Archivi categoria: socialcosi e internet

Quel che è regalato resta

Se ricordate, una decina di giorni fa avevo scritto che mi sarei preso un abbonamento a Google One: non tanto per le foto che ora occupano spazio, quanto perché la mia casella di posta e i file che tengo in cloud avevano raggiunto il 90% del totale. Totale che tra l’altro non era 15 GB ma di 19, perché nei due anni in cui Google regalava due giga di spazio se si faceva il controllo sicurezza l’avevo sempre fatto.

Ora ho effettivamente preso l’abbonamento, e il mio spazio è di 104 GB, non 100. Non ho controllato se i GB sono metrici o informatici (ma quello c’era anche prima) però apprezzo che quello spazio in più sia rimasto, anche se non credo avrò bisogno anche di quello.

Ultimo aggiornamento: 2021-06-11 21:41

Vi siete accorti di cosa doveva succedere ieri?

Probabilmente no. La direttiva europea sul copyright sarebbe dovuta essere recepita da tutte e 27 le nazioni europee. Direi che la data è passata abbastanza in silenzio, non trovate?

Per la cronaca, formalmente l’Italia ha approvato la legge di delegazione europea che conteneva anche il recepimento della direttiva 2019/790: ma c’è come al solito il trucco. La legge di delegazione per l’appunto delega il governo ad applicarla; e conoscendo chi sta al governo sono abbastanza sicuro che verranno casualmente introdotti lacci e lacciuoli che forse sono leciti secondo la lettera degli articoli della direttiva, ma vanno contro le sue premesse (i “considerando” in italiano oppure “recital” nel testo inglese). E dire che per uno degli articoli più controversi, il 17 sui controlli a priori sul materiale caricato dagli utenti, la Commissione stessa ha pubblicato delle linee guida che tra l’altro ricordano per l’appunto questo punto…

Noi speriamo sempre che il governo audisca (o come diavolo si coniughi “faccia un’audizione a”) anche chi ha come scopo istituzionale quello di diffondere la cultura: non dico necessariamente noi di Wikimedia Italia, ma per esempio l’Associazione Italiana Biblioteche. Sono però molto scettico, ve lo dico subito…

E ora che Google Photo consuma il tuo spazio dati?

Come sapete, da ieri Google ha deciso di calcolare lo spazio usato per salvare le nostre foto a buona risoluzione (e quello usato da gdocs gsheets e gslides). Io probabilmente cederò e pagherò per i 100 giga di Google One: non tanto per le foto che non faccio ma per tutto il resto. In effetti i miei diciannove giga gratuiti sono sempre pieni. Per il resto? C’è chi consiglia nel caso si abbia Prime di salvare le foto sul cloud di Amazon. Andrea Trapani sul Foglio ha accennato a tre possibili altri siti: io ho provato ad accederci.

Yandex Disk è russo. L’avevo attivato cinque anni fa, a quanto pare: ci sono dieci giga di spazio gratuito e un accesso con un’interfaccia web, oltre a un’app per Windows che ti mostra i file come fossero su una cartella. È possibile scegliere se avere i file solo su cloud o anche in locale.

Degoo è svedese. L’interfaccia è minimale, e a quanto vedo è più pensata per i telefoni, tanto che non c’è più un client Windows (questo) è del 2018 e non so se funzioni ancora). La versione gratuita permette di backuppare fino a due device ma dà 100 giga di spazio, aumentabili mediante referrer (il mio è questo). Secondo me è più utile appunto per le foto da telefono – che sono comunque salvate a dimensione ridotta.

Se volete provare con i cinesi, c’è Terabox, già Dubox. È interessante notare come il login sia possibile solo con certi provider email – ma c’è anche libero.it ;-) – e che, oltre all’avere un tera di spazio, ci sia la possibilità di salvare file dal web. Devo però dire che l’interfaccia mi pare parecchio incomprensibile. Già il mio nome utente è USER0814B454, tanto per dire…

Insomma, mi sa che è meglio tenersi quello che si ha già…

Facebook e il Covid

visit the COVID-19 Information Center
Zuckerberg vuole farci sapere che a lui importa che la ggente sappia tutto sulla pandemia, naturalmente restando dentro il suo orticello. E come fa? Semplice. Per tutti i post che usano le parole “covid”, “vaccino” e simili aggiunge autonomamente quella sezione che vedete quassù. Solo che evidentemente costava troppo il controllo se la sezione era già stata mostrata nella pagina – non parliamo della possibilità di silenziare per un certo periodo di tempo l’avviso – e così uno può trovarselo una decina di volte mentre scorre il flusso.
Ma magari è un aiuto che ci viene dato per smettere di usare Facebook.

FeedBurner chiude il servizio “feed by email”

Nel caso voi leggeste In coma è meglio, avrete scoperto che FeedBurner eliminerà da luglio il servizio di spedizione dei post via email. Ora, in effetti qualche giorno fa era arrivata anche a me la mail di FeedBurner. Dopo essere riuscito a ricordarmi qual era la password del sito, sono andato a vedere: non avevo mai abilitato quella feature.

Io sono un dinosauro, e continuo allegramente a usare gli RSS feed, anche se da anni sono in disuso per l’ottima ragione che non è così semplice infilarci pubblicità. Ma non sono così dinosauro da usare l’email per inviare i miei post: quella è davvero roba degli anni ’90 del secolo scorso! (Ok, non c’erano i blog. Ma per dire c’era un servizio di ftp-by-mail…)

Grandi risultati informatici della sanità lombarda

Martedì Jacopo ha dovuto fare un tampone (negativo) perché la pediatra voleva essere certa che un suo sfogo cutaneo non fosse legato alle nuove versioni di Covid. Il laboratorio a cui ci ha mandato (Synlab) è privato, come nella miglior tradizione lombarda. Fatto il tampone (con notevole difficoltà legata al divincolarsi del giovane) danno ad Anna un foglio con le istruzioni per scaricare il giorno dopo il risultato. Fin qui tutto perfetto: non c’è alcuna ragione per dover tornare a ritirare un foglio. Ieri mattina provo a collegarmi al sito: ci ho perso venti minuti. In pratica ogni pagina a cui cercavo di accedere si caricava in un minuto o due, sempre che non andasse in timeout e dovessi rilanciarla.
Mi chiedo come sia possibile avere una connessione a scoiattoli per un sito. Gliel’avrei anche detto compilando il modulo di feedback che mi proponevano, ma è finito in timeout anche lui…

La “conoscenza” di Google

Quando fate una ricerca Google, spesso trovate nella colonna di destra un risultato già pronto, molto spesso da Wikipedia. Per dire, se io mi cerco arriva il risultato che vedete qui a sinistra. (Your mileage may vary: probabilmente a voi potrebbe arrivare il calciatore mio omonimo). Generalmente quelle informazioni sono prese da Wikipedia, citando regolarmente la fonte; ci sono eccezioni come nel mio caso, visto che come sapete Wikipedia non ha una voce su di me e quindi le informazioni arrivano dal sito del mio editore, ma in genere funziona così. Google aveva anche cercato di creare una sua base di conoscenza, ma alla fine ha visto che era più semplice dare du’ spicci alla Wikimedia Foundation e sfruttare il lavoro dei wikipediani. Solo che ci sono alcuni problemi…

A volte capita qualcuno che si lamenta perché trova un insulto nel testo di quella colonna, insulto che però non appare da nessuna parte su Wikipedia. Non sto a spiegarvi come lo si può fare, anche se è un segreto di Pulcinella; in quel caso però la colpa è in effetti anche di Wikipedia. Ma ci sono casi peggiori. Nell’ultimo mese, per due volte sono stato contattato da qualcuno che trovava la sua foto con allegata la descrizione da Wikipedia di tutt’altra persona, e chiedeva di toglierla. Il primo caso è stato quello di un giornalista a cui corrispondeva la biografia di un avvocato del secolo scorso; la seconda persona è Mario Moroni, che se vi ricordate mi aveva intervistato un paio di mesi fa. Qui Wikipedia non c’entra proprio nulla; molto semplicemente, le voci mostrate non hanno immagini a corredo – ricordate che anche le immagini su Wikipedia devono avere una licenza libera, quindi spesso è impossibile averne qualcuna. E allora che fa Google? Cerca in giro e prende l’immagine più cliccata corrispondente a quel nome-e-cognome, nel migliore esempio di stupidità applicata.

Ma la cosa peggiore è che Moroni prima di me aveva contattato Google che gli aveva detto che la colpa era di Wikipedia; e dopo che lui aveva riportato la mia risposta gli hanno replicato che se non c’è una voce wiki su una persona inseriscono la descrizione dell’omonimo con la foto di quella persona perché non possono verificarla. Posso dire che c’è qualcosa che non funziona in questo approccio?

Traduzioni automatiche non delle migliori

Domani Jacopo ha la verifica di spagnolo, e quindi mi sono messo a farlo ripassare. L’unità è dedicata allo sport, e tra le varie parole c’era “empatar”. Gli chiedo “cosa vuol dire?” e lui mi guarda come la mucca che guarda il treno. Io gli faccio “dai, è facile: è come impattare, cioè pareggiare. Guarda, te lo faccio vedere con Google Translate”. Apro, scrivo “empatar”, e mi esce fuori “cravatta”. Peggio ancora, scrivo “empatar un partido” per vedere se con un po’ di contesto la cosa funziona meglio, ed esce “per legare a una partita”. Vabbè, ho tirato fuori un vocabolarietto spagnolo e ho fatto vedere al giovane virgulto che essendo preadolescente non si fida più del suo vecchio padre che avevo ragione.

Cosa è successo? I più astuti tra i miei ventun lettori l’avranno capito. Provate a tradurre dallo spagnolo in inglese: “empatar” diventa (correttamente) “tie” e “empatar un partido” diventa “to tie at a game”. Evidentemente il sofisticatissimo sistema di traduzione automatica di Google Translate passa dall’inglese per tradurre dallo spagnolo all’italiano, ma non avendo nessuna idea semantica quando trova “tie” lo legge come “cravatta”, così come “to tie at a game” viene tradotto letteralmente come “per legare a una partita”. Direi che c’è ancora parecchia strada da fare….

Ultimo aggiornamento: 2021-04-14 08:47