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scuole aperte (ma volontariamente)

settimane di vacanze estive Il ministro Valditara ha tirato fuori uno dei topoi classici dei ministri dell’Istruzione anche quando non le era stato unito il Merito: aprire le scuole – su base volontaria, mi raccomando! – per «le famiglie di lavoratori che ne fanno richiesta, perché sì, il problema c’è e non è certo un problema secondario». E subito arriva chi twitta mostrando che è vero, che noi italiani abbiamo le vacanze scolastiche estive più lunghe di Europa.

Non entro nel merito delle condizioni all’interno delle scuole nell’estate, né del vedere la scuola come un parcheggio: non ho le competenze in merito. Ho qualche competenza in più, fatta di prima mano coi miei figli, sui danni di stare lontano da scuola per tutto questo tempo; ma tanto non è di quello che parla Valditara. Sui numeri però qualcosa posso dire. Questa tabella mostra soltanto una parte della realtà: se uno va a spulciare le statistiche UE (pagina 13 e 14 del documento) scoprirà che il numero di ore scolastiche per “anno figurativo” in Italia è tra i più alti d’Europa. (Poiché ci sono nazioni come l’Italia in cui c’è un anno di scuola in più, si divide il numero totale di ore di istruzione nella carriera scolastica per il numero di anni, in modo da avere un numero confrontabile) È vero che anche questo numero non è perfetto, perché non tiene conto del numero di ore di scuola per giornata; ma è comunque più rappresentativo del numero di settimane di vacanze estive.

Insomma, all’estero si fanno meno vacanze estive e più periodi di vacanza durante l’anno; le famiglie di lavoratori nel resto dell’Europa hanno dunque più problemi di gestione dei figli rispetto a quelle italiche. Detto in altre parole, Valditara cerca di spostare l’attenzione dai problemi della gestione dei figli – problemi che a dire il vero non sarebbero nemmeno imputabili alla scuola – alle sue Grandi Idee che con buona probabilità non funzioneranno per mancanza di volontari; ma soprattutto abbiamo un certo numero di persone pronte a plaudire allé Grandi Idee senza nemmeno fare i conti.

Invalsi: Chi è che non sa leggere e far di conto?

Il Giornale: Un maturando su due non capisce ciò che legge
Corriere: in italiano e matematica insufficiente uno studente su due
Repubblica: Metà dei maturandi insufficiente nella lingua nazionale

In rete oggi c’è una polemica sul fatto che i giornalisti che hanno commentato il rpporto Invalsi 2023 non hanno capito nulla di quello che c’è scritto, e non è vero che metà dei maturandi non sappia comprendere un testo. (Vedi per esempio il post di Leonardo su FB).

Ma che dice efettivamente il rapporto Invalsi? Potete leggerlo da voi. Il testo incriminato è a pagina 75. Quello che il rapporto non dice è che si può anche non raggiungere il livello 1, o almeno in terza media c’è scritto così sul foglio degli esiti. Quindi, se vogliamo chiederci chi non sa comprendere per nulla un testo in italiano, il rapporto non ti dà quei dati. (E lasciatemi aggiungere che se in quinta superiore non raggiungi il livello 1 sei messo molto, molto male. Posso capirlo fino in seconda superiore, visto che c’è l’obbligo scolastico ed è preferibile mantenerti nell’ambiente scolastico anche se purtroppo hai pesanti deficit cognitivi, perché hai comunque dei vantaggi; ma dopo?)

Datto questo, al livello 1 lo studente «Coglie il punto di vista dell’autore e lo scopo di un testo se chiaramente espressi e ripetuti in più punti» mentre l livello 2 «Se guidato, coglie il senso del testo, ad esempio scegliendo tra formulazioni sintetiche alternative». In nessuno dei due casi si può dire che è un analfabeta funzionale; ma allo stesso tempo il rapporto stesso afferma che « il livello 3 rappresenta la soglia minima di adeguatezza, mentre i livelli 1 e 2 indicano livelli di risultato non adeguati» ribadendo quanto specificato nella pagina precedente:

Sulla base delle descrizioni contenute nella tavola 4.1.1, considerando il Paese nel suo complesso senza distinzioni in base agli indirizzi di studio (tavola 4.4.1), si può affermare che solo poco più della metà delle studentesse e degli studenti raggiunge almeno il livello 3 in Italiano (50,7%), ovvero il livello che rappresenta gli esiti in linea con gli aspetti essenziali previsti dalle Indicazioni nazionali.

Tecnicamente sarebbe stato insomma più corretto scrivere “uno studente su due non raggiunge una comprensione sufficiente di un testo”, come hanno fatto Repubblica e Corriere; ma per una volta non posso lamentarmi più di tanto della semplificazione del Giornale. Quello su cui mi lamento sul serio (e che fa il paio con quello che scrissi lunedì) è il solito svarione matematico dell’ANSA, dal cui lancio tanto avranno copiato praticamente tutti. Ecco cosa scrive:

Metà dei giovani che termina le superiori non è in grado di comprendere quel che legge; solo il 51% raggiunge il livello base, con un divario tra Nord e Sud di 23 punti; in Matematica il 50% degli studenti (invariato rispetto al 2022) raggiunge il livello base con un divario tra le aree fino a 31 punti. In Inglese il 54% degli studenti raggiunge il B2 nella prova di reading (+2% rispetto al 2022) e il 41% in quella di listening (+3% sul 2022 e + 6% dal 2019).

Ho il sospetto che chi arriva a livello 1 e 2 degli Invalsi (ma forse anche al 3) non abbia gli strumenti necessari per capire che i punti di divario sono calcolati rispetto al punteggio dei test, che hanno una media che al momento si aggira sul 185. Questi “23 punti” non significano nulla al lettore, a meno che non vada a leggere il rapporto a pagina 83 dove è spiegato che sono “pari all’apprendimento presunto di oltre due anni di scuola”. Ecco: se vuoi proprio rimarcare la differenza tra nord e sud perché non lo dici così? hai paura che la gente si spaventi davvero, mentre scrivere il numero è opaco? O all’opposto pensi che così la gente creda che la differenza sia ancora maggiore? Sono questi gli (ab)usi della matematica che mi rendono triste.

Ultimo aggiornamento: 2023-07-13 15:22

Come non usare gli Invalsi

L’altro giorno ho visto questo post su Facebook. (Se non vedete FB, nema problema: c’è la figura che ho copiato e il testo “Per chi dice – specialmente a sinistra – che Invalsi non serve a niente. E‘ invece fondamentale per rivelare e misurare le diseguaglianze. Se non le conosci, come fai a combatterle?”) Il problema è che il contenuto di questa immagine è praticamente nullo. Non perché manchino dei dati, per esempio quelli degli studenti del centro Italia: possiamo immaginare che siano intorno alla media e quindi non sono stati ritenuti interessanti. Quello che manca è la definizione di quale sia la scala dei punteggi in questione. Che gli studenti di sud_isole (qualunque sia la ripartizione) abbiano 18 punti in meno della media non significa nulla: se la media è 50, quindi i valori sono da 0 a 100, 18 punti sono tanti ma se la media è 500 lo scarto non è poi così ampio.

Ho passato qualche minuto a guglare e ho trovato la fonte: il Rapporto Invalsi 2022 (la tabella è a pagina 45). Se si va a confrontare la tabella con quella a pagina 41, si scopre che il punteggio massimo possibile è 300, che il livello 3 ha un punteggio tra 190 e 210 (sotto il punteggio 100 si ottiene una specie di valore 0, e da quanto penso di aver capito quei non-risultati non vengono conteggiati) e quindi i 18 punti sono praticamente metà di un livello, il che in effetti è parecchio significativo. Però per l’appunto ho dovuto cercare altri dati per mettere quella tabella nel giusto contesto: se non lo si fa a mio parere non si fa altro che confermare la scarsa competenza statistica della gente, che è convinta che basti mostrare dei numeri per affermare la propria tesi.

Mai fidarsi dei fisici che scrivono di matematica

Sto (con calma) leggendo Mondi paralleli di Michio Kaku. Lo so, è uscito quasi vent’anni fa, ma tanto io di cosmologia so così poco che mi sta già bene partire da lì. Arrivato alla fine del secondo capitolo mi sono trovato un esempio mal scritto: sono andato a verificare nella versione originale, ed era già così. (Occhei, io sono della scuola “correggi silenziosamente in traduzione”, ma temo di essere in minoranza).

Parlando delle varie possibili curvature dell’universo, Kaku afferma che in un universo a curvatura negativa “le linee parallele non si incontrano mai”. Ciò è vero, ma non caratterizza affatto uno spazio a curvatura negativa, visto che questo succede anche nello spazio euclideo comune. Kaku avrebbe dovuto scrivere qualcosa come “esistono (infinite) linee complanari non parallele che non si incontrano mai”. Perché non l’ha fatto? Chiaro, perché è un fisico :-)

I complottisti dell’acqua

Ci sono i complottisti che affermano che le piogge sul percorso del Giro d’Italia sono dovute agli aerei che fanno le riprese dall’alto. Poi c’è una categoria che afferma che l’alluvione in Romagna è stata causata dallo svuotamento delle dighe di Ridracoli e di Quarto, e soprattutto lo “dimostra con i numeri“.

È non solo inutile ma nocivo rispondere a questi tweet, anche se basterebbe mostrare il grafico del riempimento della diga che si trova nel sito subito dopo gli screenshot per vedere che la diga era a tappo da inizio mese e quindi non avrebbero potuto “parzialmente svuotarla con anticipo”, perché con il loro stesso ragionamento avrebbero causato l’alluvione in anticipo; e del resto anche Predappio sarebbe stata sott’acqua, come e più di Lugo e dintorni.

Qui mi limito a far notare alcuni dati. Nell’immagine di destra del tweet si parla di una portata di sfioro di 16 m³/sec, che – ammesso sia rimasta costante nelle 24 ore – dà circa 1 milione e mezzo di metri cubi in un giorno. Per fare un confronto, l’onda tracimata dal Vajont (sempre “per cause naturali”, come ha detto Sallusti), è stata quindici volte maggiore in un tempo molto più breve. (Parto dall’assunto – che non so se sia vero – che la portata di sfioro sia indipendente dal deflusso, partendo dai dati di marzo che ho trovato su Internet Archive; altrimenti i numeri sarebbero ancora più risibili).

Insomma siamo davanti all’ennesimo esempio dell’anumerismo di cui parlavo la settimana scorsa. Solo che in questo caso probabilmente siamo a un livello ancora peggiore: basta la presenza di numeri qualunque perché qualcuno affermi che gli danno ragione, perché evidentemente il loro status è sufficiente.

Aggiornamento: mi dicono che in realtà c’è stato un parziale svuotamento (per la prima volta nella sua storia…) della diga nei giorni precedenti. Quindi o i complottardi sono in malafede o hanno problemi non solo con i numeri.

Ultimo aggiornamento: 2023-05-22 08:44

Aumenti assoluti e costi medi

extracosti

costo medio dei voli più aumento assoluto del carburante

Leonard Berberi ci rende edotti sul Corriere Economia che «la legge sui carburanti verdi per l’aviazione (ReFuelEu) è destinata a far salire il costo dei biglietti aerei in Europa già dal 2025 e fino a 30 euro a tratta dal 2035 (tenendo fissi i prezzi dei voli)». Aggiunge che «Per un mercato come l’Italia — dove l’anno passato la tariffa media per un volo nazionale/europeo di sola andata è stata di 60,6 euro — significherebbe un aumento del 50%.» Ci fa anche il disegnino, che ho riportato in cima a questo articolo.

Ora, il costo del carburante è abbastanza proporzionale alla distanza percorsa. (“Abbastanza” perché a quello che so una parte consistente del carburante viene usato al decollo). E in effetti nel testo troviamo scritto che il costo dei biglietti aumenta fino a 30 euro a tratta. Come si può mischiare un aumento assoluto (i 30 euro) a un costo medio e pensare di avere un risultato sensato? E comunque se poi scrivi che secondo Lufthansa «applicando le quote di Saf ed e-kerosene imposte per il 2030 la spesa salirebbe a 6,1 miliardi, in aumento del 38%.» e questo senza considerare tutte le altre spese, mi spieghi come arrivi al 50%?

(Comunque se non capisco male ci sono altre stime che danno aumenti molto più ridotti)

Riduzioni in negativo


Non entro su vantaggi o svantaggi del rendere (quasi) tutta Milano una “città a 30 all’ora”. Entro però nel fatto che non è vero, come scrive Linkiesta, che “Passando dai cinquanta ai trenta chilometri orari, i tempi di viaggio possono ridursi di due secondi ogni cento metri.” Ovviamente rallentando la velocità i tempi aumentano.
Poi possiamo chiedere perché la differenza di tempo è indicata su cento metri. Su un percorso di tre chilometri abbiamo un minuto in più, che oggettivamente non è una gran cosa, però è più facilmente comprensibile. Forse faceva paura a qualcuno?

(io continuo ad andare in bicicletta o coi mezzi se possibile)

Lo “scontrino medio” non ci dice nulla

Potrei parlare a lungo della doppia mossa dell’attuale governo, che da un lato ha alzato a 60 euro il limite sotto il quale non è obbligatorio accettare pagamenti non in contanti e dall’altro ha eliminato il credito di imposta sulle commissioni bancarie sui pagamenti con carta (che quindi al commerciante non costavano nulla); ma stavolta preferisco focalizzarmi su un classico errore che si trova praticamente sempre sui giornali ma non solo.

La Stampa ci fa sapere che lo scontrino medio è di 47,5 euro, che è meno dei 60 euro del nuovo tetto; e quindi implicitamente vuole dirci che più della metà dei pagamenti saranno sotto soglia. Peccato che la media non c’entri un tubo. Se non ci credete, provate a considerare la media del patrimonio mio, di quello dei miei ventun lettori e di Giovanni Ferrero, e poi ne riparliamo. In questi casi ciò che conta è la mediana, cioè il valore tale per cui metà dei pagamenti sono inferiori ad esso e metà superiore. Per maggior completezza dovremmo avere almeno tutti i decili, vale a dire le suddivisioni in dieci parti uguali quando si mettono in ordine crescente i vari pagamenti, ma accettiamo che in un titolo occorra semplificare.

Il guaio è non solo indicare la media non ha senso logico, ma comunque non ci dice proprio nulla, perché non sappiamo affatto la distribuzione dei pagamenti. E allora perché scriverlo?