Dopo un paio di mesi che ho aperto il conto su IWBank, posso iniziare a dare qualche giudizio.
Innanzitutto, non è un conto per chi abbia bisogno di andare allo sportello: giusto per darvi un’idea, occorre pagare per fare un versamento (nelle banche del gruppo UBI o alle Poste). Naturalmente il prelievo via bancomat è gratuito da ogni banca, altrimenti sarebbe sì una fregatura. Anche l’accesso telefonico è a pagamento: insomma, bisogna fare tutto via Internet, c’è anche la chat per parlare con gli operatori. Beh, a dire il vero a Milano c’è lo sportello di corso Europa che è molto comodo, visto che dal lunedì al venerdì è aperto fino alle 20 e il sabato fa 10-18. L’altra cosa è che non è possibile dire “lascio lì i soldi e amen”. Questo era possibile fino all’anno scorso, adesso il conto corrente vero e proprio ha tasso creditore zero e bisogna mettere i soldi in quello che loro chiamano “comparto IWPower”, che dà il 4% lordo l’anno capitalizzato mensilmente. I soldi si possono mettere e togliere istantaneamente, ma questo significa comunque che devi fare molta attenzione alle tue spese per non far finire in rosso il tuo conto pur avendo tanti soldi.
In compenso le operazioni sono veloci: mi sono spostato senza problemi tutti i RID che avevo, e anche la richiesta degli assegni è stata indolore… se non per il fatto che ufficialmente non puoi chiederli se non hai accredito dello stipendio, 10000 euro sul conto e il conto stesso attivo da almeno sei mesi. Però io il martedì pomeriggio sono andato allo sportello facendo notare che per me non era bello aspettare sei mesi e hanno fatto richiesta di sblocco del blocco; mercoledì pomeriggio ho provato a fare la richiesta online che è stata accettata; giovedì sera mi hanno scritto che i libretti erano pronti.
Sulla parte di trading non vi posso dire nulla, perché non la uso; infine devo ancora scoprire come non farmi mandare i comunicati commerciali :-(
Giudizio finale: probabilmente c’è di meglio, ma sicuramente c’è molto di peggio. Per chi vuole saperne di più, il loro sito.
Flessibilità e contributi
Il nostro ministro del Welfare (anzi no, del Lavoro e Previdenza sociale… d’altra parte, checché tanti ne pensino, la lingua ufficiale qui da noi è l’italiano) Cesare Damiano è uscito con una proposta sconcertante: portare al 33 per cento i contributi previdenziali dei lavoratori flessibili, «incentivando così indirettamente i contratti a tempo indeterminato».
Giusto per mettere le cose in chiaro: i lavoratori dipendenti pagano già il 33% del loro stipendio in contributi previdenziali: il 9.19% lo si vede direttamente in busta paga, il resto è silenziosamente messo dall’azienda, e fa parte del famigerato “costo del lavoro”. Ora, è molto bello che dopo un anno abbondante un ministro in carica si sia accorto che è molto più conveniente per un’azienda prendersi un precario e pagare meno contributi, piuttosto che assumere qualcuno e pagarne di più. (Ovviamente nel governo prima questo lo sapevano perfettamente, ma questa è un’altra storia). Però mi stupisce che Damiano sia riuscito a fare 33 ma non 34, anzi 40. Insomma, se si vogliono incentivare le assunzioni allora all’azienda il co.co.pro deve costare di più, non lo stesso di un assunto a tempo indeterminato. Senza contare che la parte in più di contributi potrebbe essere utilizzata come figurativa per i periodi in cui un precario non trova lavoro. Epperò ho come il sospetto che una proposta del genere potrebbe fare cadere davvero il governo…
Il mondo deve sapere (libro)
Iniziamo a dire cosa c’è che mi suona male in questo libro (Michela Murgia, Il mondo deve sapere, ISBN edizioni, pag. 123, € 10, ISBN 9788876380440). Non è il fatto che sia nato come un blog che poi è stato cancellato in seguito alla pubblicazione: chissenefrega. La rappresentazione interna del call center Kirby credo anche sia in buona parte vera: avrei al più dei dubbi sulle “slide motivazionali”, ma non ho elementi per giudicare. Quello che è strano è da un lato la chiusura brusca della storia, e i veri motivi per cui una persona “con studi di teologia” (terza di copertina) abbia fatto prima la callcenterista e ora la receptionist. Perché il libro è scritto davvero bene, e te ne accorgi già dalle prime pagine, dietro la prosa fintamente banale con frasi brevi e giustapposte; e ovviamente applica l’equivalente letterario delle tecniche di intortamento della “moglie del signor Mario”… con la scusa che il libro è definito come “romanzo” e quindi ufficialmente di vero non c’è nulla. Ad ogni modo, la lettura la merita.
Un’ultima nota sul libro inteso come oggetto: a parte il vezzo di colorare di rosso il bordo delle pagine come un racconto pulp, devo dire che la carta che Isbn edizioni usa è davvero molto bella.
PC a energia solare
Ho trovato su Slashdot questo articolo che racconta come D Lenovo (ex-IBM), HP e Dell stiano vendendo sistemi a energia solare per far girare i propri PC. Prima che corriate a comprarne uno, però, sarà meglio spiegarvi che la cosa è l’equivalente dei fumetti con una utilitaria che ha un’enorme roulotte dietro: “sai, sono le batterie…”
In pratica, il ThinkCentre A61e di Lenovo consuma solo 45 watt e scontato viene 399$. Se però vuoi farlo girare a energia solare, devi prendere il Solar-PowerPAC II della Advanced Energy Group, che gira su un carrello, costa 1229 dollari più spese di spedizione, e pesa 38 Kg. Direi che non ci siamo ancora…
butti tre e prendi uno
Taz70 pontifica (lo scrive lui :-) ) sulla proposta di Nicolais di incentivare tre pensionamenti nella pubblica amministrazione per assumere contestualmente un nuovo gggiovine. Premetto che la cosa non funzionerebbe, ma non per le ragioni che si possono immaginare a prima vista.
Innanzitutto, è chiaro che il costo di un prepensionamento di uno statale è indicativamente uguale al costo di lasciarlo in ufficio: sono sempre soldi pubblici e sono sempre gli stessi soldi. Quindi l’operazione sembrerebbe portare un aggravio di spesa pari ai soldi dell’assunzione della nuova persona. Se però, come Nicolais lascia trasparire nemmeno troppo tra le righe, i tre da far fuori si limitano a scaldare le sedie o quasi – diciamo che sono al minimo indispensabile per non potere essere licenziati, il che è davvero poco – allora la cosa cambia. Infatti c’è tutta una serie di costi impliciti, come quello del mantenimento di strutture informatiche ma anche di palazzi per ospitare molti più dipendenti di quanto servirebbero davvero – che verrebbero eliminati: se poi si assumessero i consulenti che già adesso stanno facendo il lavoro, e che dovrebbero appunto essere tagliati nel piano complessivo della proposta, si vede subito come in effetti ci potrebbe essere un risparmio.
Ciò detto, io non credo affatto a tutto questo, e sono ragionevolmente certo che Nicolais abbia semplicemente applicato il famoso sistema “spostare la polvere sotto il tappeto”: nel bilancio dello Stato gli stipendi della funzione pubblica sono sotto il nome suo, le pensioni no :-)
2037: l'anno delle catastrofi
Un trafiletto della Stampa cartacea di ieri raccontava di un’indagine commissionata dall’Ambasciata britannica in Italia e dal British Council. L’indagine non è sull’uso della lingua inglese o sui rapporti con gli albionici, come uno potrebbe aspettarsi: il titolo è infatti “2037: Previsioni sul mondo che cambia”, fatta su un gruppo di giovani italiani e inglesi, e di cui il trafileto non spiega praticamente nulla. D’altra parte, non serviva nemmeno fare un’inchiesta: lo sappiamo tutti che nel 2037 i sistemi Unix a 32 bit manderanno in overflow il contatore della data: altro che il Y2K bug!
Un milione non è poi così grande
Articolo su La Stampa. Titolo: “I ghiacciai dell’Artide si stanno ritirando”. Dichiarazione: «L’area coperta da ghiacci si è ridotta ad appena tre milioni di metri quadrati».
Simpatico, vero? soprattutto perché tre milioni di metri quadrati equivalgono a tre chilometri quadrati. (Per i curiosi, l’anno scorso si parlava di 5.5 milioni di chilometri quadrati).
D’altra parte, quando si parla di “milioni” il numero è già così grande di suo… :-( e in effetti l’errore commesso è stato di un fattore 1.000.000 (un milione)
Matematica all’Università Maharishi
Per un vecchio beatlesiano come me, la parola “Maharishi” fa venire subito in mente Sexy Sadie. Ma il Maharishi Mahesh Yogi non si è certo fermato lì. Infatti ha fondato la Maharishi University of Management, che ha tutta una serie di corsi universitari, tra cui quello in matematica. Vale la pena leggere i nomi dei corsi: non so se preoccuparmi di più del corso sull’infinito, che ha come definizione “Dall’Insieme Vuoto all’Universo Illimitato di Tutti gli Insiemi — Esplorare l’Intera Matematica e Vedere la sua Sorgente nel Vostro Io”, oppure del corso di matematica di base, dove gli studenti “studiano l’aritmetica egli interi, le frazioni, le frazioni decimali, i rapporti e le percentuali, con un’enfasi sulle applicazioni”. Per onestà, aggiungo che generalmente i corsi, anche se con nomi piuttosto esoterici, sembrano assolutamente standard, come si può leggere dalle loro descrizioni.
(per i curiosi: avevo scoperto il link via Ars Mathematica)