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Larry Sanger e lo sciopero dai social media

Probabilmente avete letto della proposta di “sciopero dai social network” lanciata da Larry Sanger: sciopero che naturalmente non c’entra nulla con Wikipedia come riesce a scrivere Repubblica. Sanger si definisce “co-fondatore di Wikipedia”. Di per sé la sua autoattribuzione è questionabile, nel senso che probabilmente l’idea di un sito wiki per scrivere definizioni enciclopediche è stata in effetti sua, ma la sua idea non aveva nulla a che fare con i concetti alla base di Wikipedia, cioè qualcosa che si crea senza un controllo da parte degli esperti. Ma tanto nemmeno lo sciopero ha a che fare con Wikipedia, se non in un senso molto collaterale.

Sanger infatti propone il suo sciopero con uno scopo ben preciso, esplicato nella sua Dichiarazione di indipendenza digitale: chiedere una decentralizzazione dei social media, in modo che ciascuno di noi sia in grado di gestire i propri diritti sui propri dati e sulla privacy personale, e che i grandi e piccoli social network siano interoperabili: vale a dire che sia facile scrivere del software che permetta ad essi di “parlare tra di loro” e quindi inviare i contenuti che noi utenti procediamo dall’uno all’altro social senza doverli copiare e quindi dispedere eventuali commenti.

Dal punto di vista degli utenti una soluzione del genere sarebbe ottima: a parte il controllo sui propri dati, sarebbe possibile creare un nuovo social con caratteristiche tecniche migliori senza farlo partire da zero come contenuti, e quindi dandogli una chance di riuscire a entrare nell’arena senza essere schiacciato in partenza. Per dire, nemmeno Google ci è riuscita con la buonanima di Google+… Ma proprio per questa ragione Facebook fa di tutto per rinchiudere i suoi utenti nel suo orticello – occhei, “fazenda” o “latifondo” forse sono termini più corretti – impedendo in ogni modo la condivisione. Tanto per dire, l’anno scorso Facebook ha cambiato le sue API (le specifiche per connettersi da parte di un programma) per impedire di postare automaticamente i tweet e non solo quelli. Chi glielo fa fare a Zuckerberg di tagliare il bel ramo frondoso su cui ormai è piazzato?

Insomma, la proposta di Sanger è bella ma velleitaria. Certo, qualcuno potrebbe ribattere che anche Wikipedia era qualcosa di velleitario che pure è riuscita ad avere un successo planetario: ma c’è una differenza di base. Wikipedia è potuta nascere e crescere perché un piccolo numero di persone ci si è dedicato con tanta passione e cura; ancora adesso i contributori sono una minima parte degli utenti del sito. Uno sciopero dei social media funzionerebbe solo se ci fosse davvero una maggioranza di utenti che non producono contenuti: ma se pensate anche solo ai vostri conoscenti vi accorgerete subito che alla stragrande maggioranza di loro tutti questi ragionamenti non importano un fico secco; tutto quello che vogliono è postare foto di gattyni oppure litigare furiosamente di calcio politica e quant’altro, cosa per cui Facebook funziona più che bene. D’altra parte qualcuno di voi si ricorda ancora di Google Wave, un sistema “federato” di collaborazione remota sotto forma di social network? E pensate che – a parte i miei ventun lettori – qualcuno abbia mai sentito parlare di Diaspora, che pure è vivo o almeno vegeto? (No, Diaspora non lo uso neppure io, tanto per dire :-) )

Ultimo aggiornamento: 2019-07-03 07:06

gente che odia

Mi dicono che le pagine dove si parla di Camilleri in fin di vita siano piene di messaggi di insulti allo scrittore, colpevole di avere osato parlare male dell’attuale governo e che quindi sarebbe stato colpito dalla giustizia divina, o cose del genere. (Ah: devo confessare che mi capitò di leggere un libro di Camilleri prima che diventasse famoso e non mi disse nulla. Inutile aggiungere che non ho visto nemmeno un minuto delle varie fiction televisive)

Non sono andato a vedere, ma non ho nessun problema a credere che quei messaggi ci siano eccome. D’altra parte, l’unica differenza rispetto alla generazione precedente è che ora questa gente non si vergogna più di dire queste cose fuori dalla sua cerchia di amici: considerando però che tanto non è che Camilleri vivrà o morrà a seconda di quello che scrivono, continuo a pensare che la miglior risposta sia il silenzio. Meglio ancora non perdere nemmeno tempo a leggerli.

(ps: immagino che se a Matteo Salvini venisse un coccolone ci sarebbero messaggi esattamente dello stesso tenore, anche se ovviamente scritti da altre persone. Quello che ho scritto sopra vale pari pari)

Silenzio e rumore elettorale

Un tweet in più o in meno di Selfini è assolutamente indistinguibile dalla massa dei messaggi da lui (rectius, da chi per lui) postati. Non se ne accorge nessuno.

Un tweet di Selfini nel giorno del silenzio elettorale sarebbe assolutamente indistinguibile dalla massa dei messaggi, se non ci fossero tutti gli alti lai di chi piange perché è stato violato il silenzio elettorale (che io abolirei del tutto, ma quella è un’altra storia). Questo mi sembra un punto così banale che non dovrebbe neppure essere rimarcato, considerando che capita a ogni elezione; e invece no.

Insomma, Selfini ce lo meritiamo.

Quanti dati si tiene in pancia Android?

Immagino conosciate Google Rewards, l’app Google che ti propone sondaggi pagandoti qualche centesimo per volta, centesimi che io per esempio uso per comprarmi qualche libro su Google Play. Insomma, un modo come un altro con cui la Grande G ti tiene attaccato al suo ecosistema. Da qualche mese ho raddoppiato l’app, nel senso che il furbofono ha una versione associata al mio account principale mentre il Gemini ne ha una associata a un account secondario. Tra i vari sondaggi proposti, ogni tanto capitano quelli sui luoghi dove sei andato a comprare: è chiaro che sono attivati dalla geolocalizzazione, e che le varie scelte proposte sono solo fumo negli occhi perché solo uno è il posto dove puoi essere stato.

Bene: l’altro giorno mi sono arrivati due sondaggi, uno per telefono, su due posti distinti dove avevo comprato qualcosa (Esselunga e Bricocenter, nulla da nascondere). Tutto normale, ma poi mi è venuta in mente una cosa. Il Gemini non ha SIM installata, e non gli ho mai fatto accettare rete wifi pubbliche. Quindi la notifica di dove sono stato gli deve essere rimasta in pancia fino a che non sono tornato a casa e si è connesso al wifi. Che Google sappia tutto di me mi è ben noto; ma quante di queste informazioni sono tracciate in locale, e non nei loro server? La cosa mi pare persino peggio…

Omologazione

Stasera nella mia timeline Facebook c’erano dieci post, tutti con la stessa foto della prima pagina del libro-intervista a Salvini, ciascuno con la sua bella frasetta e il coro monocorde dei commenti.
No. Non è che Salvini abbia vinto. È Facebook ad avere vinto, o se preferite tutti noi ad avere perso.

Ultimo aggiornamento: 2019-05-14 20:09

Pagine Facebook che cambiano nome

È abbastanza usuale cambiare il nome alle pagine di Facebook. Lo si può fare per tante ragioni, lecite e illecite: per esempio man mano che io ho pubblicato libri con Codice ho cambiato il nome della pagina dove ne parlo. Poi è chiaro che ci sono quelli che trasformano la pagina “MI PIACCIONO I GATTINI” in “MI PIACCIONO I SALVINI”, ma quella è un’altra storia.

Ad ogni modo, ieri è arrivata notizia che Facebook ha chiuso un po’ di pagine in italiano. Per curiosità, guardando il report di AVAAZ, mi è saltato l’occhio su “Un caffè al giorno” e sono andato a vedere la pagina archiviata, scoprendo che in precedenza si chiamava… “Gesù nostro signore”. Certo che è stata una diminutio niente male…

Il marketplace Facebook

Tre anni fa Facebook decise che con un furbofono (o un tablet) non sarebbe più stato possibile vedere i messaggi personali, ma bisognava installare per forza Messenger. Il risultato pratico è che ho cominciato a selezionare la modalità desktop se mi capitava di avere un messaggio in attesa e non ero davanti a un PC: probabilmente non sono stato l’unico a farlo, perché Zuckerberg ha poi preso l’abitudine di indicare l’esistenza di un messaggio… e se ci cliccavi su finivi su Google Play Store a prendere Messenger. Inutile dire che continuo a far finta di nulla. (Ah, a volte ora mi segna due messaggi da leggere. Amen.)

Adesso pare che il messaggio fantasma sia sparito… in compenso è apparsa – almeno su Facebook Lite che ho sul tablet – una nuova notifica, stavolta per il Facebook Marketplace che se non ho capito male è un eBay interno. Ho come il sospetto che prima o poi smetterò del tutto di guardare le notifiche, perché evidentemente sono irrilevanti…

Salv-Ing-un fa cose

Sempre sulla foto di Salvini con il mitra, ho trovato molto interessante questo commento su un post di Massimo Mantellini:

Raccolgo con diligenza l’invito di Mantellini all’esercizio dell’intelligenza e mi chiedo: c’e’ più’ messaggio d’odio nella foto di un ministro dell’interno che soppesa uno di quei mitra che servono alle forze dell’ordine per difendere Mantellini dai criminali, oppure c’e’ più’ messaggio d’odio in un commento in cui Mantellini copre d’insulti quel ministro dell’interno (senza integrità onestà intellettuale e dignità umana, ingenuo fessacchiotto, bambino dell’asilo, cinico sovvertitore dell’ordine istituzionale…)?

Non entro nel tema dei cosiddetti insulti a Salvini (ma anche a Morisi): ci penserà al limite Massimo. Mi pare infatti molto più interessante entrare nel giudizio sulla foto, «un ministro dell’interno che soppesa uno di quei mitra che servono alle forze dell’ordine per difendere dai criminali». Io non ho nulla in contrario a che un ministro degli interni dia il proprio sostegno anche fotografico a un corpo di polizia, di cui è formalmente il capo. Immagino però che le sue competenze sulle mitragliette siano più o meno pari alle mie: soppesare quel mitra è un’azione che serve unicamente per rafforzare il culto della personalità, come del resto dimostrato dal commentatore qui sopra.

Ecco perché le foto di libri che mi dicono tante persone – anche se nessuna nella mia bolla, che io sappia – hanno postato in risposta alla foto con il mitra non servono a un tubo. Il problema non è il mitra, ma quello che ci sta dietro. È improbabile che spiegare a qualcuno il significato reale di quella foto gli faccia cambiare idea, ma c’è sempre qualche speranza: uno scaffale di libri non sarà neppure visto.

Ultimo aggiornamento: 2019-04-24 10:46