hai avuto una giornata pesante?

Beh, in questo caso, prima di farti scoppiare la bile in corpo, cosa che generalmente non ti migliora affatto la situazione, ti consiglierei questo simpatico giochino, che finalmente vendica la dissennata decisione di Microsoft di rinominare il campo minato in “prato fiorito” per timore che le malleabili menti degli utenti Uindous potessero essere turbate da qualche pixel colorato di rosso e un eventuale rumorino.
Nel gioco ci sono solo e unicamente delle mine che si muovono qua e là per lo schermo, e lo scopo del giocatore è quello di farle scoppiare. Per riuscirci, ha una sola mossa a disposizione: cliccare su una delle mine, che scoppierà. L’onda d’urto si propagherà alle mine vicine: bisogna quindi scegliere opportunamente il primo brillio, per ottenere una reazione a catena sufficientemente duratura per riuscire a passare il livello. Io mi sono fermato al settimo livello, e già per arrivare fin lì mi sembrava di essere uno studente fuoricorso che si ostina a ripetere sempre lo stesso esame, rimanendo ogni volta trombato: voi magari riuscite a fare meglio.
PS: si può togliere il suono, ma mi sa che l’utilità del giochino come sistema antistress cali molto.

The Meaning of It All (libro)

[copertina] Il secondo libro di Feynman che ho recentemente letto (l’altro è recensito qua, giusto per la cronaca) raccoglie tre conferenze – le Danz Lectures – tenute da Feynman nel 1963 su scienza, filosofia, religione e società (Richard P. Feynman, The Meaning of It All, Penguin Book 2007 [1988], pag. 133, Lst. 7.99, ISBN 978-0-141-03144-6). Il risultato a mio parere è molto inferiore; ci sono degli ottimi spunti, soprattutto nella prima parte in cui spiega come funziona il metodo scientifico, ma poi si perde parecchio nella seconda parte, in cui cerca di spiegare perché la religione non è scientifica, cosa sulla quale tutti credo siano d’accordo. La terza e ultima conferenza, messa su in fretta e furia perché aveva finito gli argomenti che si era preparato, è interessante come fonte di aneddoti e per come Feynman cerchi di applicare il metodo scientifico alla sua stessa conferenza, per la precisione ai suoi pregiudizi anticomunisti: il fatto che non ci riesca poi così bene è assolutamente illuminante su come il metodo scientifico non sia affatto facile da seguire ;-)
PS: Almeno per me, l’accenno finale all’enciclica di Giovanni XXIII (immagino la Pacem in terris) è assolutamente incredibile. Probabilmente – per uno come me che nel 1963 è nato, figuriamoci per i più giovani – è difficile capire come il suo papato, e la presidenza di Kennedy, siano stati visti come una rottura completa col passato.

The Pleasure of Finding Things Out (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro e del seguente, va’ su Galileo!)
Feynman è un nome che dovrebbe essere relativamente noto a chiunque sia interessato alla scienza, e per la precisione alla fisica. Ma è anche stato un oratore sempre pronto a stupire il pubblico con i suoi effetti speciali, e le sue conferenze erano scoppiettanti. Nel primo dei suoi due libri che ho ultimamente letto (Richard P. Feynman, The Pleasure of Finding Things Out, Penguin Book 2007 [1999], pag. 270, Lst. 8.99, ISBN 978-0-141-03143-9) Jeffery Robbins raccoglie una “dozzina del fornaio” (cioè tredici) discorsi tenuti dal Nobel presso varie sedi, in modo da dare un’idea della sua arte oratoria… e naturalmente dei suoi pensieri e delle sue idee provocatorie. Rispetto ad altre raccolte, qui si parla più del suo approccio alla scienza, da quando suo padre – che aveva detto a sua madre incinta “se sarà maschio dovrà diventare uno scienziato” – gli insegnava ad osservare il mondo a come lui concepiva l’insegnamento, senza naturalmente riuscire mai a metterlo in pratica. La sua relazione di minoranza per il disastro del Challenger resta però un esempio da leggere e rileggere, anche e soprattutto in Italia.
Ah: come scritto nella prefazione, non cercate di imparare l’inglese da come lui parlava; il suo inglese era molto colloquiale.

È sanvalentino®

Google Docs in versione San Valentino Questa (cliccaci su per vederla un po’ meglio) è la schermata che stamattina mi è apparsa quando mi sono connesso su Google Docs (quello funzionava, sì).
Già mi sarei arrabbiato a leggere “Happy Valentine’s Day!” su sfondo rosa in cima alla schermata. Ma trovarmi tutto in rosa, e le stelline che sono diventati cuoricini mi fanno pensare che la melassa ci ha ormai sopraffatto.
Giusto per riempire un po’ la colonna dei commenti: che ne pensate, voi? (no, non della festa di sanvalentino®, sparlare di essa è troppo mainstream! Parlo proprio della trasformazione odierna di Google Docs)
(Nota che non c’entra nulla con il resto, ma tanto sono qua a scrivere… In compenso, oggi il proxy fa passare i viedo di YouTube. Sarà un altro effetto di sanvalentino®?)

Il mio Gmail non si sente bene

Stamattina d’un tratto Gmail ha deciso di non funzionare, nel senso che se clicco sopra un messaggio non me lo apre, se provo a cliccare su un folder non me lo apre, eccetera eccetera. Però ad esempio se clicco su “seleziona tutto” vengono effettivamente selezionati tutti i messaggi: quindi sono solo relativamente poche le azioni che non fa. Peggio ancora, se ad esempio posiziono il puntatore su un messaggio, questo si trasforma in un ditino, proprio come un link: è solo il clic che non fa nulla.
Ho provato la tecnica dell’informatico: nulla. Ho disabilitato Better Gmail: nulla.
Sempre peggio: facendo uno strano giro per arrivare ai setting gmail (mica posso cliccare sulla pagina!) mi arriva questo minaccioso messaggio:
We’re sorry, but your Gmail account is currently experiencing errors. You won’t be able to use your account while these errors last, but don’t worry, your account data and messages are safe. Our engineers are working to resolve this issue.
ma se uso (ehm…) Internet Explorer funziona tutto.
Mo’ che faccio?
Aggiornamento: (21 febbraio) Lunedì era tutto a posto, ma stamattina è di nuovo bloccato. Giovedì Guai Gmail, insomma.

Codette di pagliuccia

Leggo da Alberto Biraghi che l’ufficio stampa del PD non è affatto d’accordo sul chiamare le consultazioni interne per scegliere i candidati alle prossime politiche “primariette”. Cito verbatim:
«Il termine ‘primariette’ non ci appartiene e dipende esclusivamente da una scelta del giornalista che, con tale termine, esprime anche un giudizio, che noi stigmatizziamo, su un importante strumento democratico con cui il partito sta completando il suo processo costituente, anche in vista della prossima tornata elettorale».
Repubblica, sempre fedele alla linea, si è subito allineata al diktat uolteriano: come si può ora leggere, adesso l’articolo recita «Primarie, no meglio “primariette”. Anzi, per correttezza è più giusto chiamarle “consultazioni”». Il maanchismo, insomma, stavolta si perde del tutto.
Eppure il De Mauro, alla voce “-etto”, recita è usato produttivamente con valore diminutivo, a volte con connotazione affettiva e solo più in basso aggiunge può assumere talvolta connotazione ironica o, anche, spregiativa. Personalmente, quando ieri ho visto il termine, l’ho subito adottato pensando a parole come “superette” ((piccolo supermercato) e ritenendo che corrispondesse perfettamente alla valenza di “piccole primarie”, senza alcun intento ironico. Però vedere questa piccata presa di posizione mi fa immaginare che al loft del PD non siano così paciosi e felici come vorrebbero far credere: a questo punto credo che non mi periterò di usare la parola come vogliono loro :-)

La posta in gioco (libro)

[copertina] La posta in gioco è stato il titolo della rubrica settimanale dei giochi su La Stampa (ora purtroppo scomparsa). Con lo stesso nome, Stefano Bartezzaghi ha scritto questo libro (Stefano Bartezzaghi, La posta in gioco, Einaudi ET Pop 2007, pag. 254, € 12, ISBN 978-88-06-18653-1) che raccoglie alcuni dei temi trattati in quegli anni, rivedendoli per evitare i problemi dovuti all’allora attualità che non è più attuale e cercando di dare un’aria un po’ più omogenea rispetto a quanto pubblicato all’epoca. Non che ci sia riuscito più di tanto, visto che per nostra fortuna Bartezzaghi è un digressore nato! Ma oltre ai giochi c’è la “parte seconda”, in realtà una grande appendice, che si intitola “Le poste in gioco” e parla di alcuni dei più grandi giocologi… che scambiavano lettere con i solutori dei loro giochi. Si va così da Lewis Carroll a Giampaolo Dossena, passando per Martin Gardner e per i Wutki, e questo libro è probabilmente l’unico da cui potrete sapere qualcosa di loro.

Dichiarazione di voto

Tra due mesi si vota per le politiche. Voi sapete già cosa farete? Io sì. Andrò al seggio, e annullerò con molta cura le schede. Potrei forse (forse) cambiare idea se qualche partito decidesse di non presentare i suoi maggiorenti in più di una circoscrizione, e chiedesse almeno ai suoi iscritti in che ordine mettere i candidati sulla lista, ma non è nemmeno detto.
Nulla di strano: due anni fa mi ero detto “questa è l’ultima volta in cui vado a votare senza potere indicare chi preferisco”, e cerco di rimanere coerente. Né me ne può fregare di meno degli alti lai di quelli che, sapendo che le mie preferenze non sono certo per l’attuale centrodestra, mi diranno che così faccio il gioco di Silvio. Tanto non è che il governo Prodi II abbia fatto chissà che cosa per me.
A chi mi ha già detto “perché non vai semplicemente in gita” rispondo che per me andare a votare è un dovere civico. È un po’ come la barzelletta di quello che racconta che quando sta male va dal medico e poi dal farmacista perché anche loro devono pur vivere, e una volta arrivato a casa butta via le medicine “perché devo vivere pure io!”. A questo punto non mi aspetto nulla dalla classe politica italiana, ma la Costituzione la rispetto ancora… io.