Quest’inverno, a un certo punto mi sono accorto che il mio PC non aveva più il “mouse clitorideo”, quello che sta in mezzo ai tasti della tastiera. Non che lo usassi mai, ma mi dava fastidio vederlo così: fortuna che Anna si è comprata un netbook Dell, così ho aggiunto dodici euro all’ordine e ho preso due tappini. L’idea che mi ero fatto è che le nostre simpatiche gatte, che amavano acciambellarsi sul PC bello tiepidino dopo il mio esagerato uso, l’avessero tirato via per giocare.
La scorsa settimana mi sono accorto che il clitomouse non c’era di nuovo più. Dopo aver sacramentato il puro necessario e prima di mettere l’ultimo tappino, ho fatto un po’ mente locale: col caldo che sta facendo, un gatto non è certo così stupido da mettersi a prenderne ancora di più. Chiedo ad Anna di domandare a Regina se per caso, quando viene a fare i lavori di casa, si mette anche a pulire la tastiera del pc, e la risposta è stata affermativa. Dopo aver ulteriormente sacramentato, mi chiedo due cose: (a) perché bisogna pulire la tastiera di un PC? (b) Con quale foga la pulisce, per riuscire a tirare via quell’aggeggio? Sì, lo so che è bravissima a spaccare le cose, ma se ogni tanto azionasse il cervello probabilmente riuscirebbe ad avere notevoli margini di miglioramento…
(sì, ho capito: il PC deve stare chiuso quando non è usato)
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Il caso dei libri scomparsi (libro)
Questo libro (Ian Samson, Il caso dei libri scomparsi [The Case of the Missing Books], Tea Narrativa 2008 [2005], pag. 312, € 10, ISBN 978-88-502-1635-2, trad. Claudio Carcano) mi era stato segnalato da qualcuno come bellissimo; il qualcuno è fortunato che io non mi ricordi chi sia, perché altrimenti non lo farei più amico. La storia di per sé non è un gran che, con il protagonista londinese Israel Armstrong, bibliotecario mezzo ebreo e mezzo irlandese, che va in Ulster per un lavoro e scopre che le cose non sono esattamente come pensava lui, visto che non solo la biblioteca è circolante ma i libri sono scomparsi. Ma il peggio è che proprio non sono riuscito ad appassionarmi alle disavventure di Armstrong, il classico sfigato che per caso riesce ad avere un colpo di fortuna. Non basta l’indubbio amore per i libri che pervade il libro a far salire il voto.
Due note sulla traduzione italiana. Innanzitutto, non ha senso mettere decine e decine di note a piè di pagina – anzi a fondo libro – per spiegare chi erano Irving Berlin e Dewey: la probabilità che un lettore italiano non li conosca è esattamente la stessa che siano ignoti a un lettore inglese. La seconda cosa è una sensazione, e potrei sbagliarmi. In una delle gite di Armstrong a Bullygullable (qui la nota non c’era…) i locali parlano con un accento molto affettato e arcaico. Mi chiedo se è lo stesso tipo di accento dell’originale!
la spinta propulsiva di FacciaLibro
Sarà una mia impressione, ma Facebook non è più il Grande Attrattore dei mesi scorsi. Intendiamoci: continua ad essere frequentatissimo, e ho notato come ci siano persone che non si vedono affatto dalle parti del mio blog ma commentano sulla copia che posto di là. Però il numero di richieste di amicizia è drasticamente calato, e anche i thread che vedo in giro hanno molto meno messaggi di quelli di un tempo.
Il tutto può essere solamente una visione molto di parte – d’altra parte non c’è più nessuno che si iscrive alla pagina del mio fan club, il che significa che sono irrimediabilmente out – ma mi dà l’impressione che il fenomeno FaceBook si sia sgonfiato, e sia rimasto uno zoccolo duro che si è spostato direttamente lì, e una nuvola di gente che come me dà un’occhiata ogni tanto; ma non ci siano più le transumanze del 2008. Voi che ne pensate?
Le mie cose
Leggendo quest’opera prima di Marco Lazzarotto (Marco Lazzarotto, Le mie cose, Instar libri “i Dirigibili 26” 2008, pag. 257, € 13.50, ISBN 978-88-461-0093-1) mi è tornato alla mente il miglior Benni, quello di Terra! per intenderci. Le trovate assolutamente spiazzanti – a partire dall’incipit “Sono tormentata dai dubby” – sono immerse in una contemporaneità iperrealistica, un oggi che non esiste ma non sembra nemmeno troppo inverosimile, dalla serie di film tv “Il kebabbaro” al reality show “San Patrignano” con i vip che si disintossicano. Il titolo del libro è il nome di una rivista mensile (anzi, che esce ogni 28 giorni…) letta da donne di tutti i tipi; la protagonista, separata da un “vomitista”, ci tiene una rubrica. La sensazione di essere finiti in un mondo parallelo, in una Torino di chissà quale universo, è davvero forte. A parte avvisare il lettore che il libro in certi punti è parecchio splatter, devo solo fare un appunto. Il finale è un anticlimax, come se Lazzarotto non sapesse più come serrare le fila della trama, che in effetti aveva dei grossi buchi qua e là. Ma anche questo mi ricorda Benni :)
McDonald’s Classic
Non entro molto spesso in un McDonald’s, quindi non so da quanto tempo c’è stato questo cambio di paradigma: quando però ci sono passato la scorsa settimana, mi è saltato subito all’occhio. Una volta i menu erano di due tipi: normale e maxi, coll’inserviente che ti chiedeva regolarmente se lo si voleva maxi. Magari vi ricordate anche del film Super Size Me, quello che raccontava l’epopea di uno che aveva provato per un mese intero a nutrirsi solo ai McDonald’s accettando regolarmente la proposta “menu grande?”
Bene. Adesso non è più così. Quello che era il menu normale è stato ribattezzato McMenu Classic, mentre il Maxi è ora il McMenu senza ulteriori qualificativi. Confesso che non saprei se la mossa è stata fatta per introdurre un aumento surrettizio (chi chiede il menu senza aggiungere nulla si trova a pagare di più) oppure qualcuno lassù nel dipartimento marketing della multinazionale ha pensato che mentre una volta la parola “maxi” indicava qualcosa di superiore ora – almeno per quanto riguarda hamburger e affini – ha preso un significato negativo. O magari c’era solo bisogno di modificare qualche cosa perché si sa che il mercato deve sempre essere dinamico…
gioco della domenica: Balance Fury
Balance Fury è tutta questione di equilibrio. L’unica operazione che si può fare è far cascare dei blocchi su una specie di bilancia/altalena, cercando di mantenerla il più possibile in equilibrio. C’è una certa inerzia, quindi si può rischiare e far oscillare la bilancia nell’attesa di riequilibrarla con il pezzo successivo: ma ricordate che ci vuole un po’ di tempo prima che il nuovo pezzo venga prodotto, e poi bisogna aggiungere il tempo di caduta!
(via Passion for Puzzles)
La Grande Pandemia
Sono mesi e mesi che i media ci stanno sfracellando i maroni con la storia dell’influenza suina, che poi è diventata influenza A perché sennò non mangiavamo più carne di maiale, e che è una pandemia, e che moriremo a milioni come per la spagnola, e che stanno mettendo in quarantena tutti, e non provare a starnutire quando devi prendere un aereo, ché è più facile salirci su con un mitra, e magari facciamo partire le scuole più tardi per evitare il contagio (facendo fin arrabbiare i vescovi)…
Se uno però fa la fatica di leggere gli articoli e non i titoli, scopre che questa influenza esiste, ma è come una comune influenza. Qualcuno muore, esattamente come qualcuno muore di influenza tutti gli anni; il numero di vittime è bassissimo rispetto a quello dei contagi, forse addirittura inferiore a quello dell’Asiatica o dell’Australiana. E allora perché tutto questo cancan, che non è solo italiano ma mondiale?
Per una volta faccio il complottista e dico che è tutta una manovra delle case farmaceutiche, esattamente come nel caso dell’aviaria, dove sembrava che se non fossimo andati a cercare a carissimo prezzo le poche confezioni dell’antidoto specifico saremmo finiti nel mondo dei più: cosa che – almeno per me e i miei ventun lettori – non è certo capitata. Passi cascarci una volta, ma volete farlo anche la seconda?
_Il potere della stupidità_ (libro)
Ci sono tanti libri che parlano dell’intelligenza; singolarmente, ce ne sono pochissimi che parlano della stupidità, forse perché i potenziali autori temono di sembrare a loro volta stupidi. Questo non è certo il caso di Giancarlo Livraghi, che in questo breve saggio (Giancarlo Livraghi, Il potere della stupidità, Monti & Ambrosini “Diogene” 20072, pag. 147, € 12, ISBN 978-88-89479-01-8) si cimenta nella non facile impresa di parlare della stupidità in quanto tale. Nei vari capitoletti non si trattano esempi specifici, ma si cercano regole generali per poter riconoscere la stupidità, partendo dai pochi testi scritti sull’argomento – come ad esempio le leggi di Cipolla – e notando come la stupidità si possa pragmaticamente definire come un’azione che non solo danneggia te, ma non è nemmeno di vantaggio agli altri. Tutti noi siamo a volte stupidi: una volta accettato questo assioma risulta più facile operare per ridurre per quanto possibile la stupidità globale, senza però farsi troppe illusioni. Il libro è anche disponibile per uso non commerciale, insieme alla sterminata bibliografia livraghiana sul tema, sul sito http://stupidita.it/ . Nota: ora è in edicola la terza edizione, con una cinquantina di pagine in più.