Nelle quarantadue ore tra le 20 di martedì 4 ottobre e le 14 di giovedì 6 ottobre legioni di italiani, dagli studenti che dovevano fare una ricerca agli internauti che volevano semplicemente controllare un’informazione (ma chissà, forse anche parecchi giornalisti hanno fatto parte della categoria…) si sono improvvisamente trovati in brache di tela. Aprendo una qualsiasi pagina di Wikipedia in lingua italiana, infatti, campeggiava sempre lo stesso avviso: «Cara lettrice, caro lettore, in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c’è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero» seguito da una lenzuolata di spiegazioni più dettagliate. Credo che quella settimana il comma 29 dell’articolo 1 del disegno di legge sulle intercettazioni (DDL al momento tornato in naftalina…) sia diventato uno dei testi più noti agli italiani: risultato indubbiamente incredibile, a pensarci su.
Io ho seguito la vicenda da un punto di vista assolutamente privilegiato: sono infatti il portavoce di Wikimedia Italia (portavoce ad interim, finché non verrà assunto qualcuno che sappia davvero fare quel lavoro… è vero che io lo sto facendo gratuitamente, ma non è esattamente il mio campo) e così ho passato quarantott’ore di fuoco con i telefoni che continuavano a squillare perché i giornalisti volevano sapere di tutto di più e gli utenti e amministratori di Wikipedia in italiano che avevano attuato il blocco avevano scelto di non apparire con il loro nome. Ora che del “Comma 29” non se ne parla più, può valere la pena spiegare un po’ meglio cosa è successo, e rispondere ad alcune delle obiezioni che mi sono sentito fare.
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