Il Guardian ci racconta di come l’editore ufficiale dei libri di Roald Dahl, insieme alla Roald Dahl Story Company, stia silenziosamente cambiando il linguaggio dei suoi libri, per assicurare che “possano continuare a far divertire tutti”. Potete vedere qualche esempio nell’immagine qui a fianco, presa da Twitter.
Ora, se gli Oompa Loompa diventano “small people” anziché “small men” posso anche sopportarlo, perché non mi cambia nulla nel corso della storia. Ma Augustus Gloop è ciccione, “fat”; se lo chiami “enormous” non si capisce perché poi si comporti in quel modo nella fabbrica di cioccolato. Oppure tutta la spiegazione sulle parrucche che possono essere portate per tutta una serie di motivi non ha nessun senso nella trama del libro, e tra l’altro non dà nemmeno un’idea al supposto giovane lettore dei motivi. Ma soprattutto, Dahl scriveva in un certo modo non solo perché certi termini erano usuali, ma proprio perché quello era il suo stile di scrittura. Perché mai si sente il bisogno di bowdlerizzarlo?
(Gli unici casi in cui posso accettare una cosa del genere sono quelli in cui un termine ha cambiato significato. Il mio amico Adam Atkinson commentava che The Island of Adventure di Enid Blyton ha visto tutte le occorrenze di “queer” cambiate in “odd”. Ma in effetti, come don Giobbio ci insegnò al liceo dai salesiani, al tempo la parola non era affatto associata agli omosessuali ma era semplicemente un altro modo per dire “strano”. Se uno non lo sa, non capirebbe il contesto…)