Tra i commenti di chi come me ha letto questo libro (Fritz Leiber, Novilunio [The Wanderer], Mondadori – Urania Collezione n. 58, novembre 2007 [1964], pag. 467, € 4,90, trad. Ugo Malaguti) in edizione italiana, molti affermano che la traduzione gli ha fatto perdere la maestà del testo originale. Può forse essere così: sicuramente la prosa è piana, diciamo in stile Asimov. Non avendo però a disposizione il testo inglese, mi limito a fare alcune considerazioni sulla storia, precedute dalla considerazione banale che non ho capito perché il titolo italiano non poteva essere la letterale traduzione di quello originale, “il Vagabondo”. Leiber ha tentato, come nota anche Giuseppe Lippi nella postfazione, di scrivere un libro di fantascienza che entrasse contemporaneamente in più generi: dalla space opera avventurosa degli anni ’30 e ’40 (non per nulla E.E. “Doc” Smith vi è spesso esplicitamente citato) alla hard SF con dati scientifici spiattellati per ogni dove al romanzo più o meno intimista incentrato sulle persone; e per fortuna che nel 1964 la fantascienza alla Brunner e Silverberg non era ancora di moda. Per ottenere questo risultato, Leiber scelse quella che oggi è una forma di scrittura relativamente usuale ma allora era probabilmente una novità assoluta: mischiare assieme storie diverse, passando da una all’altra di colpo. Non è detto che queste storie – a differenza per esempio di quello che farà Evangelisti vent’anni dopo – alla fine si riallaccino in un’unica trama, né che arrivino alla fine: alcune termineranno infatti brutalmente con la morte dei protagonisti. Questa mancanza di unitarietà globale è una pecca del libro, così come il finale, che è davvero anticlimatico e sembra quasi essere stato messo lì posticcio per darci un taglio. Per il resto, però, il libro resta una piacevole lettura per parecchie ore di svago.
Ultimo aggiornamento: 2011-09-14 07:00