Repubblica della Pizza

Nella nostra simpatica Italia, dove per presentarsi alle elezioni politiche basta convincere due parlamentari qualunque una settimana prima – non che i due parlamentari debbano poi correre per quella lista, sarebbe troppo semplice – succede che un partito presenti un simbolo ritenuto troppo simile a quello di un altro partito. La risposta della Giunta per le Elezioni, invece che dire “quel simbolo s’ha da cambiare” è stata “quella lista non s’ha da presentare”.
Così l’ineffabile Giuseppe Pizza, segretario di un partito che sarà la DC in quarantottesimo ma ha comunque il nome di Democrazia Cristiana, prende la palla al balzo, si ricorda che in Italia un qualche organismo che ti dà ragione c’è sempre, e va al Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato chiama tutti, ma nessuno gli dà retta (tranne l’UDC, che ovviamente vuole mantenere con le unghie e con i denti il suo scudo crociato); così se la lega al dito e emette un’Ordinanza con la O maiuscola nella quale dice sostanzialmente “il ricorso non è sui candidati ma sulle liste, quindi è robbba nostra, e noi il ricorso lo ammettiamo”.
Pizza fa la voce grossa e dice che gli altri sono stati dei cattivoni e gli hanno tolto venti giorni di campagna elettorale senza i quali non possono più vincere le elezioni: subito Giuliano Amato va a dire che si potrebbe dover rinviare le elezioni, prima che qualcuno faccia sommessamente notare al costituzionalista di vaglia quale lui è che magari c’è un insignificante problemuccio: la Costituzione (articolo 61) dice che le elezioni debbono essere tenute entro settanta giorni dallo scioglimento delle precedenti, e si suppone che in Italia la Costituzione sia ancora un po’ più importante degli organismi amministrativi. A questo punto il governo ha pensato bene di ricorrere in Cassazione, mentre – immagino – fa stampare subito una nuova serie di schede elettorali perché non si sa mai.
In tutto questo, l’ineffabile Giuseppe Pizza si deve essere sentito scavalcato nella gara a chi la spara più grossa, ed è uscito con quella che secondo me dovrebbe essere la frase migliore del 2008: i settanta giorni prima delle elezioni devono essere effettivi (immagino lavorativi…) e quindi si può anche andare a 90 giorni dopo: immagino a questo punto facendo le elezioni di lunedì e martedì, perché la domenica non è un giorno effettivo. Per amor di verità, il testo non è virgolettato, e quindi magari è un’idea venuta al giornalista. Lascio ad altri più esperti di me scoprire il vero ideatore del concetto di “giorno effettivo”.
Ricapitolando: per colpa di una legge elettorale che permette di presentarsi alle elezioni senza dover dimostrare un seguito popolare ancorché minimo, di una commissione elettorale che non distingue il concetto di lista da quello di simbolo presentato e di un organo dello Stato che aspetta tre settimane prima di dare una risposta ci troviamo nella solita situazione all’italiana. Posso tranquillamente immaginare che la soluzione sarà anch’essa all’italiana, con la Cassazione che respingerà il ricorso intorno a venerdì 11 nel pomeriggio; ma il risultato finale per quanto mi riguarda non cambia di una iota.

Ultimo aggiornamento: 2008-04-03 11:05

2 pensieri su “Repubblica della Pizza

  1. deeproland

    è una cosa ridicola, quella che è accaduta, rendendo ancor più ridicola la campagna elettorale, e se vogliamo anche il modo in cui ci siamo arrivati, alle elezioni. in altri blog leggevo in pratica che lo stato democratico italiano si fonda su TAR e Consiglio di Stato, più che sul Parlamento. quando vado fuori Italia mi par di sentire dietro me le risate degli europei.
    sarà che la vedo veramente scura, ma l’unico consiglio che mi sento di dare ai miei figli è quello di scappare da qui prima possibile.

  2. Lobo

    L’unico visionario rimasto in Italia, Elio, nelle sue centurie, aveva gia’ previsto questo evento:
    “Una Pizza in compagnia (prima con Prodi, poi con Berlusconi) , una Pizza da solo (ora invece aveva questa lista praticamente mononome, lasciato solo da tutto e da tutti):
    in totale molto pizzo (chiaramente ha avuto il suo ritorno, a rinunciare allo spostamento delle elezioni) , ma l ‘ Italia non ci sta. (questo deve ancora succedere) ”

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