Mentre rientravo da pranzo, ho visto che davanti alla sede Telecom di Via Giacosa, in un punto in cui era chiaramente visibile la guardiola, un consegnatore TNT aveva lasciato il famigerato avviso di “cliente non trovato”, dove il nome del cliente era appunto Telecom Italia. Naturalmente a TNT non gliene può fregare di meno di quello che fa il consegnatore, e non credo proprio si metta a controllare se quello aziona il neurone quel tanto che basta a vedere che se sei in una sede Telecom e devi consegnare un pacco a Telecom magari può chiedere lumi al tipo che sta lì davanti e pagato per queste cose. O magari credeva che il pacco fosse per la signora o signorina Italia Telecom, e non avendo trovato il nome sul campanello – non garantisco nemmeno il campanello ci sia, quella è una sede presidiata 24 ore su 24 quindi le guardie sono là – se ne sia andato sconsolato. (anche se la guardia non avesse voluto ritirare il pacco, avrebbe comunque tenuto lui l’avviso, no? Quindi non è stato certo interpellato.)
Ma d’altra parte la chicca maggiore è stata vedere che il foglietto era stato corretto a mano in due punti. Dove c’era scritto “Numero verde 803 868”, la parola “verde” era stata sovrascritta da “199”. Numero a pagamento, fuori credo anche dalle promozioni varie. Tanto è colpa del cliente se il consegnatore non è riuscito ad accorgersi della sua esistenza, no?
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Gli amici si vedono nel momento del bisogno
Per la Festa della Libertà al Palalido di Milano sono riusciti a rimettere insieme i Gatti di Vicolo Miracoli. (E riesumare Gianfranco D’Angelo)
Alla fine della Fiera
Per chi come me Milano la bazzicava per andare allo SMAU, la fermata a cui scendere era Amendola-Fiera. Già quando avevano aggiunto come sottotiolo alla fermata Lotto “Fiera2” io personalmente avevo dei grossi dubbi al riguardo.
Bene, sabato scorso sono sceso ad Amendola-Fiera e ho scoperto che con l’ultimo restyling il nome della stazione è rimasto solo Amendola. Niente da eccepire, visto che i vecchi padiglioni della Campionaria sono stati ormai buttati giù; potremmo al limite chiederci perché a Lotto è stato riassegnato il sottotitolo “Fieramilanocity”, visto che comunque i nuovi padiglioni cittadini nella zona dell’ex Portello non è che siano così vicini. Ma tant’è. Mi resta comunque una sensazione di tristezza.
Perché non si può fare la number portability
Forse sapete che l’AGCOM, cioè il Garante delle Comunicazioni, ha imposto agli operatori telefonici di metterci al più tre giorni per il trasferimento del proprio numero di telefono a un altro operatore. Meno probabile sappiate la storia successiva; il TAR del Lazio ha sentenziato che la direttiva AGCOM era illegittima, e la scorsa settimana il Consiglio di Stato ha sospeso la succitata sentenza. In attesa che si pronunci direttamente Napolitano, la Triplice ha emesso un comunicato al riguardo.
Il sindacalese, come sapete, è forse ancora peggiore del politichese. Quello che ho scritto sopra è stato riportato così: «Il 14 settembre 2009, il Consiglio di Stato con ordinanza n° 4602 ha sospeso la sentenza del TAR del Lazio che dichiarava l’illegittimità della delibera dell’AGCOM la quale imponeva, agli operatori di Telecomunicazioni, di effettuare la portabilità del numero mobile entro tre giorni dalla richiesta.». Vi giuro che ho fatto fatica a comprendere la frase, e ce l’ho fatta solo per il contesto successivo. Ma il pippone è per qualcos’altro.
Il documento continua infatti parlando di «ricadute negative in termini occupazionali che il provvedimento sta generando con la perdita di centinaia di posti di lavoro, dei quali 400 già annunciati in Calabria da parte di Abramo Customer Care.» che immagino sia un subappaltante Telecom, anche se non è detto visto che il problema dovrebbe essere comune a Vodafone. Quei posti di lavoro sono infatti i callcentristi che ti chiamano a casa per la cosiddetta retention, vale a dire il tentativo di trattenerti usando le subdole arti delle offerte speciali in cui scopri che puoi pagare molto meno di quanto sganci adesso. Il callcentrista, poveretto, non ci può fare molto; ma a me il pensiero di qualcuno che mette su un lavoro sfruttando la burocrazia e cercando di allungare a dismisura i tempi personalmente fa davvero schifo. (Ammesso naturalmente che sia così e non una scusa: per fare una singola telefonata di retention, non è che ci voglia comunque un mese, no?)
E anche il sindacato, invece di chiedere di continuare ad allungare i tempi per far lavorare questa gente e pietire le aziende di ricercare con loro soluzioni per il loro riutilizzo, sarebbe meglio iniziasse subito a fare proposte e chiederle di discuterle., no?
qualche cosetta sui premi Nobel
Invece che prendere il caffè ho dato una rapida occhiata al sito della fondazione Nobel, e ho scoperto alcune cose interessanti.
– il premio Nobel per la Pace lo si assegna ad Oslo e non a Stoccolma, ma quando Alfred Nobel lo istituì la Norvegia non era indipendente ma parte della Svezia, anche se con un suo parlamento (lo Storting, quello che appunto assegna formalmente il premio). Insomma, nulla di strano.
– a differenza di quello che pensavo, non è vero che chiunque possa nominare una persona o un’organizzazione per il Nobel per la Pace. Però sono in tanti a poterlo fare, tra cui Niccolò Ghedini (in quanto parlamentare)
– non si pronuncia NObel, ma NoBEL. Non so se la e sia aperta o chiusa, però propendo per la seconda ipotesi.
Ora potete fare la vostra porca figura quando voi sarete al caffè!
tanto non serve studiare
Milano aveva sempre avuto una tradizione di autonomia. Lasciamo perdere che persino la messa la si fa diversa che dal resto del mondo cattolico: ma in genere la parola “municipale” e soprattutto “civico” sono spesso visibili andando in giro per la città – restando sulla religione, lo sapete che in via Torino c’è il Civico Tempio di San Sebastiano? – e portavano su di sé l’orgoglio della milanesità. Tanto per dire, la linea rossa della metropolitana, la prima in Italia, era stata autofinanziata dal Comune.
Poi siamo entrati nel ventunesimo secolo, e la prospettiva cambia completamente. L’assessore a Famiglia, Scuola e Politiche Sociali Mariolina Moioli ha infatti deciso di abbracciare completamente le scelte della sua corregionaria Maria Stella Gelmini, e ha così pensato bene, assieme alla sua sodale di lunga data Letizia Moratti, di eliminare uno zero: le 20 classi del civico liceo serale Gandhi sono rimaste 2. Il tutto naturalmente deciso di agosto, quando fa caldo e soprattutto non c’è nessuno a protestare. Peccato (per la Moioli e la Moratti) che le proteste siano immediatamente partite a settembre, con l’occupazione e le varie iniziative.
A chi pensasse che il Comune era obbligato per legge a questi tagli, spiego subito che è proprio falso: la legge vale ovviamente per le scuole statali, e non per quelle paritarie come appunto è la Gandhi. Aggiungo inotre una considerazione: un liceo serale non è certamente una scuola facile da frequentare, e chi ci va lo fa generalmente perché di giorno deve fare qualcos’altro (allenarsi perché è un atleta, lavorare perché la sua famiglia ha bisogno di un reddito…) ma allo stesso tempo pensa che sia anche importante studiare, e non solo per il pezzo di carta: altrimenti non avrebbe comunque scelto un liceo. Quando si pensa ai tagli da dover fare, si deve anche pensare a quello che sta dietro ai tagli stessi, cosa che mi sa non capiti più spesso… a meno che naturalmente non si ritenga inutile questo tipo di opportunità, perché tanto basta non studiare. Io sono notoriamente contrario alle petizioni online, come quella preparata dagli studenti; però invito i milanesi a recarsi in piazza 25 aprile a mettere il proprio autografo sulla petizione. Trovate più informazioni sul sito degli studenti, http://gandhi-in-rivolta.blogspot.com/
Un’ultima cosa, riallacciandomi a quanto scrivevo all’inizio. La giunta comunale milanese comprende anche la Lega, un partito che dell’autonomia ha fatto la propria ragion d’essere. Capisco la Moioli che in fin dei conti se non erro è di area cattolica di destra e potrà pensare che tutti questi studenti possano andare più proficuamente in qualche scuola religiosa; ma possibile che a nessun leghista milanese venga in mente che l’autonomia consiste anche in queste cose?
_The Monty Hall Problem_ (libro)
(se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Ricordate il paradosso di Monty Hall? Lo trovate anche su Wikipedia. Siete concorrenti di uno show, e dovete scegliere una di tre porte, sapendo che dietro una sola di esse c’è un premio: dopo che avete fatto la scelta, il presentatore apre una delle altre due porte – scegliendone una senza premio, e prendendone una a caso se può farlo. A questo punto vi chiede se volete cambiare la vostra scelta. Che fate? La maggior parte delle persone, compresi molti matematici, dicono che è indifferente cambiare o mantenere la scelta iniziale: e invece no, conviene di gran lunga cambiare scelta! La cosa è così controintuitiva, e soprattutto dipende così sottilmente dalle ipotesi fatte, che l’autore di questo libro (Jason Rosenhouse, The Monty Hall Problem, Oxford University Press 2009, pag. 194, $24.95, ISBN 978-0-19-536789-8) – scherzando ma non troppo – dice che si potrebbe fare un corso di calcolo delle probabilità solo basandosi sulle varianti del paradosso! In effetti il libro l’ha scritto, anche se fortunatamente per noi lettori il testo non è troppo pieno di formule e cerca sempre di dare una spiegazione qualitativa prima che quantitativa. Non solo il paradosso è controintuitivo, ma è anche molto sensibile alla sua formulazione: basta cambiare appena il testo, e la risposta cambia. Rosenhouse parte dalla storia del paradosso – un problema equivalente apparve nel 1959 nella rubrica tenuta da Martin Gardner sullo Scientific American; racconta la sua esplosione negli anni ’90 e mostra una serie di varianti, ciascuna delle quali ha una risposta leggermente diversa. Infine dà un’occhiata a come il paradosso viene studiato in psicologia… e persino nella meccanica quantistica!
Diciamo che se non vi viene il mal di testa a star dietro a tutte le minuzie possibili, alla fine della lettura avrete imparato due cose: a non fidarvi del vostro buon senso, e a stare molto attenti al calcolo delle probabilità!
Trombature eccellenti
Scopro da letturalenta che la votazione per il leader dell’Unesco ha visto vincitrice Irina Bokova, che ha superato sul filo di lana il ministro della cultura egiziano Faruk Hosni; quest’ultimo era il candidato geopolitico ufficiale, perché toccava agli arabi.
In effetti, sia la compassata Wikipedia in inglese che il più sanguigno ferrariano Foglio raccontano di come Hosni avesse affermato di voler bruciare tutti i libri israeliani presenti nella biblioteca di Alessandria (poi naturalmente ha detto di essere stato frainteso) e che comunque ha sempre avuto posizioni fortemente antisioniste se non addirittura antisemite; non esattamente le referenze migliori per diventare capo del braccio culturale dell’Onu, diciamocelo.
Poi vorrei però sapere se è vero quanto scrive Meotti, che cioè due anni fa (alla prima trombatura) il suo nome è stato lanciato da Ugo “Palmiro” Intini per conto del governo Prodi II, e chi è stato ad assegnargli la cittadinanza italiana.