Archivi annuali: 2007

Tre sorelle (teatro)

Ieri sera siamo stati allo Strehler per vedere questo dramma di Anton Cechov per la regia di Massimo Castri. Non che la pagina sul sito dica molto: tanto per dire, per sapere chi sono i vari personaggi occorre prendere il PDF della locandina.
Risultato? Avrei fatto molto meglio ad evitare. Innanzitutto, sono tre ore e mezza di spettacolo (ed è ancora accorciato rispetto alle quattro ore dell’esordio!), ma non tanto perché l’opera sia così lunga di suo: no, è proprio la regia che ha voluto cercare di convincere il – non eccessivamente folto, a dire il vero – pubblico che Cechov era in realtà un antesignano del teatro della seconda metà del XX secolo. Peccato che a questo punto me ne potevo andare a vedere Beckett, Pinter e Ionesco.
La scena è vuota, se non per un grosso tavolo in mezzo con relative sedie, e … le valigie, che tutti i personaggi hanno con sé, non so se per indicare le miserie della vita, la volontà di andarsene via – anche se poi le uniche che lo vorrebbero davvero rimarranno nella sperduta città di provincia russa – o chissà cos’altro. I personaggi ripetono le loro battute più volte, ma sembra più che altro che nessuno ascolti cosa dicono gli altri. Alla fine arriva anche una carrozzina stile Corazzata Potemkin, ma per fortuna non ci sono scalinate ma solo un pavimento un po’ sconnesso in pietra e quindi non ci sono danni al pupo.
Sul testo? Beh, sicuramente tutti i personaggi sono dei perdenti, non c’è nemmeno quel raggio di speranza che ha Il giardino dei ciliegi. Non solo tutti sono chiusi nelle loro piccinerie, ma non riescono nemmeno ad accorgersi che i loro sogni, se venissero realizzati, diventerebbero degli incubi: da un certo punto di vista, il sognare è l’unica cosa che li fa ancora vivere, per quanto male. Lancinante, ma non troppo diverso da quello che ci capita al giorno d’oggi.

Ultimo aggiornamento: 2007-12-02 17:18

Di cotte e di crude (ristorante)

Ieri sera Anna ed io siamo andati a mangiare in questa “asticeria”. Il locale è in via Porro Lambertenghi 25 a Milano (telefono 02-6688455), e se non si sa che c’è si fa fatica a trovarlo: è un’unica vetrina, con dodici coperti in tutto. Anche la gestione è molto minimalista: Paolo Arrigoni fa tutto, dal cameriere al cuoco, oltre naturalmente ad andare a comprare tutte le derrate.
Come avrete probabilmente immaginato, il ristorante ha relativamente poche proposte, e l’astice la fa da padrona. Astice che vedete lì nell’acquario, roba che non è per deboli di cuore insomma. Naturalmente tutto questo ha il suo costo, e non pensate di cavarvela con meno di cinquanta euro a testa. Però il posto è grandioso se uno deve fare bella figura con una donna: il menu “per lei” è rigorosamente senza prezzi. Ah, tra i dolci il cannolo “aperto” è semplicemente spaziale.
Il più grande errore del proprietario? far fare il proprio sito Web a tale “milanocommunication s.n.c.”, col risultato che il sito non può essere visitato con Firefox.

Ultimo aggiornamento: 2007-12-01 17:56

quante gambe?

Leggendo God Plays Dice, ho trovato un link a questo indovinello (in inglese: in effetti qualche settimana fa Clelia mi aveva mandato la versione italiana, quindi immagino che sia sufficientemente vecchio). “C’è un bus con sette bambini, ognuno dei quali ha sette zaini; in ogni zaino ci sono sette gatte che hanno ciascuna sette micini. Quante gambe ci sono nel bus?” (nota: l’indovinello cambia ogni lunedì, quindi avete tempo solo il weekend per provare a risolverlo online!)
A differenza dell’indovinello della fiera di St Ives, qui non c’è trucco non c’è inganno; basta fare delle moltiplicazioni e delle addizioni e si arriva al risultato. Tra i “facts” dell’indovinello, ad esempio, viene specificato che i bambini hanno due gambe e i gatti ne hanno quattro (ok, in inglese “legs” funziona meglio: in italiano pensate a “gambe o zampe”), e che nel bus non c’è l’autista. Eppure in questo momento le risposte corrette sono solo il 16% del totale. Pur considerando il fatto che uno può sbagliare più volte prima di inserire la risposta corretta, e che molti avranno magari messo un numero a caso, resta il fatto che probabilmente più della metà di chi ha provato a rispondere ha dato una risposta sbagliata. Ma ancora peggio, leggendo il post di Isabel, sembra che tra i commenti ci sia gente che si sia lamentata perché “non è un problema matematico, ma di comprensione del testo” o perché “non è matematica, ma logica”.
Ribadisco che il problema, dal punto di vista aritmetico, è tranquillamente alla portata di un bambino in quarta elementare, e visto che è perfettamente lecito usare una calcolatrice non c’è nemmeno un problema di “sbagliare a fare i conti”. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi di tutto questo: siamo davvero messi così male?

Ultimo aggiornamento: 2007-11-30 09:19

Vittorio Magni

È morto improvvisamente lunedì mattina, anche se l’ho saputo solo adesso. La parte più “giocosa” dei miei lettori si ricorderà probabilmente di lui, e sennò non importa. Tanto qui è casa mia.
Ho conosciuto Vittorio ancora ai tempi di Fidonet, parliamo di quasi quindici anni fa. Prima solo per via telematica, poi anche di persona: quando ero a Roma per lavoro passavo spesso a trovare lui e Donatella, a fare due chiacchiere e spesso scroccare una cena. Una volta sono anche venuti a trovarci a Milano, e abbiamo scoperto che anche se lombardi si erano ormai abituati a salare le pietanze molto più di quello che facciamo noi.
Avete presente quando si dice “in rete non sai mai chi è quello dall’altra parte della tastiera”? Ecco, è verissimo. Vittorio, “OldVitt” come si firmava, era coetaneo di mio padre: classe 1934. Ingegnere nucleare, aveva lavorato letteralmente in mezzo mondo, ma da quando era in pensione si definiva vezzosamente “artigiano del legno” (no, lui diceva proprio “falegname”…). Ecco: a parte la sua simpatia e modestia innata, Vittorio era davvero “giovane dentro”. Sempre pronto a imparare cose nuove, e a discuterne piacevolmente (e in maniera intelligente, ma quello era sottinteso).
Addio. No: arrivederci.

Ultimo aggiornamento: 2007-11-29 15:12

Stop al plagio

no al plagio! Anche se sono generalmente contrario alle catene varie, faccio volentieri un’eccezione per la campagna virale antiplagio di Maestroalberto, pur lamentandomi un po’ per il logo tanto 2.0.
Credo che non ci sia nessuno che copi quello che scrivo e lo ricicli come roba sua: da questo punto di vista, lo scrivere stupidaggini e/o cose molto di nicchia aiuta sicuramente. Se però ne trovassi qualcuno, mi incazzerei molto. Io sono per la diffusione della conoscenza: le cose serie che scrivo sul blog ma anche sul sito sono assolutamente a disposizione libera di tutti, e non ci guadagno proprio nulla, visto che da me pubblicità non se ne trova. Pensate che non ho nemmeno quei programmi in cui metto il link di un libro a un sito e se qualcuno compra il libro partendo dal mio link mi danno una percentuale. Però ci tengo ad essere riconosciuto come l’autore di quello che ho fatto, e su questo non transigo. Che poi questi sfigati che scopiazzano a destra e manca, dagli esempi che ho visto fatti, potrebbero tranquillamente guadagnarci di più se chiudessero il loro blogh e facessero chessò una passeggiata… o anche stessero davanti alla tivù.
Davvero, non riesco a capire l’utilità di prendere informazioni altrui e passarle come proprie in questo contesto. È una mia incapacità congenita, mi sa.
(via Storiedime)

Ultimo aggiornamento: 2014-03-05 11:06

Rimozione forzata

Nella sede Telecom dove lavoro dalla scorsa primavera, c’è un cortile dove si possono lasciare bici e moto – le prime moto al coperto, le altre no perché non c’è spazio: le bici sono più maneggevoli e si riescono comunque a piazzare. Ci sono anche un paio di archetti, di quelli che servono per impedire alle auto di parcheggiare ma sono comodissimi per legare la bici: peccato che da marzo scorso ci fosse legato un vecchissimo catorcio con le ruotine stile Graziella e della quale nessuno ha mai visto il proprietario. Mi è capitato di arrivare in ufficio alle 7 del mattino di un lunedì ed era là, immobile monumento. Avrei anche pensato a cercare un tronchesino e tagliare la catena che la teneva legata, ma non sono così bravo come ladro.
Bene, stamattina sono arrivato e la bici era sparita! È vero che quelli di Accenture, che stavano ancora nella palazzina con noi, se ne stanno andando; ma è anche vero che loro avevano una rastrelliera da tutt’altra parte, rastrelliera che tra l’altro era a noi vietatissima. Ma perché scervellarsi? L’importante è godere del posto in più!

Ultimo aggiornamento: 2007-11-29 09:58

I conigli di Schrödinger (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Diciamocela tutta: in questi ultimi anni sembra che nessuno si possa dichiarare felice se non scrive un libro sulla meccanica quantistica. Anche Colin Bruce, di cui Cortina aveva già tradotto un paio di libri, si è dedicato al tema (Colin Bruce, I conigli di Schrödinger [Schrödinger’s Rabbits: The Many Worlds of Quantum], Raffaello Cortina 2006 [2004], pag. 337, € 24.80, ISBN 978-88-6030-050-8, trad. Luca Guzzardi). Bisogna dire che Bruce è un ottimo divulgatore, e il libro si fa leggere molto bene; inoltre uno dei punti a favore dell’opera è che finalmente non si leggono soltanto i resoconti “classici” della meccanica quantistica, quelli insomma che hanno ormai tre quarti di secolo, ma anche quelli dei fisici di oggi. Resta un unico problema: anche Bruce è comunque un evangelista, e quindi fa di tutto e di più per dimostrare che l’interpretazione da lui preferita, quella dei molti mondi, è quella “reale”. A suo onore va detto che – anche se ogni tanto mischia un po’ le carte in tavola – non nasconde le altre posizioni; però bisogna stare attenti a non farsi prendere dall’entusiasmo mentre lo si legge.
Un’ultima nota sulla traduzione. Luca Guzzardi è stato molto bravo sia a mantenere lo stile vivace di Bruce nella traduzione che ad aggiungere delle utili note a piè di pagina; ho così scoperto ad esempio che il vero nome di Monty Hall era Maurice Halprin. Però ogni tanto, come del resto il buon Omero, sonnecchiava; ci sono così degli errori di traduzione. A pagina 54, il treno si contrae a (non di) una piccola frazione; a pagina 60, la cancellazione perfetta delle onde è in realtà una correlazione; a pagina 106, se il gatto è morto l’astronauta è triste; a pagina 239, la probabilità è bassa; infine a pagina 309 “Alpha Proximi” mi sembra tanto un minestrone tra Alpha e Proxima Centauri.

Ultimo aggiornamento: 2007-11-29 08:01

Metro MAG (free press)

Andare al lavoro in bicicletta, come ho già scritto, mi impedisce di continuare a parlare della stampa gratuita. Però la scorsa settimana pioveva, e mi sono trovato sulle scale della metro quello che è già il quarto numero del mensile (gratuito) di Metro. “MAG”, anche se è stato scelto per ricordare “magazine”, è in realtà un acronimo: starebbe infatti per Metropolitan Active Generation, che non vuol dire assolutamente nulla però riempie bene la bocca.
Commento generale? Mah. Ovviamente tanta pubblicità (da segnalare quella della profumeria Douglas di via Roma… segnalare perché non è specificato da nessuna parte la città in cui si trova questa profumeria, città che non può essere Milano che notoriamente non ha una via Roma), ma quello uno se lo aspetta. Troppi redazionali travestiti da articoli: quello sulla fitness, quello sull’Ikea e l'”intervista” a Roberto Cavalli. Ma soprattutto c’è una cosa che non mi convince: la lunghezza degli articoli, che arrivano anche alle due pagine tabloid. Dal mio punto di vista, la free press è qualcosa di precotto e premasticato proprio perché la sua fruizione è immediata: finito il viaggio in metro la si butta via – purtroppo spesso non nei contenitori della carta – e quindi non deve richiedere un grosso sforzo, non tanto mentale quanto proprio di tempo. Non riesco invece a vedere il senso di un periodico che si posiziona esattamente nella stessa nicchia ma vuole essere più “di tendenza”. Voi che ne pensate?

Ultimo aggiornamento: 2007-11-28 12:54