte terziaria, cioè qualcosa che cita fonti secondarie, come per esempio un’enciclopedia. Wikipedia nelle sue linee guida afferma di preferire fonti secondarie e se possibile terziarie, e di evitare le fonti primarie, per non parlare di informazioni senza fonte, tanto che esiste un template apposta, il famigerato {{cn}}, che mette uno sfondo rosa intorno alla frase incriminata e aggiunge un “senza fonte” messo a esponente proprio come fosse una nota. Per la cronaca, il rosa non sta certo a dire che il parlare a vanvera sia una caratteristica femminile, ma è semplicemente un rosso, cioè un pericolo, schiarito in modo da permettere di leggere comunque quanto scritto.
La definizione che ho appena dato è tagliata con l’accetta, diciamocelo. Per esempio, se io parlo di me stesso nel mio sito, e vari altri siti mi citano approvando implicitamente quello che ho scritto, il mio sito diventa in un certo senso una fonte secondaria e non più primaria. Non serve insomma il vecchio trucchetto dell’intervista per dare una patina di verità a quanto scritto in prima persona. In effetti, se si sta a controllare attentamente, quello che Wikipedia vieta (all’interno del primo dei “cinque pilastri”) non è tanto l’uso di una fonte primaria quanto quello delle cosiddette ricerche originali. E la definizione di ricerca originale non è tanto qualcosa di preparato da me stesso – anche perché altrimenti ci sarebbe un piccolo problema: Wikipedia vieta anche di usare testi e immagini che hanno un copyright che non permetta l’ulteriore condivisione libera del materiale, quindi spesso si è costretti a riscrivere con parole nostre le informazioni. La definizione corretta di ricerca originale è qualcosa che non ha avuto nessun tipo di accettazione da terze parti. Così, per fare un esempio a me caro, se qualcuno crea una guida ai Pokémon non ci sono problemi a citarla nelle voci relative dell’enciclopedia, ammesso che essa sia corretta; le “fonti” (implicite) sono le trasmissioni televisive con i Pokémon.
Il guaio è che questo tipo di classificazione delle fonti, per quanto sia relativamente semplice da verificare, non è per nulla sufficiente a ottenere un buon risultato, anche nella migliore delle ipotesi possibili: che cioè non ci sia nessuno che cerchi di remare contro, ma gli utenti che hanno lavorato a una voce siano dotati della migliore buona volontà. O meglio: un approccio di questo tipo può andare bene per le scienze cosiddette dure; ho già dei dubbi sulle materie umanistiche, dove spesso ci sono tanti pareri contrastanti eppure tutti supportati da fonti importanti e valide che tipicamente la soluzione meno complicata è lavarsene le mani e presentare le varie posizioni con rispettivi fautori e detrattori e lasciare che sia chi consulta la voce a decidere cosa gli piace di più; ma sono del tutto convinto che l’approccio possa addirittura essere controproducente nel caso di fatti di cronaca.
La ragione è molto semplice: quali sono le fonti, in questo caso? Quotidiani e settimanali. Tecnicamente è vero: sono fonti secondarie. Se siamo fortunati – non capita troppo spesso con i media de noantri, ma se ci si sposta su quelli esteri in genere la situazione migliora molto – abbiamo anche la citazione della fonte nel caso delle notizie scientifiche o economiche; già su quelle di cronaca o politiche dobbiamo fidarci di come il giornalista riporta le frasi, a meno che si tratti di un’intervista radiofonica o televisiva che si può ascoltare. Bene, anzi male. Non so voi, ma quando leggo una notizia scientifica su temi che conosco per conto mio scopro sempre che c’è qualcosa che non va, e la stessa cosa mi è capitata nei rari casi in cui la cronaca parla di cose viste da me di prima mano. Non ce l’ho (troppo) coi giornalisti: non si può essere tuttologi, e spesso i limiti di tempo per preparare un articolo sono così stretti che si è costretti a glissare; e d’altra parte spesso le inesattezze non sono nemmeno così fondamentali da meritare una smentita ufficiale. Resta il fatto che i media sono fonti preziose, ma non dovrebbero essere usate in modo indiscriminato: già il buonanima di Enzo Jannacci diceva “quelli che… l’ha detto il telegiornale!” per indicare che è meglio non fidarsi troppo.
(E qua una parentesi ci sta tutta. Anche se in Siae la canzone “Quelli che…” era stata depositata a nome del solo Jannacci, in realtà era stata scritta insieme a Beppe Viola. Questo è un fatto che è diventato noto anche grazie alle interviste della vedova di Viola, e Jannacci non ha mai smentito il contenuto di tali interviste, anche se spesso glissava e raccontava delle “sue” canzoni. Insomma, non è che i giornali siano solo e unicamente il male)
Ecco. Non vorrei che chi contribuisce a Wikipedia parta dall’idea che sia sufficiente mettere un paio di link a un articolo di un quotidiano, foss’anche il Corriere della Sera (il più classico esempio di terzismo che abbiamo in Italia) perché un’affermazione diventi ipso facto vera. Ribadisco: i giornali sono fonti preziose, ma per loro stessa natura devono essere trattate con attenzione, ed essere solo una tessera del mosaico che deve costituire il corpo di una voce. Poi tutto è perfettibile, chiaro, e di solito è meglio una fonte cattiva (ma citata) che nessuna fonte: penso che tutti saranno d’accordo che L’Unità, Il Giornale e La Padania scriveranno della stessa notizia in modi ben diversi, e sapendo da che pulpito arriva la predica ci si può fare un’idea magari non completa ma almeno più informata. In definitiva, e qui parlo per chi usa Wikipedia semplicemente come utente, ricordate sempre di verificare le fonti e lamentatevi (nella pagina di discussione della voce) se non ci sono: è un vostro diritto, e contribuirete anche a migliorare (si spera!) l’enciclopedia.