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Hangar Bicocca lo fa bene

Ho appena ricevuto una mail da Hangar Bicocca con questo testo:

Gentile Utente,

Lei ha ricevuto questa e-mail in quanto ha precedentemente accettato di ricevere comunicazioni relative a iniziative organizzate dalla Fondazione Pirelli HangarBicocca (Titolare del Trattamento).

Cliccando sul presente LINK, Lei verrà automaticamente indirizzato a una pagina web che ospiterà un sondaggio, rigorosamente anonimo. Le risposte a tale sondaggio, che saranno analizzate in forma aggregata, consentiranno alla Fondazione di ampliare i propri servizi e sviluppare programmi di interesse per i propri utenti.

La comunicazione è perfetta. Prima mi dicono perché mi spediscono la mail, poi mi spiegano cosa vogliono e come trattano i dati. (Per la cronaca, in fondo c’era un link “UNSUBSCRIBE” scritto in maiuscolo: l’unica cosa che si poteva migliorare era usare un termine italiano)

Ecco. Ci voleva molto? Non mi pare proprio. Allora perché Hangar Bicocca lo fa e mille altri no?

Ultimo aggiornamento: 2015-12-16 14:26

Metodo Report o metodo Eni?

Sono anni che ho smesso di guardare Report, e per la precisione da quando sono capitate delle inchieste su cose che conoscevo direttamente e che quindi sapevo che non erano come le commentavano loro. Report – ma credo di averlo già detto – è un classico esempio di giornalismo a tesi: si decide la tesi e si prepara il servizio montandolo in modo che mostri solo le cose a favore di quella tesi. Non è una cosa inutile, perché si possono ottenere informazioni che probabilmente sarebbe stato molto difficile trovare altrimenti: ma non è nemmeno quel vangelo che molti venerano.
A quanto leggo per esempio dall’ottimo Mantellini, ENI ha scelto un modo diverso dall’usuale per controbattere al servizio messo in onda ieri e in cui si parlava dell’azienda: in contemporanea all’inizio della trasmissione ha messo in linea una pagina web dove contestava punto per punto la ricostruzione di Report, fornendo la propria versione dei fatti. Contemporaneamente la “falange social” aziendale ha presidiato twitter, usando il tag #report in modo che chi usava il social media laconico per commentare la trasmissione – quello che chi ne sa di queste cose chiama “second screen” – si è trovato in diretta il controcanto.

Massimo ha perfettamente ragione a raffreddare gli animi degli iperentusiasti che hanno detto che questo è un passaggio epocale per la comunicazione mediatica italiana: ci sono almeno due ordini di grandezza di differenza tra chi guarda supinamente la tv e chi perde anche tempo sui socialcosi. È vero che bisogna anche considerare il rimbalzo della notizia sulla stampa: ma mentre scrivo, solo Repubblica La Stampa hanno un articolo in homepage, a differenza di Corriere, Giornale, Libero, Messaggero, Il Sole-24 Ore tacciono. Ed è ancora più vero che quella di Eni è di nuovo un’informazione a tesi, ovviamente opposta a quella dell’équipe Gabanelli. Piano con gli entusiasmi, insomma.

Ma penso che sia anche molto utile leggere cosa ne pensa Mario Tedeschini Lalli, che è giornalista di lungo corso ma nonostante questo ;-) di rete ne sa eccome. Mario fa presente che il problema non è quello della diretta o non diretta, ma bensì della credibilità dei giornalisti, che a torto o a ragione – lui è buono dentro, e dice che più spesso è a torto – si è persa. La sfida è quindi quella della massima trasparenza: continuare a fare reportage e non solo talk show, ma lasciare anche a disposizione di chi voglia saperne di più tutto il materiale grezzo. Certo, saranno ben pochi coloro che si prenderanno la briga di farlo: ma bastano anche quei pochi per avere la possibilità di trovare eventuali errori, voluti o no, nella narrazione che poi appare in tv.

In definitiva Mantellini e Tedeschini Lalli spiegano con parole migliori quello che io dico sempre: mai fidarsi di quello che leggete, ricordarsi che la verità è sempre elusiva e che non prescinde comunque dalla verificabilità, e soprattutto che non c’è nessun pasto gratuito: per sperare di capire qualcosa ci vuole fatica, anche solo per seguire le fonti.

Ultimo aggiornamento: 2015-12-14 16:00

circonvenzione d’incapace

Oggi il pendolo delle notizie sentenzia che è una vergogna che lo Stato non ripaghi chi ha perso i soldi nel crac delle banche dei quattro. Spesso si dimenticano di aggiungere che i correntisti, almeno quelli che avevano meno di 100.000 euro, continunano ad avere i loro soldi. Ma quello che si dimenticano di dire è che chi ha comprato obbligazioni subordinate l’ha fatto per un qualche motivo, e il qualche motivo con ogni probabilità è che qualcuno di quelle banche gliele ha vendute come titoli sicuri (“sono obbligazioni, no?”) e li ha convinti a scrivere nelle informazioni per il MIFID “propensione al rischio: alta”.
Io confesso che fino alla settimana scorsa non sapevo cosa fosse un’obbligazione subordinata. Però se di questi tempi vedo un’obbligazione che rende più dell’un percento inizio a chiedermi cosa c’è sotto. Diciamo insomma le cose come stanno: chi ha venduto quelle obbligazioni a gente che ci ha messo su tutti i suoi risparmi dovrebbe essere denunciato per circonvenzione di incapace, e i loro capi che li hanno “gentilmente” invitati a farlo dovrebbero a loro volta finire al gabbio per istigazione a delinquere. Ma perché io dovrei ripagare quei soldi ai risparmiatori truffati?

Ultimo aggiornamento: 2015-12-11 09:39

Sarà falso? Sarà vero?

Dopo le polemiche sulla festa di Natale cancellata in una scuola di Rozzano, ora appare la risposta del preside.

Ve lo dico subito. Io sono contrario alle rappresentazioni di Natale a scuola, come sono contrario a tutte le iniziative dove sono coattamente impegnati i bambini. Che ne direste se un preside decidesse che visto che aprile è il mese della consapevolezza matematica ci fosse una giornata in cui tutti – tranne i discalculici certificati, perché noi le minoranze le rispettiamo – mostrano la loro bravura nel preparare e risolvere problemi matematici?

Detto questo, la Buona Scuola prevede che il preside sia un manager, con una serie di poteri. Se il preside non vuole fare rappresentazioni natalizie, è una sua scelta: la esternerei con congruo anticipo nel sito della scuola, ma niente di più.

Ultimo aggiornamento: 2015-11-30 10:11

Circo mediatico vaticano

Anche se il periodo non è proprio il migliore, il processo in Vaticano per la fuga di notizie finanziarie riesce comunque a raggiungere le homepage dell’italica stampa – anche se oggettivamente ne ho trovato notizia anche sulla BBC.

Il Vaticano deve mostrare di essere rapido ed efficiente – la fretta di fare partire il processo mi ricorda molto la giustizia calcistica. Non è per niente strano che siano alla sbarra anche i giornalisti, per «rispondere della condotta dell’attività svolta per ottenere le notizie e i documenti pubblicati». Dal punto di vista della Santa Sede divulgare i segreti interni è Male; quindi occorre mostrare a tutti il pugno duro, incuranti delle critiche che arrivano da fuori e a cui tanto sono abituati. Mi sembra una cosa piuttosto stupida, perché tanto non riusciranno a ottenere informazioni, ma tant’è.

Ma vediamo le cose da un punto di vista più pragmatico. Emiliano Fittipaldi può stare tranquillo: nessun governo occidentale penserebbe mai di estradare in Vaticano qualcuno perché ha scritto un libro. Il risultato finale pratico sarà pertanto una pesantissima limitazione ai due giornalisti che non potranno più andare in piazza san Pietro e comprare medicine alla farmacia vaticana. Detto in altri termini: se io fossi stato imputato di quei “crimini”, non mi sarei nemmeno presentato in aula. Però immagino che dal loro punto di vista sia meglio così: se il Vaticano vuole farsi pubblicità, perché non lo possono fare anche loro?

P.S.: Qualcuno spieghi a Gianluigi Nuzzi, che ha postato la richiesta di farsi assistere dal suo avvocato di fiducia, che sarebbe successa la stessa cosa in una qualunque altra nazione, a meno naturalmente che l’avvocato fosse iscritto all’ordine locale. O dite che lo sapeva benissimo?

Ultimo aggiornamento: 2015-11-25 10:47

La nave di Teseo

Stamattina ho letto su Repubblica il teaser che racconta di come Umberto Eco, Sandro Veronesi, Hanif Kureishi, Tahar Ben Jelloun e altri hanno deciso di seguire Elisabetta Sgarbi che ha lasciato Bompiani per fondare una nuova casa editrice, La nave di Teseo (brutto nome a mio parere perché troppo lungo, ma io queste cose le sbaglio sempre). Quello che Repubblica dice e La Stampa e Corsera per esempio tacciono è che Eco avrebbe messo due milioni di euro nel progetto. La mia prima domanda è stata “ma quanti soldi ha Eco?”. La terza, dopo aver letto gli altri articoli a riguardo, è stata “Repubblica se l’è inventato, vero?” (per sicurezza ho salvato il tutto su archive.is, anche se immagino il testo ci sia sull’edizione cartacea).

La mia seconda domanda però secondo me è più interessante. Dato atto che in questo periodo ancora più che in passato essere editori è un rischio, è davvero necessario che ci sia bisogno di tutti quei soldi di capitale “fresco” (perché se tanto mi dà tanto si arriva facilmente a dieci milioni), e soprattutto non ci sia la possibilità di avere prestiti bancari e simili? Ho però come il sospetto che non saprò mai la risposta.

Ultimo aggiornamento: 2015-11-24 10:23

La macchina per soldi di Anna Frank

Leggo sul Post che la Anne Frank Fonds ha stabilito che il Diario di Anna Frank non è stato scritto solo dalla ragazzina ma anche dal padre Otto. Questo non dovrebbe stupire nessuno: è noto da decenni che Otto emendò il Diario, eliminando per esempio alcuni riferimenti che riteneva troppo sessuali (Anna stava diventando adolescente, e non è che il nascondersi per sfuggire ai nazisti cancellasse la sua crescita). E allora dove sta la notizia? Semplice. Essendo Anna Frank morta nel 1945, il copyright (in Europa) sul Diario scadrebbe alla fine di quest’anno. Ma Otto è morto nel 1980: definirlo coautore fa mantenere il copyright per altri trentacinque anni. (Negli USA la situazione è diversa: si contano 95 anni dalla prima pubblicazione dell’opera che uscì tradotta in inglese nel 1952, quindi comunque fino al 2042 tutti i diritti resteranno riservati).

Anche questa volta ciò che conta sono solo i soldi.

Ultimo aggiornamento: 2016-02-11 09:11

Calamità naturali

calamitanaturale
La scorsa settimana Anna ha fatto un ordine su Amazon e l’ha fatto spedire in ufficio da me, “perché tanto c’è qualcuno tutto il giorno”. Sabato sera ha però trovato un messaggio di Amazon che segnalava come il corriere (SDA, un nome una garanzia) non aveva trovato nessuno. In effetti, quando poi siamo andati a vedere la cronologia dell’ordine, abbiamo notato che il corriere è passato di sabato mattina, quando la portineria della mia sede è chiusa. Ma come mai un corriere va a fare una consegna il sabato? Semplice: venerdì pomeriggio la consegna non è potuta avvenire “a causa del tempo o di calamità naturali”. Gradirei sapere cosa è successo venerdì pomeriggio tra Vimodrone e Milano, perché io non mi sono accorto di nulla… (e un altro corriere è tranquillamente arrivato, tra l’altro)