Archivi annuali: 2008

non è censura (solo idiozia)

Chi mi legge sa che sono un assiduo lettore del blog di Paolo Guzzanti, che secondo me è quasi più divertente del figlio Corrado (con Sabina e Caterina non c’è storia, il padre vince a man bassa). Non fermatevi ai titoli wertmülleriani, o meglio da romanzo d’appendice settecentesco; la parte migliore è il modo in cui Paolo il Rosso viene a patti con i suoi lettori e commentatori.
Oggi, dopo una lunga serie di tirate contro quelli buttati fuori e riapparsi sotto falso nome, Guzzanti ha emesso il suo ukase.
«Da oggi funzionerà così: chi si iscrive riceverà una mia mail in cui verranno chieste le generalità controllabili, un numero di telefono fisso e un indirizzo postale.
Chi fosse senza fissa dimora e avr soltanto un cellulare anonimo – che peccato – non potrà stare qui.»
Non so, né me ne importa, se questa procedura sia lecita: probabilmente sì, perché è strumentale al servizio offerto “postare sul blog Rivoluzione Italiana”, e quindi il rifiuto di conferire i dati richiesti impedisce semplicemente il servizio. Resta il fatto che, nonostante il parere opposto di Guzzanti, quella è censura. Nulla di cui stracciarsi le vesti, anch’io censuro i commenti (nel senso che li verifico prima di accettarli); ma a parte l’ipocrisia del nostro, faccio notare che lui è un Senatore della Repubblica Italiana e che potrebbe tranquillamente permettersi qualcuno che verifichi i commenti ed elimini quelli dei «professionisti guastatori che vagano di blog in blog portando zizzania, distruzione, insinuazioni, scherno, derisione, perdite di tempo, sabotaggio», senza schedare nessuno. O magari il Grande Progetto di Guzzanti senior richiede necessariamente un insieme di obbedienti e rintracciabili sodali?
(nel caso qualcuno arrivi qua da Rivoluzione Italiana: non ho mai postato alcun commento da quelle parti, perché dal mio punto di vista la registrazione necessaria era già troppo invasiva. Non è un problema di anonimato: chi frequenta il mio sito sa che ci sono tutti i dati che permettono di sapere chi sono)
Aggiornamento (13 giugno) Guzzanti ha pubblicato la sua richiesta di dati, dove spiega che Rivoluzione Italiana «non è dunque un forum, non è una mailing list, ma una pubblicazione che ha un direttore» (attenzione!) e contnua spiegando che «Come direttore ho la responsabilità di una omogeneità di stile che garantisca una completa libertà di espressione di opinioni politiche e di qualsiasi altro genere.» Non che io capisca come l’omogeneità di stile possa essere lesa dai commenti, ma ribadisco: io non sono Senatore della Repubblica Italiana, quindi mi mancano i fondamentali.

Ultimo aggiornamento: 2008-06-12 14:56

dimenticate il codice della strada

Ho letto questo articolo sull’edizione torinese di Repubblica. Lasciamo perdere come l’articolista sia riuscita a fare un fritto misto tra la taratura degli autovelox e quella dei semafori che ti pinzano col rosso: cito testualmente: «una temperatura troppo elevata o troppo bassa, le vibrazioni dei mezzi sulla strada, l´angolazione della telecamera rispetto all´asfalto possono falsare il dato registrato». Tenendo conto che la macchina fotografa il semaforo e il veicolo. iimmagino che le vibrazioni potrebbero causare un effetto doppler che faccia virare il colore del semaforo dal verde al rosso, e la temperatura scaldare la pellicola o il CCD sempre per cambiare il colore. Ma l’angolazione della telecamera? ha forse un grandangolo che sposta di qualche metro la striscia di arresto, e fanno sembrare l’auto inopinatamente avanzata fino in mezzo all’incrocio?
Ma credo che sia molto più “istruttivo” il motivo per cui un imprenditore di Chieri è riuscito a farsi cancellare la multa «Stando al suo racconto, l´uomo avrebbe attraversato con il verde ma a causa della coda quando il rosso è scattato si trovava ancora in mezzo alla strada. Peccato che questa circostanza di forza maggiore non potesse essere rilevata dalla fotografia arrivata a casa.» Davvero interessante. Dire che il Codice della Strada (articolo 145, comma 7) affermi che «È vietato impegnare una intersezione o un attraversamento di linee ferroviarie o tranviarie quando il conducente non ha la possibilità di proseguire e sgombrare in breve tempo l’area di manovra in modo da consentire il transito dei veicoli provenienti da altre direzioni.» Concetto molto complicato, visto che il giudice di pace non ha ritenuto opportuno usarlo e ha scelto di dare ragione all’imprenditore (un Sìlviolo in sedicesimo?) Certo, ci possono essere casi in cui tu sei costretto a metterti in mezzo all’incrocio per forza maggiore: ad esempio, se dietro di te arriva un’ambulanza a sirene spiegate e tu devi farle strada. In questo caso mi aspetto però che ci sia anche la foto dell’ambulanza ;-) Ma in effetti non vale la pena di fare tutta questa fatica, quando basta avere un avvocato abbastanza furbo.

Ultimo aggiornamento: 2008-06-12 11:18

_Unknown Quantity_ (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Nella matematica che si fa a scuola la geometria quanto quanto è comprensibile: le figure almeno le si vede. L’analisi matematica, con derivate e integrali, è appannaggio di pochi (s)fortunati. Ma quello che probabilmente fa odiare a tutti la matematica sono le equazioni e i polinomi; quello che viene chiamato algebra. Un libro come questo (John Derbyshire, Unknown Quantity, Plume 2007 [2006], pag. 374, $16, ISBN 978-0-452-28853-9), che racconta la storia dell’algebra partendo dai babilonesi per arrivare al ventunesimo secolo, potrebbe essere visto come il fumo negli occhi. Non è così, per fortuna. Il punto di vista di Derbyshire, che fa lo scrittore ma in fin dei conti è laureato in matematica, si può sintetizzare dicendo che l’algebra è il modo che la matematica ha per rendere astratte le cose concrete. Così le formule numeriche babilonesi ed egizie sono i primi esempi “algebrici”, ancora legati a esempi assolutamente concreti: col passare dei secoli si è inizialmente riusciti a immaginare che ci possano essere delle incognite, cioè dei valori che non conosciamo ancora ma che possiamo trattare come numeri; dei coefficienti, degli enti che sono sì dei numeri ma non ci interessa quali siano; dei nuovi tipi di numeri, negativi e immaginari; fino ad arrivare alle strutture come matrici, gruppi, anelli che nascono da esempi concreti e poi si iniziano a studiare come enti per conto proprio da cui si può addirittura proseguire nell’astrazione.
Gli sviluppi della seconda metà del ‘900 sono almeno a mio parere incomprensibili e si possono tranquillamente saltare, ma il resto del libro è piacevole, e tra l’altro Derbyshire sembra farsi un punto d’onore a fare conoscere tutti i matematici che hanno fatto scoperte che poi sono state chiamate coi nomi di altri matematici. Questo significa che finalmente non sarete costretti a sorbirvi solo i soliti Abel e Galois: vi pare poco?

Ultimo aggiornamento: 2017-07-09 19:33

L’ultimo regalo di Prodi

Ricordate che due mesi fa vi avevo parlato del debito pubblico italiano e dei conti di gennaio 2008? Bene, sono passati appunto due mesi, ed ecco che i giornali parlano dei dati di marzo. Occhei, il Corsera ha dei problemi nello spiegare le cose: scrivere «Il debito sale così per il terzo mese consecutivo. Si tratta, in ogni caso, di una crescita in valore assoluto, mentre ai fini del patto di stabilità europeo è il rapporto percentuale del debito rispetto al Pil ad avere valore» è formalmente corretto ma assolutamente incomprensibile. Ma tanto io mi baso sui dati ufficiali ISTAT (PDF), e mi preoccupo. Marzo 2008 è stato l’ultimo vero mese del governo Prodi, in teoria dedicato agli affari correnti. Ci sarà stato anche un aumento dei costi legati al petrolio schizzato in alto. Ma un passivo nel mese di 23 miliardi (mentre nel 2007 fu di 7 miliardi e mezzo) è davvero pericoloso, anche tenendo conto che febbraio non era andato così male. Per dirla in modo diverso: tra ottobre 2006 e marzo 2007 il debito pubblico è rimasto costante. Tra ottobre 2007 e marzo 2008 è aumentato di diciassette miliardi. (Nota: quando Tremonti parlerà del buco del governo Prodi, sappiate che la sua dimensione è più o meno questa). La situazione è molto peggiore di quanto scrissi due mesi fa: non ci sono stati trucchi contabili per abbellire i risultati 2007, ma le cose stanno proprio andando male. Sappiatelo.

Ultimo aggiornamento: 2008-06-11 15:29

Citazioni matematiche – versione 1.5.0

L’ultima versione del mio file con le citazioni matematiche era di febbraio 2007. Sedici mesi fa. Sono certo che alcuni dei miei lettori si saranno detti “ecco, si è stufato”. È vero che sono un pigrone, ma quello è un giudizio assolutamente falso e tendenzioso. Semplicemente, ho completamente sbagliato modo di operare: ogni tanto aggiungevo qualche nuova citazione al mio file, ma mi dicevo “beh, ancora queste ultime e poi mi metterò a pubblicare la nuova versione”. A oggi ne ho scritte più di 200, insomma un quinto rispetto al corpus già pubblicato, e ho deciso che forse era il caso di darmi una mossa. Eccovi così la versione 1.5.0 tutta per voi, e come sempre il file con le sole aggiunte. Sempre come sempre, uno può tranquillamente scaricarsi sia i sorgenti xml che tutti i file html, da queste parti si ama la diffusione dell’informazione, perdipiù matematica. Basta finire sulla sezione matematica del mio sito, dove ho anche aggiunto un paio di vignette matematiche… ma queste sono davvero per pazz^Wintenditori.
Aggiornamento: (21:42) come sempre qualche baco spunta fuori, e quindi la versione che vedete ora è la 1.5.1. Chi aveva già scaricato la 1.5.0 non perde nulla, anzi ha un doppione in più (una citazione di Titchmarsh).

Ultimo aggiornamento: 2008-06-11 10:58

ma non si può fare causa a lei?

Leggo sul Corsera che Wanda Montanelli porta in tribunale l’Italia dei Valori per «danni esistenziali»: per «la mancata gratificazione di un ruolo istituzionale», la mancata «evoluzione della carriera politica», il danno «alla serenità, al tempo perso e alla cinestesi lavorativa» (tutti i virgolettati sono del giornalista).
A parte le tristi risate che mi sono fatto al pensiero di una “mancata evoluzione della carriera politica”, risate tristi perché io sono ancora convinto che la carriera politica sono gli elettori che dovrebbero avallarla, e a parte che non so cosa sia la cinestesi lavorativa e nemmeno il De Mauro mi sa dire qualcosa al riguardo, vorrei aggiungere i miei due eurocent. La signora Wanda Montanelli è da anni che mi straccia i cosiddetti con i suoi comunicati stampa – rigorosamente in allegato – che mi arrivano sulla vecchia casella tin.it, senza ovviamente che io li abbia mai chiesti e senza nemmeno una possibilità di eliminarmi dalla sua mailing list. Non dico il milione di euro che la signora Wanda Montanelli ha chiesto a Di Pietro, ma qualche migliaio di euro glieli potrei chiedere?

Ultimo aggiornamento: 2008-06-11 09:57

come nobilitare maggiormente l’uomo

Come potete leggere su Repubblica – oppure qua se preferite l’inglese e volete trovare i puntatori ai comunicati dell’UE – i ministri del lavoro dell’Unione Europea hanno fatto un bellissimo accordo, parole loro. Sì, i lavoratori interinali avranno il diritto alla stessa paga degli assunti fin dal primo giorno e gli stessi diritti in caso di malattia, anche se dopo tre mesi; ma la cosa che salta più all’occhio è il nuovo tetto di ore lavorative in una settimana. Anzi no, peggio ancora: il tetto rimane a 48 ore, ma come per le case è possibile costruire un soppalco, e arrivare a 60 ore la settimana. (Non guardate il limite di 65 ore: è nei casi di lavoro a chiamata in cui anche l’attesa conta come lavoro, il che significa che comunque sei a disposizione ma non stai faticando). Visto che gli euroburocrati sono buoni, hanno aggiunto che non puoi iniziare a farti un mazzo tanto dal primo giorno; che l’iperstraordinario deve essere su base prettamente volontaria; che non puoi essere mobbato se ti rifiuti di farlo. Come? qualcuno sta dicendo che il secondo e il terzo punto sono in contraddizione? Allora non hanno bene capito come funzionano le cose nelle piccole imprese.
Sessanta ore significano dodici ore al giorno dal lunedì al venerdì, o se preferite dieci ore al giorno dal lunedì al sabato: più o meno quello che si faceva nel 1908. Quel che è peggio, è che l’arretramento viene sbandierato come grande conquista, un po’ come il taglio di tasse sugli straordinari che fa tanto bene alle aziende ma è spacciato come la mecca per l’operaio o l’impiegatuccio che finalmente – se il capo glielo consente – potrà restare inchiodato al pezzo per avere lo stesso potere di acquisto di dieci anni fa.
Prepariamoci, che non è finita qui.

Ultimo aggiornamento: 2008-06-10 18:04