Sono certo che tutti voi conoscete i Rutles, la band che non riuscì a cambiare una volta per tutte la musica negli anni ’60 con successi come “Cheese and Onions“, “Ouch!”, “Major Happy’s Up and Coming Once Upon A Good Time Band”. Come certo sapete, dopo l’ultimo loro album Shabby Road (Let it Rut fu pubblicato dopo, ma prodotto prima) il quartetto non si riunì più, lasciando che gli avvocati dirimessero le loro dispute legali: fu solo pubblicato nel 1996 Archaeology.
Bene. Sono lieto di comunicarvi che i Rutles si sono accordati con Circle of Hay per creare una nuova esperienza musicale, partendo dagli unici brani rimasti dopo che Stumpy Mountbatten, il figlio dello storico manager dei Rutles Leggy Mountbatten, scoprì con orrore che i nastri originali erano spariti. Andate a http://www.rutleslunch.net e beatevi con ter quarti d’ora di musica rutlesiana senza soluzione di continuità!
Zaia e l’inno di Mameli
Con tutti i problemi che abbiamo, non riesco proprio a capire perché mettersi a piangere perché il governatore veneto Zaia non ha fatto suonare l’inno di Mameli all’inaugurazione di una scuola (o l’ha fatto suonare solo dopo Va’ pensiero, cosa che a questo punto dovrebbe essere ancora peggiore).
L’inno di Mameli non è ufficiale, non c’è nella Costituzione, e ci ricordiamo che esiste solo quando ci sono le partite della Nazionale; una volta ci si lamentava perché i calciatori non lo conoscevano (come se fossero in tanti gli italiani che saprebbero cantarlo), ora ci si lamenta perché sembra che il momento dell’inno sia diventato simile a quello del giuramento a militare, dove invece che “lo giuro” si urla di tutto, da “l’ho duro” (in tema…) a “paguro”. Io lo so cantare, la marcetta non mi dispiace nemmeno, ma non lo sento come una roba “che fa l’Italia”. Più che altro, bisognerebbe spiegare ai legaioli che l’inno verdiano è tanto carino ma non c’entra una cippa né con l’Italia né con una ipotetica Padania, a meno che uno non sia stato deportato a Lamezia Terme o giù di lì e sia convinto che il nostro Paese sia stato riunificato dai Borboni. Scegliessero La canzone del Piave almeno avrebbero una giustificazione storico-geografica (tralasciando tutti i terroni che furono mandati al fronte nord-est, chiaro)
Ma io spero sempre in un atto di bontà degl Elii; se donassero alla nazione La terra dei cachi perché ne venisse fatto l’inno ufficiale avremo finalmente qualcosa di cui essere fieri.
Carnevale della Matematica #26: GOTO Science Backstage (e una spiegazione dovuta)
Questo mese il Carnevale della Matematica è ospitato da Gianluigi Filippelli nel suo Science Backstage; il tema non ufficiale è “A spasso con zio Bertie”, e i contributori erano stati invitati a scrivere qualcosa su Russell e la logica matematica. Andate subito a leggerlo, poi se avete voglia tornate qui che vi devo spiegare il mio post di sabato.
Non sapendo io esattamente che scrivere su Russell, mi è venuto in mente di riciclare quanto scritto da Hofstadter nel capitolo 11 di Anelli dell’io, quando passa dalle analogie alla trattazione del Teorema di Indeterminatezza di Kurt Gödel. Come forse sapete, Gödel ha praticamente buttato a carte quarantotto il sistema formale preparato da Bertrand Russell e Alfred Whitehead, i Principia Mathematica. Le due opere inesistenti citate sono entrambe analogie umoristiche sul procedimento da lui seguito; ci sono vari indizi che il lettore abile può ritrovare. Il “negozio tipico” ricorda la teoria dei tipi sviluppata da Alf e Bertie, e il nome della scrittrice, “Rossella Wadhead”, si pronuncia in modo simile a “Russell and Whitehead”, esattamente come succede con “W.A.I.Ted Enrustle” e “Whitehead and Russell”. Il dire una frase mentre si vuole significare l’opposto è l’equivalente dell’affermazione matematica che afferma la sua non dimostrabilità, e infatti viene pronunciata da “K.G.”. Nell’altra opera, il Principe Ippia – Matedrammatica sono ovviamente i Principia Mathematica, che parla per l’appunto di noiose proprietà dei numeri primi, che però possono essere lette – con la mappa creata da Kurt Gödel, pardon dal critico Gerd Külot, che è di origine TURKa – come proprietà sul libro in sé. Ci sono altri giochi di parole all’interno di quel capitolo, ma bisogna aver letto il resto del libro per coglierli e quindi qui li ho saltati: spero che comunque abbiate apprezzato questa presa in giro hofstadteriana del povero zio Bertie!
Aggiornamento: (17:30) vi ricordo che il Carnevale n. 27 sarà ospitato dal sottoscritto: non qua, però, bensì sul blog di matematica sul Post.
non devo mangiare in ufficio!
Venerdì ho dovuto spostare la roba dalla mia scrivania, perché sabato avrebbero dovuto controllare perché il condizionatore non funziona (non l’hanno fatto, mi pare ovvio). Stamattina ho così iniziato a rimettere a posto desktop, monitor e tastiera e ho scoperto che quest’ultima racchiudeva al suo interno non so quante briciole. Continuavo a batterla sulla scrivania e continuava ad uscire roba.
Bisogna dire che queste tastiere HP sembrano davvero robuste…
gioco della domenica: Popopop
Popopop è uno di quei giochi leggeri – almeno per i primi schemi – che permettono di rilassarsi. Bisogna far scoppiare le bolle, generando una reazione a catena. Attenzione che ogni bolla vale solo per quelle dello stesso colore, e i colori cambiano!
Se i quarantadue schemi non vi bastano, esiste anche il seguito, Popopop 2 (la vendetta, aggiungo io)
(via Passion for Puzzles)
Due opere che non ce l’hanno fatta
Vorrei raccontare di due opere teatrali del secolo scorso che purtroppo non hanno avuto un grande successo e oggi sono praticamente dimenticate: solo Douglas Hofstadter, nel suo Anelli nell’io, ci dà la possibilità di saperne qualcosa di più.
La commedia Picchetti al Negozio Tipico, scritta nel 1931 dalla commediografa e attivista sociale Rossella Wadhead, racconta di uno sciopero a gatto selvaggio proclamato dai lavoratori del Negozio Tipico di Alf e Bertie. Nella commedia cè una scena in cui i clienti che si avvicinano allingresso del negozio vengono esortati a non oltrepassare il picchetto; peccato che nel giorno della prima ci fu uno sciopero indetto dal sindacato delle maschere, con picchetto davanti al teatro; così la picchettatrice Cappa G., commessa del Negozio Tipico, deve recitare la frase «Chiunque oltrepassi il picchetto davanti al Negozio Tipico di Alf e Bertie è una canaglia», mentre ovviamente avrebbe voluto dire l’opposto e ringraziare chi aveva oltrepassato quel picchetto per entrare a vedere la commedia. Una situazione imbarazzante, non c’è che dire.
Tra il 1910 e il 1913, il celeberrimo drammaturgo inglese W.A.I. Ted Enrustle scrisse Principe Ippia: Matedrammatica, un’opera contro la moda allora in voga di scrivere commedie riguardo le commedie stesse. Nell’opera di W.A.I. Ted Enrustle, così, tutti i personaggi si limitano rigorosamente a parlare di varie proprietà dei numeri interi, semplici o astruse che siano. Peccato che una ventina d’anni dopo lo sferzante critico teatrale turko-viennese Gerd Külot mostrò come si potessero rileggere quelle battute come relative alla commedia stessa, e soprattutto una affermava che essa stessa non poteva assolutamente essere usata in una commedia!
Per chi volesse approfondire le opere, ecco la citazione bibliografica, sempre tratta da Anelli nell’io; altre rivelazioni saranno comunque presenti lunedì prossimo su Science Backstage.
– Enrustle, W.A.I. Ted, Prince Hyppia: Math Dramatica, 3 voll., Luna City, Unlimited Books, Ltd., 1910-1913 (trad. it. Principe Ippia: Matedrammatica, Saturnia, Edizioni Stranulari, 1914).
– Wadhead, Rossella, The Posh Shop Picketeers, Tananarive, Wowser & Genius, 1931 (trad. it. Picchetti al negozio tipico, Classe (RA), Editori Uniti, 1931).
El gamba de legn (libro)
“El gamba de legn” è il nome che i vecchi milanesi davano ai primi tram. In questo libro (Francesco Ogliari, El gamba de legn – Milano dal cavallo al vapore, Meravigli 2006 [1991], pag. 107, € 10, ISBN 978-88-7955-034-5) l’autore racconta dello sviluppo iniziale dei trasporti urbani e suburbani milanesi nei cinquant’anni che vanno dall’Unità d’Italia al 1910. Più che per i fanatici dei trasporti pubblici quale io sono il libretto risulta interessante per gli amanti della storia locale, date le numerosissime foto d’epoca e il racconto fatto più che altro a episodi. Scopriamo così come Milano non intendesse affatto che le linee per i comuni vicini partissero dalla città, esigendo i capolinea oltre i bastioni; vediamo anche che il primo progetto di una metropolitana risale nientemento che al 1863 (!) e come ai primi del ‘900 circolassero come curiosità dei filobus e fosse stata approntata una linea sopraelevata! Possiamo infine leggere di come i tram a cavalli siano man mano stati soppiantati da quelli elettrici, e dell’omnibus… a vapore.