A gennaio l’inflazione ha sfiorato il 5% su base annua (o magari l’ha anche superato, dipende dall’indice scelto), con una crescita dell’1,6% in un mese. Certo, il rialzo dei prezzi dell’energia conta moltissimo, ma quei costi si stanno ripercuotendo anche sui beni di prima necessità.
Certo, qualcuno può pensare che questi tassi siano bazzecole rispetto a quelli degli anni ’70, quando si viaggiava intorno al 20% annuo: ma c’è una grande differenza. Se guardate le serie storiche dell’inflazione e dei BOT a 12 mesi, si vedrà che questi ultimi davano un rendimento netto positivo. In pratica la lira si indeboliva rispetto alle altre monete, ma chi aveva soldi da parte riusciva a guadagnarci comunque. Invece l’ultima asta dei BOT ha avuto – come del resto immagino le precedenti – un rendimento negativo: in pratica lo Stato risparmiava sui prestiti in valore assoluto, senza contare il deprezzamento del denaro causa inflazione. D’accordo, questa mia analisi è davvero semplicistica: però è un fatto che questa inflazione mi pare molto più pericolosa di quella di mezzo secolo fa.
