Oggi Emanuele Menietti sul Post ha fatto notare come una non-sfiducia M5S a un governo di minoranza PD abbia un qualche problema di attuazione pratica. Il regolamento del Senato, infatti, non prevede la possibilità di astensione: gli astenuti sono considerati voti contrari. In pratica la “non-sfiducia” prevede che chi vuole astenersi esca dall’aula durante la votazione, riducendo così il numero di votanti e abbassando il numero di voti necessari per raggiungere la maggioranza (che è relativa e non assoluta). Peccato che i parlamentari del centrodestra potrebbero andarsene dall’aula anche loro, e far mancare il numero legale…
In realtà una soluzione ci sarebbe, sfruttando l’indubitabile inventiva italiana. Se non ricordo male la fiducia si dà con appello nominale in ordine alfabetico e voto esplicito. I rappresentanti pentastellati se ne stanno vicino alle porte e contano: per ogni pidiellino che non vota uno di loro vota contro (o si astiene, che tanto come ho detto è la stessa cosa) e alla fine i conti tornano :-)
Più che altro, però, mi stavo chiedendo cosa dice esattamente la Costituzione al riguardo. I primi tre commi dell’articolo 94 recitano:
(1) Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
(2) Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
(3) Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
Da qua evinco che il governo è in carica dalla sua formazione, e che si deve presentare alle Camere. Se al Senato si continua a non avere il numero legale, l’obbligo di presentazione è stato comunque assolto; ed è vero che non avrebbe la fiducia delle due Camere, ma non è nemmeno stato sfiduciato. Un governo di Schrödinger, oserei quasi dire. Non vi pare uno scenario interessante?
Ultimo aggiornamento: 2013-02-27 13:56