Quizzino della domenica: din don

Il parroco del paesino in cui sono in vacanza ha deciso che il campanile deve battere tutte le ore, da mezzanotte alla mezzanotte successiva. Stamattina alle sei ero sveglio (mi aveva svegliato il battere delle 5, e non mi ero più addormentato) e ho cronometrato la durata: ci sono voluti esattamente sei secondi tra il primo e l’ultimo rintocco. A mezzogiorno quale sarà il tempo tra il primo e l’ultimo rintocco?

(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p169.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema classico. Immagine di hatalar205, da OpenClipArt)

_How to Build a Brain_ (libro)

[copertina]Questo libro (Richard Elwes, How to Build a Brain : and 34 other really interesting uses of math, Quercus 2011, pag. 223, Lst 9,99, ISBN 978184964801) è stato pubblicato con una varietà di nomi diversi: magari l’avete visto intitolato “How to solve the DaVinci code”, oppure “Math without the boring bits”. (O più probabilmente non l’avete visto, di Elwes forse uscirà prima o poi Maths 1001 per Newton Compton). Ma è sempre lo stesso libro, facente parte della collana di Quercus “35 interesting uses of”. Devo dire che in questa sua prima prova editoriale Elwes mi è parso ancora acerbo come divulgatore. Ovviamente non è colpa sua se alcuni di questi usi della matematica non sono poi così interessanti: però ho notato che più di una volta ha usato le ultime righe di uno dei capitoletti per accennare a generalizzazioni del tema. L’idea immagino fosse quella di far capire al lettore che non ci si ferma certo ai risultati mostrati in quelle poche pagine in gabbia fissa; il risultato pratico è che al lettore resta l’impressione di un libro tagliato a metà. Da questo punto di vita è molto meglio il suo Maths 1001, dove le definizioni in pillole sono così tante che è possibile ricomporre comunque un mosaico della matematica.

Renzi e la fiducia

Non so se abbiate letto la lettera di Matteo Renzi sulla Stampa, nella quale ieri mattina – prima di chiedere la fiducia sulla nuova legge elettorale – il nostro premier spiegava le sue ragioni.

Io non ho pregiudiziali di partenza contro una o l’altra legge elettorale: personalmente posso accettare che ci sia un premio di maggioranza e che questo premio sia per il partito e non per la coalizione – anzi quest’ultima cosa mi pare anche più pulita. Il fare tanti collegi relativamente piccoli non è neppure quello un problema: è più o meno quello che si fa in Spagna, e anni fa si parlava della possibilità di seguire quella legge elettorale e non il doppio turno francese o il casino programmato tedesco. (Poi mi devono spiegare come si riesce con i resti a limitare al 3% la soglia di sbarramento, ma non avendo letto tutte le minuzie della legge non posso escluderlo in linea di principio). Non ho neppure problemi con il turno di ballottaggio che in teoria potrebbe far dare 340 seggi a una lista che ha ottenuto meno del 30% dei voti: l’impianto generale è evidentemente maggioritario, quindi questo caso sarà piuttosto improbabile persino in un sistema tripolare come quello uscito nel 2013.

Il diavolo però si nasconde nei particolari. Perché nel «rottamare il cosiddetto Porcellum» è rimasta la clausoletta «Contestualmente al deposito del contrassegno di cui all’articolo 14, i partiti o i gruppi politici organizzati che si candidano a governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica. Restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall’articolo 92, secondo comma, della Costituzione.»? Perché «sono proclamati eletti, fino a concorrenza dei seggi che spettano a ciascuna lista in ogni circoscrizione, dapprima, i capolista nei collegi, quindi i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze;» e soprattutto i capilista possono essere candidati in più collegi, fino a dieci? Questi punti non hanno nulla a che fare con il tipo di legge elettorale, ma servono solo a perpetuare il potere dei segretari di partito e del primo ministro (che ricordo non essere il primo ministro ma il Presidente del Consiglio dei Ministri). Renzi come fa sempre parla, parla, parla nascondendo abilmente questi punti; l’opposizione interna al PD parla, parla, parla e fa solo casino; il resto dell’opposizione parla, parla, parla senza sapere cosa dire.

In tutto questo il ricorso alla fiducia su una legge elettorale (a parte i ricordi della legge Acerbo e della legge Scelba detta anche legge truffa) diventa strumentale: proprio perché è un “o con me o contro di me” («Se non passa, il governo va a casa») Renzi dimostra che non è la legge elettorale quello che gli interessa davvero. Proprio perché vale per tutti i gruppi politici, la legge elettorale non dovrebbe essere associata alla fiducia: sarebbe stato molto più logico fare prima una legge di un solo articolo che affermasse che le votazioni legate a una legge elettorale devono essere palesi – sempre per le ragioni di cui sopra – e poi votare. In quel modo non si sarebbero mischiati gli ambiti… ma a me continua a sembrare che invece questo mischione sia fortemente voluto. E questo non è bello.

(p.s.: a proposito del mischiare gli ambiti, la legge in dibattimento è l’unione di una proposta di iniziativa popolare e di varie proposte di iniziativa parlamentare, non di una proposta di iniziativa governativa. Capite perché porre la fiducia è pretestuoso?)

_Scienziaggini_ (ebook)

[copertina] Cristiano Micucci è per tutti Mix. Nonostante sia relativamente semplice trovare suoi testi in rete e anche all’interno di ebook, non aveva mai voluto pubblicare qualcosa di ufficiale; né è stato facile convincerlo a scrivere qualcosa per , perché continuava ad accampare banali scuse tipo il fatto che lui a scuola era stato rimandato due volte in matematica. Ma come sanno gli affezionati lettori della collana, quisquilie simili non sono certo un problema: la matematica è solo una scusa per scrivere qualcosa di interessante e piacevole da leggere.
In questo Scienziaggini (al solito lo trovate a un euro e 99 su amazon, bookrepublic e gli altri store) troverete capitoli rigorosamente seri, come quello sul costruire una macchina del tempo e quello sulla ginnastica informatica; capitoli di battute che potrete vendervi su twitter se riuscite a nascondervi bene da Micucci; ma soprattutto potrete scoprire come la fisica del ventesimo secolo abbia delle inquietanti somiglianze con i partiti e movimenti di sinistra in Italia. Già solo quest’ultimo testo a mio parere vale il prezzo del librino; e a parte questo, volete mettere la gioia di poter finalmente parlare male della matematica, e della scienza in genere, con cognizione di causa?

Le due culture

Aggiornamento: (in cima, così lo si vede) Peppe racconta nei commenti che alla fine, dopo uno scambio di spiegazioni su Twitter (!) la situazione si è risolta nel migliore dei modi. Ciò è bello, nonostante Twitter.

Una volta in Italia si diceva che l’Unica Vera Cultura è quella umanistica. Certo, il Palazzo della Civiltà del Lavoro riporta la scritta «Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori», ma gli scienziati sono sempre gente di serie b. Col tempo qualcuno magari ha pensato che suvvia, anche la scienza qualche minuscola particella di nobiltà minore forse ce l’ha: in fin dei conti uno dei più importanti scrittori in lingua italiana del XVII secolo, tal Galilei Galileo, non si dilettava solo di lettere. Così è nata la teoria delle due culture, umanistica e scientifica, ciascuna con la propria dignità e soprattutto che non può isolarsi nella sua torre eburnea ma deve interagire con la compagna e rivale.

Di per sé la cosa potrebbe anche andare bene, salvo poi vedere cosa succede in pratica. Leggo infatti da Peppe Liberti che tale Jacopo Cirillo – che io colpevolmente non conosco – scrive, anzi riscrive, uno strafalcione scientifico: «Semplificando in maniera orrendamente antiscientifica, se prendiamo un piano inclinato e una biglia e facciamo scorrere la biglia sul piano inclinato, la stessa biglia accelererà sempre di più e, se il piano inclinato è lungo all’infinito, la biglia accelererà all’infinito fino a diventare, non so, velocissima. Ma c’è un inghippo: la superficie del piano, di solito, è scabra, ovvero subisce l’azione della forza d’attrito che frena la biglia, alterandone il moto rettilineo.» In effetti è un testo proprio antiscientifico. La biglia non accelera sempre più perché quella che aumenta è la velocità, mentre l’accelerazione resta costante; e l’attrito non altera certo il moto rettilineo che continua a restare tale. Avete mai visto una biglia curvare e cambiare direzione mentre scende?

Tutto questo non sarebbe poi la fine del mondo: un errore, anche se ripetuto, capita a tutti. Peppe però aveva scritto un commento dal testo “Urge un ripasso della fisica di base, mi sa”, e ora questo commento stranamente non appare più. Perché due culture sì, ma solo a modo proprio.

Post scriptum: chissà perché ai miei amici “dell’altra cultura” (ma anche quelli “della mia cultura”) non viene mai in mente di parlare delle due culture: la cultura è una e una sola, anche se poi è naturale che ognuno approfondisca le parti a cui è più interessato. Ma forse io scelgo gli amici in modo strano.

chissenefrega di chi è stato

Non me ne importa un fico secco se la bomba carta scoppiata nell’Olimpico di Torino durante il derby sia stata portata dentro da juventini o torinisti. (Mi fa più specie che col cambiare delle ipotesi quelli di Repubblica lascino il titolo vecchioalla notizia e la cambino sotto gli occhi del lettore). Tanto il principio è identico: si può entrare in uno stadio portandosi certa roba, e nessuno se ne accorge.
È proprio impossibile non dico interrompere il campionato ma chiudere gli stadi per un anno?

il clickbaiting di Linkedin

Io ho un account Linkedin, come immagino parecchi di voi. A differenza di tanta altra gente, però, io di Linkedin me ne faccio ben poco: lo tengo più che altro come segnaposto se mai mi dovesse servire, e un paio di volte l’anno magari faccio qualche aggiustamento al mio curriculum che comunque è gravemente carente di informazioni. A causa del mio pesaculismo ho lasciato che Linkedin mi spedisca una lunga sequela di email, con i nomi di chi vorrebbe connettersi con me (a volte accetto, più spesso no: sicuramente chi scrive anche due righe ha maggiori possibilità…), con le notizie su cosa fanno i miei contatti (notizie che di solito salto, perché per i contatti che mi interessano quelle notizie le conosco già) e con i nomi di chi ha guardato il mio profilo. No, non guardo neppure questi ultimi: però quando oggi mi è arrivata mail di Linkedin che diceva “2 new profiles view – Who’s looking?” e “You received 4 endorsements. Review endorsements” (entrambi con link al loro sito) ho capito che hanno saltato lo squalo. Ma hanno così bisogno di mostrare accessi? Devono quotarsi in borsa? L’ultima trimestrale è andata male?

Aggiornamento: tanto per essere più chiari, ecco l’immagine della mail ricevuta (cliccate per vederla in grande)
linkedin1

linkedin2

Valdo Fusi

Ieri c’è stata la Festa della Liberazione, e ci sono state le solite polemiche che sento uguali da almeno venticinque anni (prima non so se ero io che non ci facevo caso, oppure le cose sono cambiate). A me dà fastidio che a quanto pare nei cortei si manifesti per la qualunque e non per ricordare quanto è successo nel 1945; non parliamo poi dei contestatori, che ovviamente mostrano il loro essere fascisti (come se servissero altri esempi).

Ma una cosa che non sono mai riuscito a capire sono quelli che si lamentano perché “i comunisti si sono appropriati del 25 aprile” (adesso forse persino Berlusconi preferisce dire “la sinistra” anziché “i comunisti”, ma il risultato è lo stesso). Perché ci sono quasi solo bandiere di sinistra? Magari perché gli altri negli anni se ne sono fregati. Ricordiamoci che il CLN aveva all’interno tutti i partiti dal comunista al liberale, che in quegli anni avevano messo temporaneamente da parte le differenze per il bene comune.

Pensando a tutto questo, oggi ho scoperto che uno dei libri sulla resistenza che lessi da ragazzo, Fiori rossi al Martinetto, è praticamente introvabile (non so quanto l’edizione Riccadonna sia recuperabile); peggio, ho scoperto che il suo autore Valdo Fusi non aveva nemmeno una voce su Wikipedia – per dire, il dizionario biografico Treccani ce l’ha. D’altra parte, Fusi aveva il grande svantaggio di essere cattolico e democristiano, e quindi torniamo al punto precedente. Vabbè, ho dedicato il pomeriggio a scrivere la voce Wikipedia, scoprendo tra l’altro che dopo la guerra fu l’avvocato difensore di uno dei giudici del processo di Torino raccontato appunto in quel suo libro. Mica l’aveva scritto lì :-) Diciamo che questo è il mio minimo contributo al ricordo della Resistenza.