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Essere più vecchi di chi è nato nel nostro anno

Il mio amico Marco Fisk segnala questo articolo – che ovviamente non avrei mai letto altrimenti – dove Viviana Mazza scrive senza veruna vergogna che Biden «ha solo 15 anni di più in media rispetto ai nati nel suo stesso anno». Ve lo dico subito: Mazza ha tradotto (male: tanto valeva usare Google Translate) questo articolo di Bloomberg del maggio scorso che diceva

«Someone born in Colonial America in the 18th century had a life expectancy of just 28—skewed heavily, of course, by the fact that so many people died in infancy. When Madison took office, he was already more than twice as old as most of those born the same year. He was, in relative terms, much older than Biden, who is just 15 years older than the average life expectancy of his year group.»

e quindi che Biden ha solo 15 anni in più rispetto all’aspettativa di vita media di chi era nato nel suo stesso anno. Non sapere né l’inglese né la matematica non aiuta molto, quando bisogna scrivere un articolo.

Detto questo, il matematico che è in me trova comunque errata da un punto di vista logico anche la frase originale di Bloomberg, ancorché essa sia tecnicamente corretta. È vero che l’aspettativa media di vita di una persona nata nel 1942 era di 66 anni, e quindi Biden l’ha superata di 15 anni; ma quello che ci interessa davvero sapere è quanta percentuale delle persone nate nel 1942 è ancora viva oggi, oppure qual è l’aspettativa di vita attuale di chi è nato nel 1942 ed è ancora vivo. (Occhei, per essere davvero precisi quello che ci interessa è sapere quante di queste persone siano ancora attive, per avere un’idea di cosa si può fare a quell’età: ma trovare questi dati è parecchio più complicato, mentre quelli da me indicati dovrebbero essere disponibili nelle tabelle attuariali).

Il problema di base è sempre lo stesso: distinguere tra media e mediana. All’epoca di Madison l’aspettativa di vita era molto bassa a causa delle morti durante l’infanzia, ma chi arrivava alla maggiore età e scampava anche alle guerre poteva poi vivere abbastanza a lungo. Ecco dunque perché il paragone tra Biden e Madison è mal posto, almeno in questi termini. Ma qua in effetti occorre avere compreso qualcosa in più dell’aritmetica di base.

Ultimo aggiornamento: 2023-09-15 10:00

i contorsionismi di Maurizio Molinari

dall'incipit dell'articolo di Molinari Ieri Maurizio Molinari, direttore di Repubblica (nonostante tutto il secondo quotidiano italiano) ha scritto un fondo intitolato “I tre fronti aperti dalle fake news”. E va bene, direte, è giusto che un giornale serio prenda posizione contro le notizie fasulle.

Peccato che il primo pericolo che Molinari vede nelle fake news è verso… «la proprietà intellettuale dei contenuti, ovvero al copyright». Prima di proseguire, faccio sommessamente notare come proprietà intellettuale e copyright sono due cose distinte. A parte le licenze di copyleft come quella che usa Wikipedia, io posso rilasciare nel pubblico dominio quello che ho prodotto, e quindi il copyright per definizione non c’è; ma la proprietà intellettuale resta mia perché per la legge italiana è inalienabile. Uno si aspetterebbe che il direttore di un grande quotidiano avesse ben chiara questa differenza: evidentemente mi sbaglio. Ma il testo continua in modo peggiore.

Molinari infatti scrive (qui correttamente) «Ogni giornalista, e più in generale ogni persona, è titolare dei contenuti che crea e, eventualmente, diffonde su ogni piattaforma.» Poi però prosegue così, con grave sprezzo delle regole grammaticali italiane sulla divisione in frasi:

È un pilastro della credibilità della libertà di informazione perché ha a che vedere con la responsabilità personale, in ogni sua possibile declinazione. Dalla necessità di far fronte ad ogni conseguenza fino alle opportunità economiche che il copyright può offrire. Dunque, chi si appropria illegalmente di contenuti altrui, li copia e ripropone come se fossero propri o li diffonde senza autorizzazione commette una grave infrazione che genera danni intellettuali ed economici. Oltre ad essere la possibile genesi di falsità e inganni di ogni genere. Da qui la necessità che il diritto d’autore venga protetto con severità nella realtà digitale come già avviene in quella fisica, declinando online le norme dello Stato di Diritto in ogni legislazione nazionale.

Io posso capire che Repubblica, come tutta la carta stampata in Italia ma non solo, sia in crisi e abbia bisogno disperato di soldi. Sono anche felice che evidentemente a Repubblica si siano resi conto che forse le loro – ma non solo loro – gallerie di immagini “prese da Twitter” contenevano materiale protetto dal diritto d’autore e quindi anch’essi avrebbero dovuto essere puniti con severità. (Tra l’altro, ci sono ancora quelle gallerie? Non è che io guardi più molto il loro sito. Ho scoperto l’esistenza di questo articolo da Morning e sono andato su MLOL per leggerlo sull’edizione cartacea). Ma non riesco assolutamente a capire quali possano essere le “falsità e inganni” che possono capitare se uno ruba il materiale altrui… a meno naturalmente che il giornalista abbia effettivamente scritto delle fake news, e quindi prenderle e diffonderle ancora di più aumenta la possibilità che vengano credute.

Alain Elkann e i lanzichenecchi

l'articolo di Elkann L’articolo di lunedì su Repubblica di Alain Elkann (padre dell’attuale direttore proprietario di Repubblica, se ve lo foste scordati), su un suo viaggio in treno dove si è trovato circondato (nonostante fosse in prima classe!) da un gruppetto di “giovani lanzichenecchi”, ha generato una quantità incredibile di commenti, dalle parodie di tutti i tipi alla presa di posizione del CdR di Repubblica agli sberleffi degli altri quotidiani, soprattutto di destra (Il GiornaleIl TempoLiberoIl Foglio). Sono ragionevolmente convinto che Elkann padre si sia trovato in treno con un gruppo di giovani, si sia arrabbiato per qualcosa, e quindi abbia deciso di scriverci su un pezzo che ovviamente gli è stato immediatamente pubblicato. Ma…

Ma è interessante notare come l’occhiello “Un racconto d’estate” sia stato tagliato da tutti i ritagli che ho visto in giro, quasi come se si volesse far sì che il testo venisse letto come un reportage. Beh: io ho dei forti dubbi che per quanto bollito possa essere Alain Elkann, descrivendo quei giovani non avrebbe mai scritto «Nessuno portava l’orologio.» È ovvio che nessuno portasse l’orologio: lo facciamo solo noi boomer per abitudine, ma tanto con un furbofono sempre in mano non abbiamo bisogno di avere uno strumento per vedere che ora è. E a differenza di frasi come «tutti con un iPhone in mano» che fanno tanto “ah, signora mia, in che tempi viviamo!”, avere o no l’orologio non importa proprio nulla a nessuno. Insomma per me Elkann ha voluto fare il pezzo a suo parere arguto: non ci è riuscito per niente, come abbiamo visto, ma la gente lo ha sbertucciato per il motivo sbagliato.

Ultimo aggiornamento: 2023-07-26 20:35

Ah, gli extracomunitari

"gambiano"?

non che a Libero siano messi meglio…

L’altro ieri a Milano c’è stato un tentativo di stupro di una giovane dottoressa da parte “di un ghanese di 23 anni”. Oggi si è scoperto che il “ghanese” è statunitense. Visto che era stato lui a definirsi ghanese, direi che la narrazione di questi decenni del cattivo immigrato) è stata anche esportata oltreoceano.

Nota a margine: plauso a chi al sito del Corriere ha aggiornato la notizia iniziale segnalando che era americano. Però è interessante notare come (a) l'”extracomunitario” è diventato “straniero”, (b) che è sì “americano” ma “turista” (mica venuto a rubarci il lavoro e prendersi i 35 euro al giorno), (c) nel corso dell’articolo la persona risulti ancora essere ghanese. Piccole cose, ma tutte insieme la dicono lunga.

PS: mi è purtroppo chiaro che almeno in Italia “extracomunitario” ha un significato negativo e che quindi non può essere applicato ad americani svizzeri norvegesi e ora britannici. Ma visto che tanto era stato aggiunto l’inciso sulla nazionalità sarebbe bastato scrivere “un giovane” – pur evitando il “di colore” che fa tanto razzista – e l’informazione sarebbe stata la stessa. Per quanto riguarda il “ghanese”, probabilmente “ha affermato di essere ghanese” sarebbe stato più corretto, considerando la quantità di persone che danno false generalità e false nazionalità quando fermate.

Aggiornamento: (18 maggio) È anche interessante notare la titolazione di Libero prima e poi.

Ultimo aggiornamento: 2023-05-19 10:29

Grandi scoop

abbiamo un concetto di alta velocità diverso Repubblica ha un incredibile scoop sul semaforo dell’incrocio dove Ciro Immobile è riuscito a schiantarsi contro un tram con il suo suv. Il contenuto è riservato agli abbonati premium, e quindi non posso leggerlo, ma nella loro lungimiranza a Gedi ci consentono di vedere il video in esclusiva.

Il video è stato girato dieci giorni dopo l’incidente, quindi con l’incidente non ha nulla a che fare. Si vede il semaforo spento che diventa poi lampeggiante e rosso: io non lo definirei malfunzionamento ma comportamento standard quando viene acceso. Diamo comunque per buona la definizione di malfunzionamento. Gli è che secondo Rep «due autobus hanno già attraversato la strada a gran velocità come se fossero passati con il verde.» Non so quale sia la loro idea di “gran velocità”, ma a me pare tanto che i bus siano partiti a bassa velocità e poi accelerato dopo. Per confronto si può vedere l’accelerazione della macchina che arrivava da destra, ha girato a destra e ha accelerato.

Mi sapreste spiegare a cosa serve questo video, oltre a incrementare gli accessi?

narrazioni farlocche

Guardate questo tweet e ditemi cosa capite. Poi (se potete) leggete l’articolo. Scoprirete che a essere irregolari è la metà dei distributori controllati, 2.809 violazioni in dieci mesi rispetto a 5.187 interventi. (e già qui non sappiamo se i controlli sono casuali o mirati: nel primo caso possiamo assumere che anche in generale la percentuale sia quella, nel secondo no).

Ma soprattutto scoprirete che in queste violazioni «Quasi sempre (in 2.092 casi) il problema era la mancata comunicazione al Ministero, così come prevede la norma, del prezzo praticato per la benzina. Comunicazione che deve avvenire ogni otto giorni. Mentre negli altri casi (717) c’era un difetto di trasparenza nell’esposizione del prezzo al consumatore: il caso più frequente, veniva applicato quello del “servito” a chi invece faceva “self”.» In nessuno dei due casi si parla di aumenti del prezzo della benzina verso i consumatori.

Andando avanti, la GdF vuole controllare che non sia stato gonfiato lo stoccaggio dei depositi «chi ha comprato con un’accisa, potrebbe rivenderlo (se ha mentito su quanto carburante aveva in deposito) con una tassa più alta, lucrando così alle spalle dello Stato e del consumatore.» Ovviamente il lucro è solo alle spalle dello Stato. Il consumatore paga le accise che ci sono in questo momento.

L’unico punto in cui parla di una possibile frode ai danni dei consumatori è nascosto in fondo: un’indagine sulla filiera produttiva che potrebbe intervenire con «manovre distorsive della corretta dinamica di formazione dei prezzi». (Probabilmente lo ha fatto, e ho come il sospetto che l’abbia fatto legalmente, sfruttando i prezzi di riferimento calcolati su un mercato drogato). Però in questo modo il governo mostra di avere il pugno di ferro, e la stampa sedicente di opposizione segue a ruota. Niente male, no?

Aggiornamento: (12:30) Questo sito mostra i prezzi della benzina con e senza tasse. I dati (quelli che vedo oggi sono al 2 gennaio) mostrano un’alta variabilità tra le nazioni UE, dai 58,6 cent/litro a Malta ai 94,9 dell’Ungheria. L’Italia, con 76,9 cent, è leggermente sotto la mediana (tredicesimo posto su 27) e perfettamente nella media dei prezzi senza tasse. “Casualmente” nessuno dei politici e nessuno dei giornalisti che parla a sproposito cita questi dati. Sono misteri misteriosi, nevvero?

Ultimo aggiornamento: 2023-01-10 13:25

Anglofilia

Per comprensibili motivi, io ricevo la rassegna stampa su Wikipedia e Wikimedia. È un po’ sgarrupata, nel senso che devo scartare tutti gli articoli che hanno semplicemente una foto (giustamente) accreditata a Wikimedia Commons, ma va bene così. In genere trovo dai 10 ai 20 articoli: oggi ce n’erano ben 71, quasi tutti dedicati al nuovo “portale enciclopedico” russo presentato ieri e quasi tutti copiati più o meno verbatim dal lancio Adnkronos. Le testate più oneste lo segnalano, le altre fanno finta di niente.

Gli unici fuori dal coro sono stati quelli di Tag43, che hanno intitolato “La Russia prende le distanze da Wikipedia, ecco Znanie”. Naturalmente Znanie in russo significa “conoscenza”, esattamente come l’inglese Knowledge. Solo che evidentemente lo stagista di Adnkronos ha preso un lancio in lingua inglese, l’ha tradotto e non ha pensato che forse i russi non avevano usato un nome inglese per il loro portale; e tutti gli altri stagisti dei quotidiani hanno copincollato il lancio d’agenzia senza farsi troppe domande, che presumo non siano compatibili coi miseri emolumenti che prendono. A questo punto però tanto valeva fare gli autarchici e scrivere che si chiamerà “Conoscenza”, no?

Io non ho nessuna idea di quale sia la linea editoriale di Tag43, ma ho molto apprezzato come hanno trattato questa notizia.

Ultimo aggiornamento: 2022-12-21 11:04

il bonus matrimoni

È possibile che qualche parente di Domenico Furgiuele abbia un interesse sul business dei matrimoni. È certo che tutti i giornali che hanno parlato di 20000 euro di “bonus matrimoni” non si sono dati la pena di leggere il disegno di legge presentato dal deputato leghista calabrese insieme ad altri quattro compagni di partito: i 20000 euro sono il tetto di spesa detraibile al 20%. (Il tutto se hai meno di 35 anni e un reddito di coppia sotto i 23000 euro, ecc. ecc.)

Detto tutto questo, faccio notare – principalmente agli eventuali giornalisti tra i miei ventun lettori, ma siete tutti benvenuti – un paio di cose. No, non mi metto a parlare dell’ovvia incostituzionalità del DDL: per quanto la mia stima per molti parlamentari sia minima, non credo proprio che Furgiuele non lo sappia.

(a) Il DDL è stato depositato il primo giorno della legislatura insieme alla solita quantità inenarrabile di proposte di legge che servono solo per far parlare di sé e non vengono mai calendarizzate. A quanto pare c’è voluto più di un mese prima che un qualche solerte giornalista si accorgesse di questa proposta (anche leggendola male).
(b) Se uno dei suddetti giornalisti avesse aperto un browser e fatto la ricerca con testo “favorire l’accesso al credito per spese connesse” (parte del titolo della legge, giusto perché per pigrizia non l’ho messo tutto) avrebbe scoperto che l’ottimo Furgiuele aveva già presentato – con molti più colleghi, in effetti – un ddl dallo stesso titolo il 13 novembre 2018. Il testo del ddl, a parte modificare il 2019 in 2023, è identico; la presentazione quasi, perché Furgiuele ha giustamente aggiornato i dati sul numero di matrimoni.

Tutto questo l’ho trovato in dieci minuti circa. La mia domanda, ovviamente retorica, è “com’è che non ho trovato nessun articolo che dicesse queste cose”? Passi Twitter dove si sa che nessuno va a leggere i link postati, ma da un quotidiano mi aspetterei qualcosina di più…

Ultimo aggiornamento: 2022-11-21 13:43