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allarme stagisti in redazione

Il mio vecchio amico Franco Ligabue segnala su Facebook questo post della Redazione Online del Corriere, apparso il giorno di Ferragosto.

Cominciamo con le buone notizie: l’articolo riprende quanto scritto sulla BBC e cita la fonte. Sono cose che fanno bene al cuore e ci permettono di sperare in un futuro migliore. Peccato che poi deragli quando cerca di sspiegare qual è la differenza tra una crescita lineare e una esponenziale. Nell’articolo si fanno infatti gli esempi di un albero che produce tre mele al giorno, e quindi ce ne darà “in totale zero il primo giorno, tre il secondo giorno, 6 dopo 72 ore, 9 dopo un altro giorno”, e un non meglio identificato oggetto (sempre lo stesso albero?) che avendo una crescita esponenziale ne darà “zero il primo giorno, 3 il secondo, 9 il terzo, 27 il quarto, etc”. Peccato che un esponenziale che parta da zero continuerà a rimanere a zero. Per vedere la cosa in un altro modo, nella crescita esponenziale il rapporto tra il valore di un giorno e quello del giorno precedente è costante. In effetti 27/9=3, 9/3=3, 3/0=… ehm…

Inutile rimarcare che quegli zero non ci sono nell’originale, dove tra l’altro l’autore David Robson fa un esempio più verosimile con un’alga (weed) in uno stagno: “just three [plants] on day two, and nine on day three”. Evidentemente lo stagista di turno ha pensato che avrebbe potuto migliorare l’esempio partendo da zero… senza avere alcuna idea di cosa stesse effettivamente facendo. Belle cose, vero?

Statistiche, medie (mobili) e mediane

Mi è capitato di vedere questo tweet di Udo Gümpel e di leggere un po’ del dialogo tra sordi nei commenti, comprese le solite schermaglie pseudopolitiche.

Dal mio punto di vista vedo due problemi. Il primo è che non mi è chiaro come sono calcolati questi valori, e temo che la media sia calcolata tra chi è in questo momento in pensione (spero solo tra le pensioni di anzianità e vecchiaia e non quelle di invalidità o sociali). Se è così, la media è trascinata verso il basso dalle pensioni di chi ha smesso di lavorare in passato, e non credo che i paesi frugali (che poi non sono davvero frugali) pensino onestamente che si possa far tornare a lavorare quelle persone. Il secondo è che non mi pare ci si renda conto che per andare in pensione con quota 100 occorrono comunque 38 anni di contributi: un po’ meno di quelli dei “frugali”, ma nemmeno troppo, e sicuramente più dei 31 anni e mezzo attuali.

Scusate se non mi infilo in quella discussione: la vita è troppo breve.

La fine del mondo dei Maya, revisited

Avete letto gli articoli sulla fine del mondo secondo il calendario Maya spostata dal 21 dicembre 2012 al 21 giugno 2020 secondo il non meglio identificato studioso Paolo Tagaloguin? Potete per esempio leggere qui. D’accprdo, se uno è un complottista può credere a questo e altro, e in fin dei conti questo 2020 è già partito abbastanza male per conto suo. Certo che se uno fa una ricerca usando “Paolo Tagaloguin Maya” come parole chiave (indipendenti dalla lingua) trova quasi solo risultati italiani, anche se il primo in ordine di tempo sembrerebbe essere quello di quel grande giornale di inchiesta che è il Sun indicato nella figura qui sopra… che però non è raggiungibile, perché modificato in https://www.thesun.co.uk/legal-removal/11847518/end-of-the-world-2020-conspiracy-theory-calendar/ (e quel “legal-removal” suona molto strano). Per la cronaca, il Sun ha un articolo emendato datato però ieri.

Detto tutto questo, c’è una cosa che mi ha davvero lasciato stupito. Io posso capire il complottismo, e non mi sognerei mai di discutere su quelle ipotesi. Ma non riesco a tollerare la stupidità matematica. Cito dai presunti tweet ufficiali:

“The number of days lost in a year due to the shift into Gregorian Calendar is 11 days.
“For 268 years using the Gregorian Calendar (1752-2020) times 11 days = 2,948 days. 2,948 days / 365 days (per year) = 8 years”.

(Sì, lo so che l’avanzamento per il calendario gregoriano è stato di 10 giorni. Ma se guardate la data di inizio, è quella dei paesi di lingua anglicana, che hanno anche usato il 29 febbraio 1700). Non vi dico di mettervi a fare le divisioni e verificare che siano corrette (non lo sono; c’è qualcosa in più). Non vi dico nemmeno di considerare che sommare otto anni al 21 dicembre 2012 porterebbe al 21 dicembre 2020, non al 21 giugno. Ma è possibile che nessuno si sia accorto che lo spostamento si è avuto una sola volta, e non puoi continuare a togliere 11 giorni? Evidentemente per i veri complottisti tutto questo è irrilevante: non si può rovinare una bellissima teoria solo perché i numeri non sono d’accordo…

Ah: per la cronaca, ho scoperto che il Sun aveva copiato l’articolo (citandolo, però, quindi non c’è nulla da dire) dal Daily Mirror, che anch’esso ha “casualmente” cancellato il suo articolo: solo che i cattivoni dell’Internet Archive hanno salvato tutto…

Ultimo aggiornamento: 2020-06-23 13:58

Giornalisti che si inventano numeri

[0,01%] Venerdì scorso Giorgio Dendi ha postato su Facebook un ritaglio della Stampa, mostrato qui a fianco. Come leggete, da mille campioni di sangue si sarebbe scoperto che “solo lo 0,01% è deceduto per Covid”. Giorgio nota che 0,01% è l’equivalente di 1 su 10000, e quindi sarebbe morta un decimo di persona. Sabato mattina con Alberto Saracco e Pietro Di Martino discutevamo di ciò, ed eravamo d’accordo che il catenaccio era scritto da cane, e probabilmente voleva significare che in totale la mortalità della malattia, calcolata a partire del campione, è dello 0,01%. Però io sono wikipediano dentro, e così sono andato a cercare le fonti.

Una guglata con le parole «kobe city general hospital coronavirus» (che sono anche inglesi) mi ha riportato nei primi 25 risultati 23 articoli in italiano e due in inglese: uno di un giornale nipponico e il preprint dell’articolo, che ovviamente ho letto. Già questo, se ci pensate, è parecchio strano. Poi ho letto l’articolo: come immaginavo, dello 0,01% non c’è traccia. Quello che c’è scritto è che in quell’ospedale di Kobe sono stati effettuati 1000 test sierologici tra persone che erano arrivate lì per altre patologie, e hanno scoperto che il 3,3% era positivo al virus. Hanno estrapolato i dati, e ricavato che in tutta Kobe ci dovrebbero essere tra i 40000 e i 50000 infetti, a seconda se si fa un aggiustamento per coorti d’età e sesso oppure si considera il puro rapporto numerico. Punto.

Da dove arriva quella percentuale, allora? La mia ipotesi è semplice. Una qualche agenzia di notizie italiana ha preso la notizia, e ha deciso che poteva essere interessante ma non era abbastanza succosa. Così il giornalista si è messo a fare i conti. Spannometricamente, il Giappone ha 120 milioni di abitanti: il 3,3% di infetti fa quindi 4 milioni circa. I morti giapponesi a oggi sono circa 600; il raporto tra morti e infettati è circa dello 0,015% che possiamo approssimare con una sola cifra decimale a 0,01%. Visto che tutto torna? No, ovviamente non torna nulla. Il problema non è il conto spannometrico che va anche bene, quanto il fatto che non abbiamo nessuna garanzia che il numero di morti sia quello reale, come ben sappiamo anche in Italia. Pertanto tutti quei conti non servono assolutamente a nulla all’atto pratico. Per giunta, l’italica stampa – come capita fin troppo spesso – recupera i lanci d’agenzia senza nessun controllo e pubblica allegramente. Tanto chi volete che vada a controllare? E dire che non ci volevano molti neuroni per accorgercene. In Italia siamo 60 milioni: se per ipotesi avesso contratto tutti il CoViD-19, lo 0,01% di morti sarebbero 6000 persone. Le statistiche ufficiali parlano di 30000 morti…

P.S.: Per fare i controlli ci ho messo un quarto d’ora (mi è servito molto più tempo per scrivere il post). Non ci voleva poi molto, insomma. E allora perché non farlo a priori? Gli amici di cui ho fatto il nome sopra sono tutti matematici, due sono anche professori universitari, e quindi usmano che c’è qualcosa che non va anche senza controllare. Pensate però a tutti gli altri

182 centimetri, non uno di meno


Il testo in figura è preso (immagine 18) dal Corriere della Sera, il maggior quotidiano italiano, e mi è stato segnalato dal mio collega Damiano. Io capisco che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (pardon, la World Health Organization) sia ostaggio degli americani e quindi si ostini a misurare le distanze in piedi. Ma magari quando lo si porta nel resto del mondo si può evitare di prendere la calcolatrice e limitarsi a scrivere “un metro e ottanta centimetri” senza che nessuno faccia partire la contraerea.

Che poi sei piedi a dire il vero sono 182,88 centimetri: e se uno per sbaglio finisse in quegli otto millimetri abbondanti e si beccasse lo stesso il virus, chi ne paga le conseguenze? :-)

Ultimo aggiornamento: 2020-03-04 16:27

Sessanta milioni di statistici

È ben noto che noi italiani siamo pronti a esprimere il nostro giudizio “informato” su qualunque argomento i media portino alla nostra attenzione. Quindi non mi stupisce che con il coronavirus siamo diventati tutti virologi. Quello che però mi lascia perplesso è sentire la gente discettare sulle curve di contagio, sparando modelli più o meno a caso senza considerare che i dati che abbiamo a disposizione sono ancora relativamente scarsi e soprattutto non coerenti: raccontavo sul Post di un picco cinese legato a un cambiamento di metodologia. Però possiamo vedere il bicchiere mezzo pieno: forse la paura del contagio fa ridurre un po’ quella dei numeri :-)

(Se volete un articolo chiaro, vi consiglio quello di Paolo Giordano di qualche giorno fa: è molto più bravo a fare il divulgatore che lo scrittore, secondo me…)

Ultimo aggiornamento: 2020-03-08 22:07

La moltiplicazione dei lettori

Quella qui a fianco, meritoriamente sbertucciata da Luca Sofri e segnalatami da FF, è un’infografica davvero interessante. Come potete vedere, si considerano tre categorie di lettori (di quotidiani, settimanali e mensili), si calcolano le loro percentuali rispetto alla totalità della popolazione e infine si sommano questi valori per “mostrare” come negli ultimi 30 giorni ci siano stati ben 40 milioni di persone che hanno letto un quotidiano, un settimanale oppure un mensile. Secondo me la stima non è stata portata alle estreme conseguenze. Ho come il sospetto che se si fossero aggiunte le persone che hanno sfogliato almeno un bimestrale/trimestrale e quelle che hanno sfogliato numeri unici nell’anno appena trascorso forse saremmo riusciti a superare la soglia psicologica del 100% della popolazione, e mostrare che anche i clandestini sono avidi lettori, non si sa bene se usando i famigerati 35 euro oppure facendolo a sbafo… (Se poi volessimo essere puntacazzisti potremmo anche metterci a discutere su quel “carta e/o sfogliatore digitale”. Se io avessi sfogliato un quotidiano e poi mi fossi connesso su MLOL per leggerne online un altro, sarei stato contato per due?)

Una sola cosa: prendersela contro l’italica stampa che non aziona il neurone è cosa buona è giusta, ma il primo colpevole a quanto pare è l’ufficio stampa di Audipress che poi come capita spesso viene pedissequamente copincollato. L’unica domanda che mi viene da fare è se certi strafalcioni siano o no voluti…

Sommare anni ed euro

Da ieri vedevo girare su Facebook questa tabella di ItaliaOggi. Mi era chiaro che i totali non avevano senso, ma non riuscivo a capire come fossero stati ottenuti. Ho dovuto leggere un commento postato su Twitter per capire cosa era successo: l’ignoto preparatore della tabella aveva sommato tutti i numeri delle colonne, compreso quello dell’anno. Tra gli innumerevoli danni portati da Excel dobbiamo insomma anche aggiungere l’incapacità di accorgersi di cosa si sta facendo quando si applica una funzione. Che il tutto sia stato pubblicato sul secondo quotidiano finanziario italiano aggiunge solo tristezza.

Ah: nel contesto è un bruscolino, ma sommare il gettito previsto in quattro anni per fare un titolo più a effetto è qualcosa che dovrebbe essere vietato dalla legge prima che dal buonsenso. Ma d’altra parte è la stessa ragione per cui si continuano a finanziare costi strutturali con gettiti una tantum…

Ultimo aggiornamento: 2020-01-26 18:02