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Non ci eravate cascati, vero?

stanislao moulinskyIeri avevo mostrato una successione generata con regole molto semplici che tendeva al valore pi greco. Spero che i miei ventun lettori, o almeno quelli di loro che hanno una formazione matematica, abbiano capito che era uno scherzo. Le successioni delle due colonne sono di tipo Fibonacci, visto che ogni numero è la somma dei due precedenti. Questo significa che il rapporto tra due numeri successivi in ogni colonna tende al valore aureo φ; le due colonne sono successioni di Fibonacci, la seconda scalata di un fattore 5 e la prima scalata di un fattore 6 e senza i primi due termini. Ciò significa che il rapporto tra le due successioni tenderà a 6/5 φ² (il bello del rapporto aureo è anche questo!)

Come spiegato in Futility Closet, il gioco funziona perché vale l’approssimazione $ 1,2 \cdot \phi^2 \approx \pi $; inoltre mi sono limitato a mostrare cinque cifre decimali e soprattutto mi sono fermato all’undicesima riga; proseguendo si sarebbe arrivati a un valore pari a circa 3,141640787 che è esattamente il rapporto approssimato indicato sopra ed è legato alla costruzione delle due colonne.

(immagine da Magazine uBC fumetti)

Ultimo aggiornamento: 2024-03-14 07:00

Come arrivare a pi greco

Freccia verso pi grecoDopodomani è il Pi Day: mi sembra simpatico mostrare un semplice modo per generare pi greco con un algoritmo ricorsivo, proposto da James Davis nel Journal of Recreational Mathematics. Costruiamo due colonne, la prima con i numeri 12 e 18 e la seconda con 5 e 5, e calcoliamo il rapporto dei numeri su ogni riga: abbiamo 12/5 = 2,4 e 18/5 = 3,6. Da qui continuiamo ad aggiungere righe, dove nelle due colonne scriviamo la somma dei due numeri precedenti di quella colonna, facendo poi la divisione. Otteniamo questo risultato:

$ \begin{array}{r r r}
\qquad 12 & 5 & 2,40000 \\
\qquad 18 & 5 & 3,60000 \\
\qquad 30 & 10 & 3,00000 \\
\qquad 48 & 15 & 3,20000 \\
\qquad 78 & 25 & 3,12000 \\
\qquad 126 & 40 & 3,15000 \\
\qquad 204 & 65 & 3,13846 \\
\qquad 330 & 105 & 3,14286 \\
\qquad 534 & 170 & 3,14118 \\
\qquad 864 & 275 & 3,14182 \\
\qquad 1398 & 445 & 3,14157 \\
\end{array}| $

Come vedete, l’operazione converge a pi greco! Carino, vero?

(immagine modificata da Wikimedia Commons)

Le antiparallele

Sono sicuro che vi ricordate tutti dai tempi della scuola che se prendete un triangolo e costruite la parallela a un lato in modo che essa tagli gli altri due lati, otterrete un triangolo più piccolo che è simile a quello di partenza. Quello che probabilmente non sapete (e non sapevo nemmeno io fino a poco tempo fa) è che è possibile disegnare un’altra retta che taglia il triangolo originario e ci dà un triangolo simile a quello di partenza. Dove sta il trucco? Semplice: si scambiano tra di loro i due angoli alla base!
PQ è l'antiparallela di BC rispetto ad A
Nella figura qui sopra potete vedere un esempio di questa retta, che prende con parecchia fantasia il nome di antiparallela. Pat Ballew, da cui ho preso le informazioni per questo post, dice che Apollonio aveva già studiato questa retta, ma le aveva chiamata “subcontraria”.

Come si può costruire un’antiparallela? Ci sono vari modi: io ne mostro un paio. Nel primo si traccia la bisettrice AM del triangolo BAC, si sceglie un punto O in essa e si costruisce una retta per O che faccia con la bisettrice un angolo uguale a BMA: come si vede dalla figura, i triangoli ABM e AOP sono simili. Il secondo modo è forse più semplice, e sicuramente lo è con Geogebra: si prende un punto P sul lato AC e si costruisce la circonferenza per B, C, P. Se questa circonferenza incontra il lato AB in un punto Q, PQ è l’antiparallela cercata. Come mai? Semplice. Il quadrilatero BCPQ è per costruzione ciclico (cioè inscritto in una circonferenza), e quindi i suoi angoli opposti CBQ e QPC sono supplementari. Ma anche APQ e QPC sono supplementari, pertanto CBQ = APQ, come volevasi dimostrare.

costruzione di un'antiparallela altra costruzione di un'antiparallela

A questo punto dovrebbe essere intuitivo che se prendiamo un cono non retto (dove cioè l’asse non è ortogonale alla base) esistono due piani che tagliando il cono danno una circonferenza: quello parallelo alla base e quello che forma delle antiparallele. Questi esempi sono forse un po’ forzati; ma esiste un caso in cui le antiparallele arrivano spontaneamente. In un triangolo acutangolo, il triangolo ortico è quello che ha come vertici i piedi delle altezze del triangolo stesso. (Se il triangolo non fosse acutangolo il triangolo ortico finirebbe fuori da quello di partenza). Giovanni Fagnano dimostrò nel 1775 che esso è il triangolo inscritto di perimetro minore; ma quello che importa a noi è che il triangolo ortico è formato da tre antiparallele! Per vederlo (grazie a Roberto Zanasi per la dimostrazione…) basta notare che sia il triangolo BTC che il triangolo BSC sono rettangoli, e quindi inscritti in una semicirconferenza di diametro BC; pertanto BTSC è un quadrilatero ciclico, e per quello che abbiamo visto sopra l’angolo TBC è congruente a AST. Notevole, vero?

il triangolo ortico e le antiparallele

Ultimo aggiornamento: 2024-03-06 17:53

Quando nacque il punto decimale?

tavole trigonometriche con il punto decimale Noi diamo per scontato che i numeri non interi si scrivano con la virgola… tranne se abbiamo tra le mani un testo in inglese dove il separatore dei decimali è un punto. Colpa dell’imperialismo americano: di per sé il sistema metrico decimale e le norme ISO vorrebbero la virgola, ma gli Yankee (o sono stati gli albionici?) sono riusciti a infilare un’eccezione che complica la vita a tutti. A parte questo problema di notazione, scrivere un numero in formato decimale è una cosa relativamente moderna: prima ci si è dovuti abituare a scrivere i numeri con le cifre indo-arabiche, poi qualcuno ha avuto l’idea di continuare a usare lo stesso sistema anche per rappresentare le parti dell’unità.

Ma quando è stato quel “poi”? I libri di storia della matematica danno come ideatori Christophorus Clavius (quello del calendario gregoriano) e Simon Stevin verso la fine del 1500. Ma Gerd van Brummelen ha scritto un articolo in cui afferma che l’ideazione del punto decimale è precedente di un secolo e mezzo, ed è da assegnare all’astronomo e matematico italiano Giovanni Bianchini. Un po’ di contesto: van Brummelen è il massimo esperto contemporaneo di storia della trigonometria. La trigonometria di cui stiamo parlando non è esattamente quella che studiamo a scuola, ma quella sferica, che serviva per trovare le posizioni dei pianeti nel cielo e quindi calcolare le loro orbite. Per farlo, occorreva una grande precisione, quella che tra l’altro permise a Keplero di guardare i dati delle osservazioni di Marte raccolti da Tycho Brahe e accorgersi che qualunque sistema di riferimento si scegliesse quell’orbita non poteva per nulla essere circolare, e quindi portò alla formulazione delle sue tre leggi. Le funzioni trigonometriche però sono le stesse nostre; a partire dall’antichità si compilarono delle tavole sempre più precise, con un lavoro certosino tenuto conto che i “calcolatori” erano esseri umani e che non è nemmeno possibile calcolare analiticamente senza saper risolvere equazioni cubiche il seno di un grado ma bisogna usare metodi approssimati.

Storicamente i sottomultipli del grado, seguendo l’antica tradizione babilonese, erano divisi in sessantesimi: le partes minutae primae e le partes minutae secundae (ma anche tertiae e oltre), mentre per quanto riguardava i valori li si moltiplicava per una grande potenza di 10 in modo da avere solo numeri interi. Bianchini aveva una formazione da mercante e non da astronomo: non era quindi legato a queste convenzioni, e nel suo testo (manoscritto…) del 1440 Tabulae primi mobilis B usa quello che indubitabilmente è un punto decimale, tanto che spiega addirittura come fare le moltiplicazioni con quei numeri. Forse è proprio per questo suo non essere mainstream che la sua notazione si perse. Van Brummelen è però convinto che Clavius non abbia reinventato il separatore decimale, ma abbia riciclato senza dire nulla il risultato di Bianchini, tanto che usa il punto solo nelle opere astronomiche e non nel resto della sua produzione successiva. Viste le credenziali accademiche di van Brummelen, non vedo perché non possa essere così.

Comunque sia andata la storia, una cosa è certa: quando finalmente la comunità matematica ha capito l’utilità del separatore decimale, non ha più potuto farne a meno. Se solo ci si fosse stabilizzati su una singola notazione…

(Immagine di Gerd van Brummelen, tratta dall’articolo di Nature qui citato)

Ultimo aggiornamento: 2024-02-28 09:51

Oltre la cardioide

Oggi è San Valentino, e immagino che molti che sanno un po’ di matematica saranno pronti a disegnare la cardioide: una figura che si ottiene prendendo due circonferenze uguali, tenendone ferma una, scegliendo un punto dell’altra, facendo ruotare la seconda circonferenza intorno alla prima, e vedendo che curva forma quel punto. Qui vedete una cardioide, con la sua equazione parametrica da dare in pasto a Geogebra.

(1 – 2cos(t) + cos(2t), 2sin(t) – sin(2t))

Però diciamocelo: una cardioide non assomiglia per nulla a un cuore, checché ce lo vogliano far credere. E io non avrei mai inviato una Valentine con disegnata quella figura :-) Ma per fortuna i matematici sono gente tenace, e si sono impegnati a trovare equazioni più complesse ma dal risultato indubbiamente migliore.

Il tedesco Eugen Beutel, nel suo testo Algebraische Kurven pubblicato a Lipsia tra il 1909 e il 1911, ha per esempio costruito una equazione di sesto grado, (x² + y² – 1)³ = x² y³ , che dà la prima curva che vedete qui sotto; Raphaël Laporte ha invece creato un’equazione parametrica (x = sin³ t, y = cos t – cos4t) che dà la seconda curva. Direi che ci avviciniamo già di più.

 

Ma direi che la soluzione più bella sia quella di Keishiro Ueki, che in un certo senso è una generalizzazione della cardioide, come potete vedere in questa pagina: se la cardioide può essere vista come il movimento dell’estremo di un segmento lungo 2 attaccato a uno lungo 1 che percorre, una circonferenza, se si attacca un altro segmento di lunghezza 4 si arriva a un bel cuore.

Se infine volete altri cuori più facilmente costruibili con riga e compasso, chiedete a Torsten Sillke!

(Grazie a Roberto Zanasi per avermi insegnato a fare una curva parametrica con Geogebra senza dover vedere una quantità abnorme di video)

Wordle: teoria e pratica

which could be the solution?

Forse Wordle non ha più l’hype di un paio d’anni fa, ma continua a esserci un nutrito gruppo di fedeli giocatori. Ed è ovvio che i giocatori si interrogano su quale sia la strategia migliore di gioco. Così il New York Times, che si è comprato i diritti del gioco, ha creato Wordlebot, che analizza la partita che abbiamo giocato e mostra come lui avrebbe fatto di meglio. Tra l’altro, con il 2024 Wordlebot ha cambiato la parola iniziale da lui usata: non più SLATE ma TRACE.

Però Wordlebot non usa tutte le possibili parole inglesi di cinque lettere, 12974, ma solo un loro sottoinsieme che comprende quelle che sono effettivamente soluzioni possibili (2309) oltre a un paio di migliaia di altri termini. In Wordle infatti l’elenco delle soluzioni contiene solo quelle che dovrebbero essere le parole inglesi più comuni: che sia vero o no non lo so, posso solo dire che a volte devo cercare sul vocabolario il significato del risultato. Cosa succederebbe se il bot avesse a disposizione tutte le parole possibili e dovesse cercare una soluzione? Qui ci viene in aiuto la teoria dell’informazione, che ci permette di dare una misura quantitativa (l’entropia) alla nostra conoscenza. Più l’entropia è alta, più informazione abbiamo in media. La prima scelta migliore pare essere SOARE (arcaico per “giovane falco”), che ha circa 5,89 bit di entropia. Questo valore significa che dopo averla giocata il numero medio di possibili soluzioni si riduce di un fattore 25,89, anche se c’è chi afferma che ROATE sia meglio. Mi stupisce solo che questo acronimo sia presente tra le possibili parole inglesi… Da qua si può andare avanti a cercare una seconda parola. Se non possiamo sapere in anticipo il nostro punteggio con il primo tentativo, dopo SOARE si dovrebbe usare THILK (altra parola arcaica che può significare “this” o “that”) che aggiunte 4,11 bit di entropia; ma a questo punto esistono altre coppie leggermente migliori – so che una comincia con SLANE ma non so qual è la seconda parola.

Tutto bellissimo, ma c’è un ma. Un computer non ha problemi a scegliere quelle parole e verificare a una a una le scelte rimanenti. Noi esseri umani non vogliamo certo ricordarci a memoria tutto l’albero di combinazioni possibili a seconda del risultato del primo nostro tentativo; quindi sceglieremo una parola diversa, subottimale ma più semplice da gestire. Al momento per esempio il mio primo tentativo è STARE, che non sarà il massimo ma è abbastanza buona. La morale di tutto ciò? Ricordarsi che va bene la competizione, ma dovremmo ricordarci che in fin dei conti stiamo giocando, e non val la pena perdere tutto il divertimento!

AlphaGeometry

una dimostrazione di AlphaGeometry (dal sito di Google DeepMind) A quanto pare, DeepMind ha colpito ancora. Il progetto di ricerca sull’intelligenza artificiale di Google ha costruito un software, AlphaGeometry, in grado di risolvere i problemi delle Olimpiadi di geometria quasi a livello delle medaglie d’oro assegnate (quindi, se non vado errato, al livello del 10% migliore dei partecipanti).

La cosa più interessante è però almeno a mio parere l’approccio scelto: AlphaGeometry non usa un linguaggio naturale ma uno altamente specializzato che da un lato è più facilmente parsificabile da un computer e dall’altro è leggibile (da un matematico, claro). Questo vuol dire che non solo ha spesso dato le risposte corrette (25 su 30 problemi del test), ma che le ha date in modo “matematico” e non tirando a indovinare come spesso pare capitare nei sistemi di AI. È vero, come si legge per esempio nell’articolo che gli sviluppatori hanno pubblicato su Nature, che il dominio della geometria piana euclidea è molto specifico e quindi è più facile trovare un modello che dia risposte corrette, ma credo che questo sia un passo avanti molto importante nel creare software davvero intelligenti.

(immagine dal sito di DeepMind)

Esistono oscillatori di tutti i periodi in Life

Immagino e spero che conosciate tutti Life: il “gioco” (uso le virgolette perché non c’è nessun vero giocatore: una volta decisa la configurazione di partenza il prosieguo è ) ideato da John Horton Conway in cui si vede evolvere una configurazione di caselle in un campo quadrettato infinito. Ciascuna “cella” (quadretto) può essere “viva” (colorata di nero) o “morta” (colorata di bianco), e ha otto vicini (le celle che hanno almeno un punto di contatto con quella di partenza). A ogni “generazione” le celle che hanno meno di due oppure più di tre vicini muoiono; quelle con due o tre vicini continuano a vivere, e nelle posizioni con esattamente tre vicini vivi nasce una nuova cella. In Life si può costruire praticamente di tutto: è stato infatti dimostrato che è equivalente a una macchina di Turing.

blocco in Life  oscillatore in Life  ape operaia in Life

Alcune configurazioni hanno la caratteristica che ritornano allo stato iniziale dopo un certo numero di generazioni; la configurazione viene detta oscillatore e il numero di generazioni che riporta alla configurazione iniziale è detto periodo dell’oscillatore. Qui sopra vedete un blocco (che ha banalmente periodo 1), un semaforo (periodo 2: a ogni generazione ci sono tre celle vive, o in orizzontale o in verticale), e un’ape operaia (periodo 9). Se cliccate sui link potete vedere come le configurazioni evolvono.

Una domanda che ci si può porre è se esistano oscillatori di un qualunque periodo. Dovrebbe essere evidente che basta verificare la cosa per i periodi che sono una potenza di un numero primo: se un numero è esprimibile come il prodotto di due fattori primi tra loro basta partire con le due configurazioni corrispondenti poste sufficientemente lontane tra di loro perché non interagiscano. Resta comunque un numero infinito di configurazioni originali da trovare: la situazione si sbloccò nel 1996, quando David Buckingham mostrò che era possibile trovare un oscillatore che poteva essere modificato per generare un qualunque periodo maggiore o uguale a 61. Nel 2013 il limite è sceso a 43, grazie a Mike Playle e al suo Snark Loop che poteva essere banalmente modificata per generare un qualunque periodo maggiore o uguale a 43.

Restavano dunque da riempire solo alcuni buchi, e lo scorso dicembre alcuni ricercatori hanno pubblicato un articolo dove mostrano gli ultimi due oscillatori mancanti, di periodo 19 e 41. Tutto questo è stato reso possibile dalla teoria – nuovi metodi di ricerca – e dalla pratica, vale a dire computer molto veloci per testare le configurazioni. È sempre bello quando un problema viene risolto definitivamente, no?

(immagini da Conway’s Life)

Ultimo aggiornamento: 2024-02-09 10:16