Addio alle enciclopedie?

Diciamocelo: l’annuncio urbi et orbi della Britannica, che il mese scorso ha comunicato che non verrà più stampata l’edizione cartacea dell’enciclopedia, non è proprio stato un fulmine a ciel sereno. D’altronde, secondo i dati forniti dall’amministratore delegato di Encyclopaedia Britannica Inc. Jorge Cauz, l’edizione cartacea ha fornito l’anno scorso l’un percento dei ricavi, contro il 15% ottenuto dagli abbonamenti web e iPad. (l’altro 84%, per i curiosi, è dovuto a prodotti specifici per studenti e simili… La cultura si direbbe paghi solo indirettamente)
Risparmieremo insomma qualche albero. Nemmeno poi tanti, però: la tiratura per i 32 volumi dell’ultima edizione cartacea, quella 2010, è stata infatti di 12000 copie, ma ne sono state vendute solo ottomila. Le altre al più potranno diventare oggetti di collezione, anche perché sono un po’ troppo costosi per essere usati come sgabelli o scalette come insinuavo in questa vignetta.


È però vero che da molte parti la mossa della Britannica è stata vista come l’inizio della sua fine: fossimo russi, la definiremmo la Beresina oppure la Stalingrado dell’enciclopedia. Il tutto per colpa di Wikipedia, naturalmente! Secondo voi io sono troppo paranoico? Beh, è lo stesso amministratore della Britannica a fare il confronto, dicendo che comunque la qualità del loro prodotto è ben maggiore di quella dell’enciclopedia libera: se volete acculturarvi con questa infografica potete vedere i punti di forza che la Britannica si autoassegna. C’è anche chi – come Tim Carmody su Wired, argomenta che in realtà il vero killer arrivò dieci anni prima della nascita di Wikipedia e fu nientemeno che Microsoft, con la sua Encarta buonanima. È pur vero che esistono ancora enciclopedie cartacee, come World Book; ma probabilmente David Weinberger ha ragione quando scrive che oggi l’enciclopedia cartacea non ha più senso, e direi che anche alla Britannica sono d’accordo.
Tutto questo naturalmente vale per la lingua inglese. E in Italia? Come immagino sappiate, la Treccani non versa certo in buone acque, e lo stato permanente di crisi in cui versano le casse erariali non aiutano certo. Nel 2009 l’Istituto ha anche cercato di avvicinarsi in un certo senso al crowdsourcing, chiedendo alla Rete di preparare testi sui personaggi che dovrebbero far parte del Dizionario Biografico degli italiani; questi testi sarebbero poi stati rivisti e inseriti. Il risultato non è stato esattamente entusiasmante, per quanto ne so: forse il recente contratto di collaborazione con la Normale migliorerà la faccenda, ma bisognerà aspettare almeno un anno prima di vedere risultati pratici. Più in generale, chiedetevi voi stessi quante volte andate a fare una ricerca anche sulla Treccani: la vostra probabile risposta dimostra come in ogni caso il suo valore percepito sia molto basso, indipendentemente dal suo valore assoluto. Non so se questo valga anche per la Britannica, però.
Onestamente, e parlo con il cappellino di portavoce di Wikimedia Italia, la cosa mi preoccupa. No, le frecciatine di Cauz non mi toccano, e neppure questa infografica, di cui spero apprezziate il bias ben nascosto. Non mischiamo mele con pere: sono ragionevolmente certo che la qualità media dei quattro milioni di voci di Wikipedia in inglese sia più bassa della qualità media delle (65.000? 120.000? credo che il primo numero corrisponda alle voci sulla fu edizione cartacea, il secondo a quelle online) voci della Britannica. Però il raffronto dovrebbe essere fatto solo sulle voci presenti in entrambe le enciclopedie, a meno che non si parta dal principio “meglio nessuna voce che una voce di bassa qualità”: principio sul quale non sono d’accordo, se non nella forma “meglio nessuna voce che una voce errata”: ma tanto paradossalmente le voci della coda lunga di Wikipedia possono essere mal scritte, sfacciatamente pubblicitarie, ma di solito sono corrette perché non interessa a nessuno diffondere falsità che chissà se verranno mai lette. Seth Godin ha fatto un test con la voce su Rick Santorum: un confronto impietoso, ma la cosa che almeno per me è più interessante è che la Britannica ha una voce che «cerca di terminare la richiesta di informazioni» (corsivo suo), mentre Wikipedia «la fa iniziare». Per molti questo può essere un punto vincente della Britannica, per me è esattamente l’opposto. In generale sarebbe però bello se una terza parte scegliesse a caso un centinaio di voci e le confrontasse pubblicamente, come fece Nature nel lontano 2005.
Ma come scrivevo non è questo il punto che mi preoccupa. Wikipedia è un modo di mappare la conoscenza universale. Un modo diverso da quello della Britannica, come fa acutamente notare Matthew Battles: non necessariamente migliore o peggiore, ma appunto diverso. Se però le enciclopedie “classiche”, con un comitato editoriale che verifica le voci, dà loro una struttura coerente, e perché no sceglie quelle ritenute più significative, spariscono, la conoscenza globale si impoverirà. Wikipedia è ottima, io la consulto sempre: ma conosco anche i suoi limiti, e quando è meglio cercare anche altrove. Temo che siano in molti invece ad accontentarsi di quello che ci trovano, perché tanto è gratis, e la cosa è triste per almeno due ragioni. La prima è che non bisognerebbe mai accontentarsi, perché così la qualità man mano diminuisce; la seconda perché la filosofia dell’enciclopedia libera è esattamente l’opposto. Non ci si dovrebbe mai accontentare, ma piuttosto si dovrebbe contribuire a migliorarla; anche solo correggere una virgola è utile!

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