Come zio Paperone!

Stamattina mentre uscivo dalla metropolitana ho adocchiato un centesimo a terra, nel passaggio sotterraneo, e me lo sono preso. Poi sono andato a prendere il caffè alla macchinetta, ho dato un’occhiata sopra la macchina – il vantaggio di essere alti – e ho trovato un secondo centesimo. Allora ringalluzzito ho guardato sopra le altre macchine di bevande varie, e ne ho trovato ancora un terzo.
C’è una carriera davanti a me che mi aspetta.

Calciogate

Non ho parlato dello scandalo del calcio italiano perché la cosa non è che mi interessi più di tanto, se non per fare qualche battuta ai colleghi davanti alla macchinetta del caffè. Ma leggendo un po’ in giro ho visto che non è esattamente così per tutti, e ci sono di quelle baruffe che in confronto quelle Prodi-Berlusconi sono roba da niente.
Premesso che l’unica cosa che so è che la giustizia sportiva punisce anche il tentato illecito, anche se non è stato effettivamente commesso, ci sono due punti che vorrei far notare. Mi affretto a ricordare che non entro nel merito della correttezza o meno delle sentenze rispetto alle accuse.
– Dare una penalizzazione di trenta punti, oltre alla retrocessione, alla Juventus è una presa per i fondelli, visto che è virtualmente impossibile tornare immediatamente in A con tutto quel fardello. Sarebbe stato più serio farla retrocedere in C1, come da proposta del PM.
– Sbagliare i conti dei punti da togliere al Milan in questo campionato, o meglio non accorgersi che l’Empoli non aveva la licenza UEFA e che quindi il Milan potrà comunque giocare in Europa nella prossima stagione, è un’altra presa per i fondelli.

differenza di orario

Questo weekend siamo andati a Chiavari, per cercare di prendere un po’ di sole e portare le gatte al loro soggiorno estivo dai genitori di Anna. Il secondo punto è significato in pratica prendere l’auto. All’andata i cartelli a messaggio variabile indicavano non meglio identificate code che alla fine ci hanno fatto perdere mezz’ora. Abbiamo provato ad ascoltare Isoradio, che però ha autostrade di serie A e di serie B, e la Milano-Serravalle è di questa seconda categoria. Aggiornamenti casuali, e le code sono “per traffico intenso” (no, c’è un punto in cui si va a una sola corsia, troppi stronzi che si fanno la corsia di emergenza e nessuna pattuglia della polizia a togliere patenti). Ma questa è un’altra storia.
Quello di cui volevo farvi partecipi sono i collegamenti di Isoradio con Trenitalia. Non tanto per i collegamenti in sé, anche se mi chiedo la loro utilità almeno fino a quando anche le aree urbane potranno ascoltare bene le loro frequenze, quanto per la terminologia utilizzata. I treni infatti non sono più “in ritardo”: è un termine troppo retrò per essere pronunciato in una trasmissione telefonica. Adesso il treno ha una differenza di orario di tot minuti. Differenza, esatto. Un termine assolutamente neutro, che dovrebbe nascondere o perlomeno indorare la pillola esattamente come quando decisero che il ritardo di un treno non si misurava in ore ma in centinaia di minuti.
Però a pensarci bene potremmo sfruttare opportunamente questa rinormalizzazione lessicale. Il deficit di bilancio diventerà una differenza di bilancio; le penalizzazioni nel campionato di calcio, una differenza di punti; i furti, una differenza di contante e/o attrezzature. Un bijoux, no?

Non si può fuggire dal proprio destino

Nella primavera del 2001 lo Cselt, dove lavoravo, diventò TILab. In qualità di rappresentante sindacale, diedi un’occhiata al piano industriale e decisi che non faceva per me; a metà luglio 2001 me ne andai nell’allora Saritel, altra azienda del gruppo Telecom.
In questi cinque anni ho cambiato un certo numero di casacche, sballottato dai flussi delle ristrutturazioni Telecom, e rientrando alla fine nell’azienda madre. Venerdì scorso esce una nuova comunicazione organizzativa: la funzione “Innovation & Engineering” di cui faccio parte viene ad assumere il nome… TILab – Innovation, Engineering, Testing.
Tanta fatica per nulla.

Libero

Ieri Anna aveva capito che Libero avrebbe pubblicato un’intervista a Francesco Cossiga dove l’ex-presidente diceva di aver fatto mettere le bustine di droga negli abiti degli oppositori politici. Beh, non era proprio così: le bustine finivano ai sospetti terroristi, come si può leggere nel testo; e soprattutto l’intervista era già stata pubblicata venerdì. Ad ogni modo ho investito un euro nell’acquisto del giornale in questione, e mi sembra il minimo farne una recensione.
Tra le notizie di venerdì, avevamo Israele che bombardava il Libano. Avevamo la sentenza del Moggigate che sicuramente ha un appeal ben maggiore nell’italiota tipico, tanto che anche blasonati quotidiani hanno usato quella come notizia principale. E invece no. Titolone, tutto maiuscolo: I SOLDONI DEL CORRIERE. Una Grande Inchiesta su quanto guadagnano i collaboratori esterni di RCS, con le frecciate, che continuano a pagina 2 e 3, sulle beghe interne al giornale e sulle copie da esso perse dopo che Mieli a marzo fece la sua scelta di campo per il centrosinistra.
Tralasciando la parte calcistica, passo a quella politica. “Prodi detta la linea: la canaglia è Israele”. Come si vede, il titolo è un’esplosione rispetto alle parole effettivamente pronunciate (“deploriamo l’escalation”). Ma questo non è strano in un giornale che a detta del suo direttore deve parlare alla pancia dei lettori, e non può perdersi in questioni filologiche. Lo si vede anche in un altro articolo: il titolo è “Il Financial Times bastona il Professore. Ma nessuno ne parla”, mentre il testo, che è la traduzione dell’articolo del FT, spiega come Prodi rischi la spaccatura della maggioranza per la questione del rifinanziamento della missione in Afghanistan. Non esattamente la stessa cosa.
Ma che possiamo dire di un quotidiano che per un’analisi della politica estera italiana fornisce un’intera pagina nientemeno che… a Renato Brunetta? Sì, proprio lui: l’economista diversamente alto di Pravisdomini, sul quale ho già avuto dei dubbi quando parla di cose nel suo supposto campo. È vero che siamo in tanti, io in prima fila, a sproloquiare su tutto; ma almeno nessuno paga per leggermi, né la diffusione delle mie perle di saggezza è così capillare.
Termino con le pagine delle lettere, perché sono sempre il miglior specchio della linea di un giornale. Abbiamo ben cinque lettere di persone che ce l’hanno con Berlusconi perché “ha calato le braghe” nella questione D’Elia e per il decreto salva-Irap, e temono capiterà lo stesso con l’aiutino al governo per il rifinanziamento delle missioni all’estero. C’è chi si lamenta perché “Questa sinistra italiana è riuscita a farci vedere una mortadella che innalza una coppa. Mondiale.” (immagino volesse essere una battuta salace). C’è il diciannovenne che scopre che Scalfaro ha collaborato attivamente coi partigiani nei cosiddetti “tribunali del popolo” (il giovine ha fatto un po’ di confusione, vabbè), che Pertini “esaltò più volte l’uccisione di Mussolini, per non parlare del fatto che omaggiò diverse volte Stalin” (e a leggerlo così si direbbe che l’atto peggiore fosse il primo); e termina chiedendo come e perché queste persone – e sarò prevenuto, ma leggo ttra le righe il nome di Napolitano – siano arrivate alla Presidenza della Repubblica. C’è infine chi dice che “i compagni hanno politicizzato anche il calcio: per colpire Berlusconi hanno colpito il Milan” e suggerisce a Silvio di creare un campionato lombardo-veneto, più la Lazio (il lettore spiega di tifare per quella squadra, e credo pochi rimarranno stupiti a saperlo). Finché non ci si ricorda che l’Italia è anche questa, tante cose non si possono capire.

René Magritte – L’impero delle luci (mostra)

Dopo il tentativo andato buco, oggi abbiamo sfruttato la mia giornata di riposo per donazione sangue per provare a vedere se la mostra comasca su Magritte, che terminerà dopodomani, fosse visitabile.
Bisogna dire che ce l’abbiamo fatta: non c’era praticamente nessuno, e anche la giornata di sole era tutta un’altra cosa rispetto alla pioggia di fine aprile.
La mostra di per sé è interessante, anche se mi ha fatto capire come Magritte debba avere dipinto un numero esorbitante di quadri, visto che tra le sessanta opere presenti ce ne sono ben poche tra quelle note al grande pubblico. Di calligrammi, ad esempio, ce n’erano pochissimi, e nemmeno troppo famosi. Forse era troppo aspettarsi il “ceci n’est pas une pipe”, ma insomma…
In compenso abbiamo scoperto che Magritte prima del surrealismo ha avuto un periodo cubista e metafisico, ma soprattutto che c’è stato dopo la seconda guerra mondiale persino un periodo impressionista, incredibile a dirsi.
Due sole parole su Villa Olmo: è molto bella, però mi sembra sprecata per una mostra come questa dove sei costretto a nascondere le pareti per esporre i quadri.

Un mondo incredibile

Visto che le nostre magliette erano state sequestrate da PosteItaliane, stamattina siamo andati a recuperarle: non al solito ufficio postale ma all’UDR Isola – un nome che sembra tanto un partito post-DC, ma non ci posso fare molto – in via Valtellina.
Ho scoperto un mondo di cui non conoscevo affatto l’esistenza. Ci troviamo dentro lo scalo (ex-scalo?) merci Farini, uno spazio enorme che uno si chiede se la Città della Moda non la potevano fare là invece che rompere le palle nella zona di via Confalonieri. C’è un bar che probabilmente è di tipo dopolavoro, visto che il caffè costa cinquantacinque centesimi. Ci sono camion che entrano – non li abbiamo visti uscire ma sono certo che lo fanno ogni tanto. C’è la sede della Ecolog, società con il logo FS che si suppone sposti su e giù per l’Italia la rumenta; c’è la sede dell’Omnia Express, che sposta le merci che non sono rumenta; c’è un casellario delle Poste, e in fondo in fondo c’è un magazzino di logistica, di quelli dove si entra passando attraverso i fermi in plastica dura. Escono un paio di persone, chiediamo loro dov’è l’UDR, e ci rispondono “qui dentro”. Siamo entrati in questo enorme magazzino di logistica: un’impiegata ci fa segno di andare da lei, consegniamo il foglietto e ci porta nella sottozona giusta del cap 20124, dove tira fuori la bustona con le magliette. Prendo la busta e faccio “devo firmare qualcosa?” La risposta è “no, dia qua”, prende il foglietto e lo strappa.
Comincio a capire perché i pacchi si perdano.

Turani e le percentuali

Giuseppe Turani è un noto (notorio?) giornalista finanziario di Repubblica. Una delle sue rubriche fisse si intitola “Ottovolante”: nel numero odierno spiega perché il PIL non aumenterà molto nel 2007, facendo notare come Germania, Francia e Italia devono mantenere politiche restrittive, e che i tre paesi insieme fanno il 70% del prodotto interno lordo dell’area euro. Come prosegue? spiegando come “quasi i quattro quinti del Pil europeo saranno sottoposti a politiche […] di tipo restrittivo”.
Tralasciamo la banalità che tra l’area euro e l’Europa – anche solo l’UE – c’è una piccola differenza contenente la Gran Bretagna. Però c’è qualcos’altro che non va: il 70% al limite è quasi i tre quarti del totale, non i quattro quinti. (per me è “poco più dei due terzi”, visto che 66.6 è più vicino a 70 rispetto a 75, ma posso concedere un po’ di retorica a un giornalista)
Qualcuno può mica regalare una calcolatrice tascabile a Turani?