Il 7009 colpisce ancora

D’accordo, non dovevo farlo. Mentre stasera aspettavo il tram, mi sono messo a leggere. Così sono salito, ho timbrato e non ci ho pensato più, fino a quando stava per essere l’ora di scendere. Mi sono alzato, ho ripreso il biglietto da timbrare in metropolitana, e l’ho guardato distrattamente. L’ora segnata di timbratura erano le 12:20. Più che un dubbio, mi prende la certezza: cerco il numero della vettura e verifico che è la 7009. Per tutto settembre sono stato attento al numero della vettura che prendevo: la prima volta che non ci faccio caso ripiglio il tram con la macchinetta killer.
Stavolta provo a comunicare la cosa al gabbiotto della metropolitana, tanto non avevo tutta quella fretta: scopro così che dire “7009” non significa nulla per il dipendente Atm (o magari aveva capito “79”, visto che quel bus passa in piazzale Abbiategrasso) e ci voleva la parolina magica “Sirio”.
Comunque è stato un viaggio di ritorno interessante: per la prima volta mi sono trovato due suonatori ambulanti nello stesso viaggio (Sant’Ambrogio-Lanza e Garibaldi-Centrale), e ho dovuto bloccare la chiusura delle porte della gialla per permettere a una signora cinese con passeggino di entrare (ovviamente non c’è stata una scena tipo Corazzata Potiemkin: io e la signora eravamo già lì e aspettavamo di fianco alle porte che scendessero tutti, e il macchinista ha deciso di azionare il fischio di chiusura mentre ancora usciva qualcuno) Sì, per fortuna domani c’è sciopero dei mezzi.

il business dell'energia

Chi ascolta Radio Popolare ha già sviluppato una fastidiosa forma di allergia non appena sente uno dei suoi jingle pubblicitari: sto parlando di La duecentoventi, operatore energetico “alternativo”. Se qualcuno si sta chiedendo come fa ad esistere, visto che c’è il monopolio, la risposta è abbastanza semplice: il monopolio vale solo per le utenze domestiche (e fino all’anno prossimo), mentre per le utenze commerciali è stato eliminato già l’anno scorso. Quindi il negozio potrebbe già scegliere qualcun altro con cui fare il contratto, ma io no. Perché allora fare pubblicità con un anno di anticipo? Per preparare la volata, immagino. Infatti da qualche mese si è aggiunta anche la pubblicità di Sorgenia, che poi non è altro che la vecchia Cir Energia del Carlo De Benedetti che si è fatta il lifting e si è dimenticata che qualcuno potrebbe anche digitare http://sorgenia.it senza il www (provare per credere, la test page di Apache è rimasta visibile per due settimane, qualche giorno in più ci rimarrà pure, no?).
Mi sa tanto che ci sia qualcosa dietro tutto questo interesse per il contatore della luce di noi poveri mortali: anzi, ci devono essere dei truschini ancora peggiori. Basti pensare alla lettera che Anna, in qualità di padrona di casa, ha ricevuto qualche giorno fa. Tale Tesi srl, “energy service company operante nel settore dell’efficienza energetica in conformità a quanto stabilito dai D.M. del 20.07.04” ecc. ecc., voleva che rispondessimo a un questionario energetico, e in cambio ci avrebbe fornito ben cinque (5) lampadine a basso consumo Classe A. Il tutto ovviamente insieme a una serie di dati personali che se non arrivava alla nostra taglia di mutande ci andava vicino, e un’autorizzazione obbligatoria a permettere di trasmettere i nostri dati ad aziende operanti nello stesso settore merceologico.
Per i curiosi, anche se l’ufficio operativo è a Genova (si sa, si parla di risparmio… meglio stare con gli esperti) la sede legale è a Bolotana, ridente – immagino – paesino in provincia di Nuoro. Il sito? non esiste, c’è giusto la email tesisrl@infinito.it.
Ok, a pensare male si fa peccato, ma mi chiedo esattamente quale sia il business di Tesi srl, e soprattutto quante diavolo di società sono pronte a inondarci di pubblicità.

fortuna che lo sciopero è domani

Stamattina ero persino in anticipo, e sono sbucato su dalla metropolitana in piazzale Abbiategrasso alle 8.38. Il display della fermata del tram scriveva “15: transito”, e in effetti un tram era appena partito. Beh, penso, non è la fine del mondo. In effetti non è stata la fine del mondo, ma una semplice attesa di ventidue minuti: il tram successivo è infatti arrivato lemme lemme alle nove in punto. Era anche da solo, nel senso che non è che stesse facendo da tappo a una sfilza di vetture che non potevano ovviamente superarlo. In questi ventidue minuti sono passati quattro 3, a coppie come i carabinieri: stava anche per arrivarne un quinto, giusto per la cronaca.
Già il fatto che non ci fossero altri tram dietro mi rende dubbioso sul ritardo dovuto a problemi di traffico, e non a un paio di vetture che non giravano; ma vorrei fare notare un’altra cosa. Come ho scritto sopra, alla fermata di piazza Abbiategrasso c’è un simpatico display comandato remotamente. Tale display per tre minuti dopo che sono arrivato ha lasciato scritto “15: transito”, per poi passare al mutismo assoluto (“15:”), all’ammissione di impotenza (“15: *”); solo dopo un quarto d’ora dal mio arrivo si è visto un orario previsto. Non so quanti soldi sia costato questo sistema, ma quello di oggi è un suo tipico “funzionamento”. Non sono inoltre mai riuscito a capire se i messaggi che a volte scorrono in questi pannelli siano selezionabili per singola fermata o gruppo di fermate, nel qual caso sarebbe stato carino provare a scrivere “scusate, abbiamo dei problemi”. Il guaio con ATM è che tanto non l’avrebbero scritto lo stesso…
Perlomeno, domani non ho di questi problemi, visto il loro sciopero; bicicletta e via.
(messaggio in codice per chi sa: il fattapposta era dove l’avevo lasciato)

E la Kamkatcha?

A quanto pare, freddo pioggia e fango hanno creato un ingorgo di cinquecento tra auto e camion “lungo alcuni chilometri” in Siberia orientale, nella… Yakuzia. L’articolo racconta un po’ di cose in stile “forse tutti non sanno che” o servizio del Tg2/Studio Aperto; ma si dimentica dell’unica ragione per cui qualche generazione di italiani, compreso il sottoscritto che pure lo odia, sa dove si trovi la regione: il Risiko.

trenitalia punto boh

In questi giorni Anna è stata a tenere un corso a Pescara. Il corso durava due giorni e mezzo, e quindi terminava oggi a pranzo. Solo che non era sicura di riuscire a prendere l’eurostar delle 13:54, e quindi non aveva fatto il biglietto di ritorno. Oggi all’una e trentacinque mi arriva una sua telefonata: «sei davanti al pc? per favore fammi il biglietto online, che qua in biglietteria c’è una coda impossibile e le macchinette automatiche sono tutte scassate». La mia connessione internet in ufficio è molto più lenta di quella di casa (mai capito perché), ma con un po’ di fatica riesco a fare il biglietto e pagare con la mia carta di credito. Già che ci sono, uso il famoso servizio “invia notifica ticketless al telefonino”, ovviamente di Anna. Per sicurezza, le anticipo il numero del posto.
Dieci minuti dopo, Anna mi richiama e mi dice «guarda che non mi è arrivato l’SMS: mi puoi spedire tu i dati?» Cerrrto, faccio io, e scrivo tutto compreso il codice di prenotazione.
Tre quarti d’ora dopo, Anna mi chiama per la terza volta, e fa «Per Trenitalia, la mia prenotazione non esiste, nonostante poi mi sia arrivato in duplice copia il loro sms di conferma. Adesso il controllore farà controllare il server centrale, altrimenti…» e inizia a spiegarmi una procedura che mi sono rifiutato di memorizzare.
Ho ricontrollato la pagina (il bello della navigazione a tab è che li puoi tenere a piacere): si dice che il pagamento è stato effettuato. Forse che hanno qualche problema di rete?

(Ir)reality e (non)fiction

Praticamente tutto quello che io so dalla televisione arriva dai giornali, solitamente quelli gratuiti; quindi ogni tanto mi capita di scoprire cose che non avrei mai voluto conoscere. Prendiamo oggi: la triade Leggo Metro City mi ha fatto sapere che all’Isola dei famosi c’è stata una rivolta dei partecipanti, che hanno minacciato un ammutinamento. Nella puntata odierna scopriremole pene che la produzione del reality comminerà ai dusobbedienti. Fin qua a dire il vero non c’è nulla di paricolarmente strano: basta prendere i dati Auditel, confrontarli con quelli degli anni passati, scoprire che la Ventura sta perdendo ascoltatori e immaginarsi che qualcosa avevano pure da tirare fuori. Neanche la copertura della notizia è fuori dalla norma: il quotidiano Rcs si limita a un trafiletto, il quotidiano globale una colonna, e i Caltagirone strabordano, con un’intera pagina e richiamo in prima.
Mi ha lasciato molto più perplesso la pagina delle lettere su Metro. Io ho scoperto solamente ieri sera, e assolutamente per caso, che in Distretto di polizia N il personaggio Memphis, a quanto pare amatissimo dai fan della serie, è morto. Bene: presumibilmente in seguito alla letta di una telespettatrice disperata, sono state pubblicate varie lettere al riguardo, arrivando al coming out di una tipa che ha confessato senza remora alcuna di avere scelto di non guardare le puntate di quest’anno dopo aver saputo della ferale notizia, e ai consigli su altre serie da usare come metadone… ehm, succedanei se proprio non si riesce a farne a meno. So bene che la politica editoriale di Metro favorisce la quasi rissa tra i lettori sui temi più futili, però arrivare a parlare in questo modo di una serie tv mi pare sia un triste specchio della società italiana.

orologiao

Da quando ho scoperto gli orologi analogico-digitali Casio, circa vent’anni fa, sono rimasto loro fedele: costano poco, sono relativamente piccoli e fanno tutto quello che mi serve. Il che significa che ne ho avuti tre: uno si è definitivamente rotto, il secondo è quello che stavo usando in questi giorni perché il terzo si era fermato del tutto, dopo un tentativo di rianimazione a inizio settembre.
Il problema è che ho comprato tutti e tre quegli orologi a Torino, in un negozietto dietro piazza Castello, e avevo dei problemi a fare un viaggio apposta; e da quello che vedevo Milàn l’è un gran Milàn ma gli unici Casio che trovavo erano quelli che si connettevano con Francoforte per regolare l’ora, il che dal mio punto di vista è overkilling. Immaginate dunque la mia gioia stamattina: mentre il corteo passeggiava amabilmente per via Pirelli ho visto un negozio di orologi – e non una gioielleria, notate bene – con il logo Casio bello in vista.
Oggi pomeriggio sono così passato nel negozio, e dietro esborso di 25 euro sono il felice proprietario di un orologio praticamente identico al precedente, giusto con i numeri più grandi e il quadrante bluette invece che nero (ok, anche senza luce, ma il penultimo era anche così). Ero indeciso se prenderlo con il quadrante quadrato come il mio primissimo orologio, ma mi sono innamorato a prima vista dell’altro.
Solo che in un impeto di follia ho anche speso cinque euro per cambiare la piletta dell’ultimo orologio, sapendo che non lo userò probabilmente mai. Non so, mi è venuto in mente una storia dove Paperino apriva l’armadio e sceglieva una delle dieci bluse da marinaio tutte identiche…