Dal mio infimo punto di vista, mi pare chiaro che – se si vuol dare un significato nazionale a una consultazione locale – le elezioni regionali saranno vinte dalla coalizione che ha strappato più regioni all’altra; insomma se il centrodestra ne guadagnasse anche solo una in più rispetto all’attuale coppia Lombardia-Veneto avrebbe diritto di cantar vittoria, anche se al centrosinistra ne rimanessero otto su 11 al voto.
Accetterei comunque come parametro di vittoria “quel che conta è il numero totale di voti alle due coalizioni“, separando insomma il dato dei consigli regionali da quello del “voto nazionale”.
A quanto pare però Berlusconi non apprezza più nessuna di queste forme, e ha deciso che vincerà chi amministrerà più cittadini. Ecco, questo non mi pare sensato. Persino in uno stato come l’Italia che federale non è, le regioni – come regioni, claro – contano tutte allo stesso modo. Per dire, per chiedere un referendum costituzionale occorrono cinque regioni, non “cinque regioni con tot abitanti”. Poi è chiaro che i senatori sono eletti su base regionale e proporzionalmente alla popolazione, ma quello è appunto il Senato e non un organismo locale.
Mi resta da capire la ragione di questo voltafaccia (che come dico all’inizio non è nemmeno utile) e perché non si può più fare come una volta che si aspettavano i risultati per dire tutti “abbiamo vinto”
Aggiornamento: Ci ho pensato un po’ su. Il probabile guaio è che gli slogan elettorali sembra debbano essere sempre enormi per riuscire a far presa sull’elettorato. Così il centrodestra non poteva limitarsi a dire “ci basta prendere una sola regione in più” ma all’inizio voleva la maggioranza delle regioni: adesso deve per forza trovare un qualche altro tipo di “maggioranza”.
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_Alice in Wonderland_ (film)
Dopo aver sbolognato i gemelli al mare dai nonni, come prima cosa abbiamo dormito: la seconda è stata però andare al cinema, per vederci l’ultima fatica di Tim Burton, Alice in Wonderland. Siamo dei tradizionalisti e ce lo siamo visti in 2D, nonostante la cassiera del cinema ci abbia guardato con aria stranita dicendoci “ma lo sapete che lo spettacolo delle 19:10 non è in 3D?”
Ah sì, il cinema. Siamo andati per la prima volta all’UCI Bicocca, arrivati una decina di minuti in anticipo (senza nemmeno farci convalidare il biglietto… non c’era la maschera all’ingresso), entrati nella sala da 260 posti… e l’abbiamo trovata completamente vuota, come da foto. (La persona che si vede è Anna) A dire il vero, alla fine il pubblico è triplicato, perché alle 19:25 è entrata una coppia con due figli. Sicuramente loro sono più esperti per quanto riguarda la programmazione rispetto a noi, ma sono stati comunque fregati. Alle 19:10 è iniziata la pubblicità, che è durata venticinque minuti. Una cosa incredibile. Sì, abbiamo visto lo spot elettorale della Lega Nord che in effetti è stato fatto molto bene, ma il tutto è qualcosa di incredibile…
Ah, ma magari vorreste sapere qualcosa sul film? Beh, è molto bello. Tim Burton ha fatto bene a fare quello che in realtà è un sequel, che dell’Alice carrolliana mantiene più che altro un gioco di citazioni. D’altra parte ha così potuto lasciare quell’ambientazione gotica che gli piace tanto, rovinata giusto dal fatto che la sceneggiatura è quella di una storia di iniziazione: un sempreverde, vedi tutto il ciclo di Harry Potter, ma alla fine un po’ stucchevole.
Attori: Mia Wasikowska è un’Alice ventenne troppo carina, Helena Bonham Carter è semplicemente favolosa come Regina Rossa, mentre Anne Hathaway è stucchevole come Regina Bianca. Per quanto riguarda il Cappellaio Matto, Johnny Depp ha semplicemente rifatto un Willy Wonka giusto con gli occhi verdi. Diciamo che mi sarei aspettato di più da lui.
Gli effetti speciali sono a mio parere favolosi, nel senso che non si notano (come ho scritto, non so se e come il 3D modifichi la percezione: tanto in questo caso è una postproduzione, quindi non è un problema). Visto che è ovvio che ci sono, vuol dire che sono perfetti, no?
In definitiva, vale la pena di vederlo, perlomeno se siete amanti dei film di Tim Burton e/o carrolliani. Non ve ne pentirete.
Chi non votare: Domenico Zambetti
Lo so, la legge non solo permette ai candidati di farsi dare gli indirizzi di casa della gente, ma concede anche loro tariffe postali obbrobriosamente basse. Ciò non toglie che io non solo non voterò mai uno che mi manda posta a casa, ma lo esporrò a questa privatissima gogna.
Zambetti, per i non lombardi, è quello che già a gennaio ha tappezzato Milano di cartelloni 6×3 con la sua foto in stile warholiano, il che significa che o è ricco di suo o la politica paga niente male. Ma soprattutto è uno che è già consigliere regionale da due legislature e assessore regionale da quattro anni. Se ha bisogno di ricordare a tutti che esiste vuol dire che non è che abbia compiuto gesta tali da essere noto… e qualcosa vorrà dire anche questo :-)
moratoria sui numeri di piazza?
È divertente vedere che per una volta è il PDL a lamentarsi delle stime della questura, che hanno ridotto di un fattore sette il numero di persone presenti alla manifestazione di sabato in piazza san Giovanni. Bisogna anche dire che a sinistra non è che abbiano la coscienza pulita, anzi: tanto che più che parlare di numeri tirano fuori foto aeree di altre manifestazioni del passato, da cui si evince che i sostenitori del Partito dell’ammmmore sono tutti molto piccini e pertanto in un metro quadro ce ne stanno molti, molti di più rispetto ai comunisti e vascorossiani.
Credo insomma sia venuto il momento di darci un taglio. Alle stime, intendo. Facciamo che per un anno non si diano più i numeri delle varie manifestazioni e che una commissione bipartisan parta dalle immagini aeree in una giornata di sole e in una di pioggia e stimi il numero di persone che possono stare nei pixel della foto? Così poi le cose diventano più semplici :-)
gioco della domenica: Home Sheep Home
Le pecorelle non servono solo ad addormentarsi. In questo gioco abbiamo tre simpatiche pecorelle (Shirley, Shaun e Tummy) che devono andare da una parte all’altra dello schermo, riuscendo in qualche modo a evitare gli ostacoli. Le tre pecore sono molto diverse tra di loro, e quindi ognuna ha le sue caratteristiche che devono essere sfruttate per risolvere gli schemi: una per tutte e tutte per una! Io mi sono divertito come un cretino nei pochi schemi che ho provato…
(via Adamo Lanna)
I cinque libri (libro)
Credo di non essere l’unico della mia generazione ad essere stato allevato con racconti e filastrocche di Gianni Rodari. Ricordo la mia copia di Favole al telefono che avevo rovinato a furia di leggermela e rileggermela. In questo libro (Gianni Rodari, I cinque libri, Einaudi [ET Scrittori 316], pag. 755, € 24, ISBN 978-88-06-17959-5) Einaudi ha raccolto i cinque principali libri per bambini del famoso scrittore – Filastrocche in cielo e in terra, Favole al telefono, Il libro degli errori, C’era due volte il barone Lamberto, Il gioco dei quattro cantoni – impreziositi dagli “scarabocchi” di Bruno Munari. In questi mesi mia moglie ed io abbiamo man mano letto il libro ai nostri due neonati, anche se ovviamente sono troppo piccoli per apprezzare altro che non sia il suono delle nostre voci; ma intanto ci siamo sollazzati noi; uno capisce perché l’aggettivo “favoloso” derivi da “favola”… Tra l’altro, sono stato piacevolmente stupito dalla storia C’era due volte il barone Lamberto che non conoscevo, e che è in un certo senso una “favola didattica”, come in parte lo sono i racconti di Il gioco dei quattro cantoni. Ci sono infatti molte scene in cui vengono spiegate con dovizia di particolari le varie nozioni che appaiono, però Rodari lo fa in modo così piacevole che nessuno se ne accorge. Una cosa che da piccolo non avevo notato era il tono dichiaratamente politico – Rodari era un militante del PCI – delle chiuse di alcune storie; l’ottimismo che traspare purtroppo non è stato corrispondente alla realtà pratica, ma forse non è che ci possiamo aspettare più di tanto da una favola. Quello che invece mi sarei aspettato da Einaudi è una cura migliore del testo: ho infatti trovato decine di refusi. Dal tipo di errori, s direbbe quasi che abbiano preso un OCR per ottenere il testo in formato elettronico da una loro vecchia versione…
La scuola sta male
(post molto autoreferenziale, nel senso di casta ché di me per una volta non si parla)
Quando eravamo piccini oggi si stava a casa da scuola, e si correva la Milano-Sanremo (no, questo non c’entra nulla, facevo solo un po’ di amarcord)
Chissà se è un caso che sia Leonardo che Galatea hanno scelto la giornata odierna per scrivere di come ormai non solo la scuola italiana è allo sfascio, ma gli insegnanti stessi ormai sono rassegnati.
O magari sono io che leggo solo blogger notoriamente di sinistra.
Ricordi del passato?
Ho installato Google Maps sul mio telefonino. Peccato che l’APN aziendale mi blocchi la connessione, e quindi non possa usarlo se non a casa quando mi connetto alla wifi: ammetto che la cosa non è molto utile, ma fa lo stesso.
Com’è come non è, stasera ci ho giochicchiato su. Generalmente mi indicava che mi trovavo in un raggio di cinquecento metri da un paio di punti che immagino siano le basi delle antenne TIM, cosa che mi va benissimo. Stasera però mi ha dato un raggio molto più preciso (80 metri), il che sarebbe preoccupante. Ma quello che è davvero preoccupante è che la posizione dove secondo lui mi trovo è … la vecchia casa, che è a quasi un chilometro e mezzo in linea d’aria!
L’unica cosa che mi viene in mente, a parte l’uso di una macchina del tempo, è che Google sia riuscito a recuperare i dati della mia connessione ADSL e avere una geolocalizzazione: anche se a dire il vero ho chiuso una linea telefonica e ne ho aperta un’altra, quindi la cosa sembrerebbe improbabile. Notate che anche i dati di geolocalizzazione che ci sono ad esempio nel mio blog non sono mai esatti ma approssimati, quindi non sono certo stato io a darglieli… Misteri informatici!