Leggo sulla Stampa che la Siae, sempre pronta a queste iniziative, si è unita alla class action americana contro Google, rea non solo di voler mettere a disposizione di tutti le copie digitali dei libri pubblicati, ma anche di avere proposto una transazione – c’è ancora un mese di tempo per aderire o rifiutare – che darebbe a ogni autore ben sessanta dollari per la cessione definitiva di tutti i diritti “digitali” di un libro.
È abbastanza logico che gli scrittori americani famosi (leggete qua un articolo di un rappresentante della Writers Representatives) siano contrari a questa regola, esattamente come i musicisti famosi non sopportano la musica distribuita liberamente. Più divertente leggere i commenti degli scrittori italiani: Vattimo spiega «In generale sono per la libera circolazione delle idee sulla rete e per quanto mi riguarda sono ben felice se le mie idee trovano larga eco sul Web. Personalmente, quindi, non farei mai unazione legale di recupero crediti. Cosa diversa è se si muove un editore o il mio editore in particolare» mostrando come si possa riuscire a protestare assoluta innocenza mandando avanti qualcun altro; Alberoni ironizza sul fatto che tanto Innamoramento e amore è stato mal tradotto in inglese, e gli anglofoni non lo capiscono (sì, questa è ironia), ma si arrabbierebbe molto «se su Google apparissero senza mia autorizzazione le traduzioni in francese, spagnolo, portoghese, tedesco, svedese o giapponese, alcune delle lingue in cui sono stati pubblicati miei libri con grande successo e quindi ricavi per me». Bisogna dire che almeno lui ha l’onestà di dire che il problema è la vil pecunia.
La mia domanda è: ma si perderebbe davvero tanta vil pecunia? Io ammetto di avere dei limiti personali, ma non riesco proprio a leggere un libro su un monitor. Persino i manuali tecnici li preferisco in doppia versione: rilegati per studiarli, e online se devo cercare al volo qualcosa. Secondo me anche i long seller verrebbero comunque acquistati lo stesso; non so come sia il mercato americano, ma qua da noi ci si divide in lettori compulsivi che comprano tutto perché piace loro la carta, e non-lettori che vanno in libreria una volta l’anno perché regalare a Natale un libro fa sentire acculturati, e non potrebbero fare lo stesso con un file. Probabilmente decidere un periodo di un paio d’anni prima di un forfait per la fruizione digitale (via, facciamo cinque anni per la narrativa visto che sono buono) sarebbe un buon compromesso, ma non credo nessuno abbia voglia di raggiungerlo.
Sarebbe però interessante sapere come vanno le vendite dei pochi coraggiosi che in Italia pubblicano sotto Creative Commons e lasciano la versione digitale delle loro opere!
Ultimo aggiornamento: 2009-03-31 15:02