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matematto non praticante

gioco della domenica: Max Damage

Questo Max Damage della Armor Games è un altro dei cosiddetti “giochi basati sulla fisica”. Il nostro Max – almeno immagino si chiami così – è uno che vuole distruggere tutte quelle belle cose che abbiamo in casa. Ha a disposizione un cannone il cui alzo e la cui potenza possono variare: nei quarantanove livelli del gioco serviranno tutte quelle possibilità. Quando non potete lanciare nulla addosso al vostro collega/compagno potrebbe essere una buona idea farci una partitina!
(via Passion for Puzzles)

domanda affermativa

Cito (via voglioscendere) una parte del testo con cui il nostro PresConsMin di sua propria mano ha accompagnato la querela al gruppo editoriale l’Espresso per le famigerate “dieci domande” che tutti i giorni appaiono su Repubblica.
«Il lettore è indotto a pensare che la proposizione formulata non sia interrogativa, bensì affermativa ed è spinto a recepire come circostanze vere, realtà di fatto inesistenti.»
Traduciamo dal legalese in italiano: secondo i silvioavvocati, anche in cima alla lista ci sia scritto “Dieci domande” e che ciascuna delle frasi termini con un punto interrogativo non significa nulla: i telespettatori medi – quelli che in tempi non sospetti il signor B. definì “undicenni neppure troppo intelligenti” – non si accorgono della cosa e pensano che quelle siano delle realtà vere e proprie. Mi domando se l’undicenne italiano sia così poco sveglio: ma se lo dice Lui allora dev’essere vero.
E adesso non venitemi a dire che Berlusconi avrebbe potuto semplicemente rispondere alle domande e farla finita lì, ché tanto non è sotto giuramento e comunque può sempre spergiurare di essere stato frainteso. Io sono ragionevolmente convinto che la querela sia stata fatta solo e unicamente perché il PresConsMin ha visto troppi film e vuole avvalersi della facoltà di non rispondere :-)

Virgilio Savona

Chissà perché il Corsera ha deciso di mettere la notizia della morte di Virgilio Savona nell’edizione napoletana del quotidiano online.
Il nome di Savona magari non vi dirà molto, ma ancora per la mia generazione il Quartetto Cetra è stato uno degli accompagnamenti musicali dell’infanzia. Lasciamo perdere il divertissement “Nella vecchia fattoria“, che poi è la versione italiana di non so quale brano popolare irlandese; ma in genere ho trovato sempre piacevole il loro modo garbato di raccontare le cose e gli arrangiamenti vocali – generalmente proprio di Savona – che davano un certo stile alle parodie musicali in cui erano bravissimi, come nella Biblioteca di Studio Uno. Sì, era la televisione degli anni ’60, forse addirittura la rivista degli anni ’50, e non vorrei certo tornare a quei tempi; però perché buttare via indiscriminatamente tutto quello che c’era allora? (E poi attenzione: nel 1970 Savona ha scritto per Gaber delle canzoni tratte da poesie di Ovidio, giusto per far presente che non è che qua ci fossero solo canzonette)
Vi lascio un link da YouTube, un successo dei Cetra della fine degli anni ’50: Un disco dei Platters. Se non sapete nemmeno chi siano stati i Platters… vabbè, tornate a sentire i Tokio Hotel.

la musica innata

Gelia mi ha segnalato questo video. Bobby McFerrin (“Don’t worry, be happy!”) inizia il suo show cantando una nota e invitando il pubblico a cantarla con lui. Poi si sposta un po’ in là e ne canta una un po’ più alta; dopo un po’ di allenamento, e partendo con solo quattro note, inizia a spostarsi su e giù per il palco, armonizzando il coro del pubblico. Ma la cosa più stupefacente è quando si sposta oltre le quattro note iniziali: il pubblico indovina (o magari sa dentro di sé?) qual è la nota giusta da cantare.
Per la cronaca, la scala utilizzata è la pentatonica: le note cantate inizialmente sono – a meno di trasposizione – do, re, mi e la basso. McFerrin dice poi che ha sempre avuto la stessa reazione dal pubblico dovunque si trovasse, come se la scala pentatonica fosse effettivamente innata in noi. Sarà vero? non lo so, però garantisco che il video dà da pensare.

Grande distribuzione: più concentrata di quanto sembri

Tutto è partito da questa notizia sul sito della BBC, che segnalava come il gruppo Carrefour aveva chiuso il primo semestre 2009 in perdita a causa di operazioni straordinarie in Italia. Che esistesse Carrefour Italia lo sapevo, che i supermercati GS siano comunque del gruppo Carrefour lo sapevo pure, ma la storia non finisce lì.
A quanto sono riuscito a scoprire, già nel 2000 Carrefour era entrata con un 20% nel capitale di Finiper (la società che gestisce i supermercati Iper); Finiper a sua volta si era presa il controllo dei supermercati Unes. La cosa è continuata più o meno così negli anni (vedi 2005, dicembre 2008, lo scorso luglio), il tutto naturalmente all’oscuro del consumatore che pensa di avere una differenziazione dei punti vendita. Probabilmente i 400 milioni segnati a perdita dal gruppo Carrefour serviranno per acquistare la quota di maggioranza in Finiper.
Infine una chicca: chi è il presidente di Carrefour Italia, nonché patron di Finiper e Unes? Tal Marco Brunelli, giovinotto classe 1927 il cui nome non dirà nulla a nessuno ma è stato il cofondatore di Esselunga assieme a Bernardo Caprotti e poi di quelli che ora sono i supermercati GS insieme al fratello di Caprotti, Guido. In pratica, quello che rimane della grande distribuzione italiana è nelle mani di due ultraottantenni.

Moria di librerie

È di questi giorni la notizia della chiusura di un’altra libreria milanese sufficientemente nota, la Libreria di Porta Romana; chiusura che segue quella degli Archivi del ‘900 (che mi ero perso, dopo il loro spostamento dalla parte opposta di Milano rispetto a casa mia) e quella della Libreria del Giallo.
Il Corsera ieri ha parlato un po’ più a lungo di questa moria di librerie, e aperto un forum dove come al solito è meglio lasciar perdere la lettura se non si ha il coraggio e la forza di tirare fuori le poche perle nel mare magnum dei commenti. Sapendo che qua nell’orticello il rapporto segnale/rumore è molto più alto, vi chiedo che cosa ne pensiate.
Da come la vedo io, il mercato dei libri, oltre che contrarsi, si è estremizzato; abbiamo da un lato i bestseller che trovi anche all’autogrill, da un altro lato le iperlibrerie tipo Feltrinelli e Mondadori, almeno nelle grandi città come Milano, e infine Internet per i divoratori di volumi e chi cerca opere della cosiddetta coda lunga (quorum ego). Forse nella cittadina da 20-30000 abitanti, diciamo anche 50000, una libreria “classica” – di quelle dove puoi chiacchierare con il libraio che ti consiglia il libro giusto per te e magari te l’ha anche tenuto da parte – può funzionare ancora. Ma mi sa che in una grande città il modello sia ormai irrimediabilmente superato. Il libro è un prodotto, e lo si vende come al supermercato. I gourmet ci sono ancora, ma l’offerta è così ampia che nessuna libreria standard può riuscire a gestire un magazzino decente.
Forse un print-on-demand davvero funzionante sarebbe una soluzione: mentre chiacchieri col libraio ti viene immediatamente stampata la tua copia. Ma questa mi sa sia troppo fantascienza.

Videocracy

C’è questo “documentario creativo” di Erik Gandini (nato e cresciuto in Italia, ora vive in Svezia) che racconta di trent’anni di un grande “esperimento televisivo” avvenuto in Italia. Che il sottotitolo sia “Silvio Berlusconi”, non c’è nemmeno bisogno di dirlo.
C’è questo trailer (due minuti e dieci, tante donne nude, qualche immagine di Silvio vestito, mai accoppiate nello stesso frame o in frame vicini) che non vedremo in tv: Mediaset, o meglio Publitalia, l’ha rifiutato dicendo che vedevano film e trailer come attacco alle tv commerciali; non posso dare loro tutti i torti. E la Rai?
Secondo Repubblica, la casa distributrice ha ricevuto una lettera in burolegalese di cui viene dato uno stralcio. Purtroppo non ho trovato la lettera originale, e il testo della Maria Pia Fusco che accompagna il virgolettato sembra uno dei miei post scritti mentre sto facendo tre altre cose; quindi non posso garantirvi la correttezza. Ve lo lascio comunque per il vostro sollazzo: “dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi «caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all’ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell’attività di imprenditore televisivo»”.
Io non so chi di voi abbia mai usato la parola “latamente”. A parte questo, raducendo in italiano il tutto direi che il risultato è più o meno “dal trailer non solo sembra che il PresConsMin sia un puttaniere, come sono in tanti ad affermare in questo momento; ma che lo sia stato in tutti questi decenni”. Onestamente, è possibile, oserei quasi dire probabile, che il film presenterà una tesi del genere; ma dal trailer io non me ne sono proprio accorto. Solo che in Rai sono tutti amici del giaguaro, e quindi avranno pensato che è meglio non fare nemmeno sapere che un film del genere esista; meglio perdere un po’ di soldi rifiutando di far passare il trailer.
Purtroppo la possibilità più semplice per rifiutarlo “ci sono troppe donne nude” se l’è giocata già da troppo tempo :-)