La scorsa settimana sono riuscito a perdermi il secondo CD della collezione Mogol-Battisti che sta uscendo con Sorrisi e Canzoni TV. Qualcuno ha idea di come posso procurarmelo? (pagandolo, è chiaro)
Ultimo aggiornamento: 2006-09-15 10:46
Oggi in tutta Italia ci sono ventiquattr’ore di sciopero degli autoferrotranvieri appartenenti ai Cobas, per il rinnovo del contratto. Vabbè. Oggi a Milano sta diluviando, e quindi l’ipotesi di prendere la bicicletta e farsi un’ora sotto la pioggia, per poi starsene otto ore fradicio in ufficio, viene cassata a monte. Vabbè. Andare in automobile oggi non è stata chiaramente considerata un’opzione possibile: sono un tipo nervoso, e vorrei evitare di spaccarmi il fegato e magari la macchina. A questo punto ieri mi ero messo a fare due conti. Lo sciopero inizia alle 8:45, visto che prima c’è la fascia protetta. Io in genere arrivo in ufficio tra le 9 e le 9:10. A questo punto anticipo di venticinque minuti la partenza di casa e sono a posto.
L’inizio del piano era anche andato bene: mentre Radiopop sentenziava che erano le 7:47 stavo chiudendo la porta di casa. La gialla era strapiena, ma nella verde si stava anche benino; risalgo in piazza Abbiategrasso alle 8:20, pronto a inzupparmi ma in perfetto orario con la tabella di marcia. Peccato che tra le 8:25 e e le 8:30 sarebbero sì passati un 3 e un 15, ma entrambi i tranvieri hanno deciso che il loro turno di lavoro era finito, e hanno usato il binario laterale per tornarsene in deposito. Fosse passato l’orario di inizio dello sciopero l’avrei accettato, ma così l’unico modo in cui mi viene da chiamarli è una parola di sette lettere che fa rima con “gonzi”.
Mentre cercavo disperatamente un piano B per trovare qualche collega che riuscisse a passare a prendermi, e intanto cercavo di avvicinarmi alla meta prendendo un 3 che almeno al suo capolinea di Gratosoglio ci arrivava, fortunatamente la tranviera del 7001 (e i suoi colleghi sul 7011 e 7017 che all’arrivo a Rozzano erano a ruota: immagino che i tram fossero in ritardo di loro visto il casino che ci sarà stato in centro) è spuntata e ci ha caricato tutti. Alla fine sono arrivato in ufficio esattamente alla solita ora, e ancora con la beffa finale: prendo un cappuccino alla macchinetta del caffè, e me lo ritrovo senza latte. Decisamente, non è giornata.
Ultimo aggiornamento: 2006-09-15 10:09
È vero che uno potrebbe citare il precedente – e che precedente! di Arancia Meccanica; ma il punto di vista alla base di Thank you for smoking, cioè quello del lobbista a favore dei produttori di sigarette che compie la sua missione “perché tutti noi abbiamo un mutuo da pagare”, è indubbiamente strano, anche perché se uno si mette a guardare bene il film si accorge che tutti i personaggi sono ambigui: dalla giornalista che va a letto con lui pur di avere informazioni private, al senatore che lancia le campagne antifumo solo perché ritiene di guadagnare più voti, al “facilitatore” hollywoodiano che non è interessato a nulla se non al proprio potere. Va a finire che Nick Naylor, che perlomeno ammette senza pudori che cos’è, ne esce ancora bene.
Detto questo, e aggiunto che il film non farà smettere di fumare nessuno, devo dire che non è che il tutto mi abbia convinto molto. Belle battute, soprattutto nel primo tempo, un finale che ho apprezzato, ma per il resto non è che l’abbia trovato un film memorabile; ma perlomeno non mi sono addormentato al cinema.
Ultimo aggiornamento: 2006-09-14 12:27
Non tutto all’Esselunga è naturalmente rose e fiori. Una cosa che sa chiunque faccia spesa in uno dei punti vendita non troppo grandi, dove non si può prendere frutta e verdura a peso ma occorre prendere quella confezionata, è che in una confezione di sei pesche o pomodori è abbastanza probabile che un frutto abbia una parte rovinata; ed è certo che questa parte rovinata non è assolutamente visibile dall’esterno della confezione e occorra aprirla per accorgersene.
Mi sono sempre chiesto se all’ora di chiusura ci sia un dipendente addetto a verificare tutte le confezioni, notare che in qualcuna ci sia un frutto che sta marcendo, aprirle e rimettere in modo opportuno i pezzi. È l’unica ipotesi sensata che mi viene in mente.
Ultimo aggiornamento: 2006-09-13 21:36
La Stampa dice qualcosa in più degli altri, ma non troppo, sull’incontro di stamattina tra azienda e sindacato: «È stato un incontro del tutto deludente», senza «ulteriori novità rispetto a quello che hanno scritto i giornali».
Ma non vi preoccupate: il Vostro Affezionato Bloggher oggi pomeriggio si è intrufolato nell’incontro di RSU e quadri sindacali unitari lombardi, e può assicurarvi che è la pura verità.
Come ricorderete, io a gennaio sono stato trombato alle votazioni per le RSU, quindi con tutto questo non c’entrerei nulla; però basta avere abbastanza faccia tosta, rimettere a posto in fretta e furia durante la mattina le cose da fare in ufficio durante la giornata, e trovarsi nella sede del sindacato, e non ci sono problemi da quel punto di vista. I problemi naturalmente sorgono quando si sta a sentire un po’ di interventi. Già l’inizio non è stato dei migliori, quando scopriamo che in realtà ai “nazionali” (quelli insomma che hanno fatto l’incontro) non gliene fregava nulla di parlare con noi e se ne stavano già tornando a Roma; solo per caso siamo riusciti ad avere una rappresentante che in una mezz’oretta è riuscita a dirci poco o nulla.
A quanto pare, Ruggiero ha loro spiegato che tutto è nato per colpa dell’Authority cattivona che mette i bastoni tra le ruote a Telecom che non può tirare fuori i suoi bellissimi prodotti convergenti (UMA dice nulla a nessuno?), e quindi MTP ha pensato bene di scorporare l’ultimo miglio in modo da buttare all’aria i paletti e potere lavorare in santa pace. E visto che tanto stava scorporando, si è detto, perché non tirare fuori anche la parte mobile? Occhei, ovviamente nessuno crede a questa favoletta, ma è quanto è agli atti. Inutile dire che dove avverrà esattamente la divisione non è stato detto, e a volte mi viene quasi da pensare che non lo sanno nemmeno i capoccia Telecom.
Detto questo, aggiungo subito che le alte sfere del sindacato non solo sono state colte di sorpresa e non hanno ancora idea di cosa fare, ma sono anche dell’idea di buttarla tutto sul politico. Non solo la sindacalista ci ha comunicato che i vertici confederali della Triplice “sono attenti alla situazione”, ma soprattutto ha affermato che le loro priorità sono “salvaguardare l’italianità di Telecom e salvaguardare i posti di lavoro”. Notare l’ordine. A me sembrerebbe più logico pensare innanzitutto ai lavoratori e solo dopo a chi potrebbe comprare i pezzi dello spezzatino Telecom, ammesso e non concesso che la cosa sia così importante – per il sindacato, intendo.
Il resto della riunione ha visto una serie di interventi, sia dei sindacalisti lombardi che dagli eletti nelle RSU, di nuovo con una certa inevitabile confusione nelle idee. Vi ricordo che il sindacato aveva accolto favorevolmente il vecchio piano industriale con la fusione tra Telecom e Tim, con le eccezioni di molti rappresentanti lombardi Tim che naturalmente non hanno perso l’occasione di dire che al tempo loro avevano ragione e li si sarebbe dovuti ascoltare. Come sempre, le posizioni presenti erano di una varietà incredibile per chi non ha mai frequentato il sindacato: le uniche due cose su cui tutti erano d’accordo era che bisognava trovare l’unità, e gli strali contro l’attuale top management Telecom. Nemmeno sulla data dello sciopero c’era l’unanimità: alcuni l’avrebbero voluto fare immediatamente, anche prendendosi la multa della Commissione di Vigilanza, mentre la maggior parte faceva notare che uno sciopero di questo tipo deve essere preparato, visto che non solo ci vorrà un’alta adesione ma anche una partecipazione convinta alla manifestazione collegata. La differenza maggiore tra sindacalisti e RSU si notava poi sul da farsi al momento. I primi pensavano a un’assemblea permanente, gli altri – giustamente a mio parere – facevano notare che il loro compito oggi è di informare noi lavoratori, che siamo sì incazzati ma non è detto che lo siamo solo contro l’azienda e non anche nei confronti del sindacato :-)
Lasciando perdere quelli che si limitavano a dire quello che piacerebbe loro succedesse, ci sono però stati alcuni interventi interessanti. Dalla base è arrivata forte la voce che gli investimenti di Telecom sull’ultimo miglio sono stati brutalmente tagliati negli ultimi anni a favore delle dorsali, e quindi la supposta società che l’avrà a carico partirà con una serie forse insostenibile di costi, anche perché è presumibile che MTP cercherà di infilarci tutto quello di cui potrà disfarsi. Tra le altre malefatte dell’attuale dirigenza, c’è anche la vendita di tutti gli immobili già di sua proprietà. Quelli che non sono stati alienati per far cassa ora sono parte di… Pirelli RE, e quindi Tronchetti guadagna soldi anche con gli affitti della società che gestisce, il tutto senza che se ne parli. Per quanto riguarda lo spezzatino, se proprio s’ha da fare il gruppo “statalista” vorrebbe aggiungere all’ultimo miglio anche tutta la parte della rete, e affidare la società così creata allo Stato. Tanto, dicono, se Ruggiero dice che Telecom è così brava a fare servizi avrà finalmente la possibilità di dimostrarlo! La sensazione generale è comunque che la crisi sia finanziaria e non industriale, nonostante i non esaltanti risultati ottenuti nel primo semestre 2006. Spero non sia solo un nostro wishful thinking.
Che fare adesso? Io non ho grandissime idee. È probabile che la situazione sia tale che una risposta non possa prescindere dalla politica, e di questo bisogna tenerne conto. Ma è anche vero che con un’azienda il cui capo è abituato a fare di testa sua e un governo che è preso da tutt’altre cose, il sindacato non può limitarsi a protestare e piangere, ma deve fare il mestiere degli altri. Non so, mi piacerebbe una proposta davvero di rottura, come creare una rete (fissa) nazionalizzata dove l’ultimo miglio e le dorsali dei vari provider confluissero; una società in cui ciascuno avesse la sua quota parte, e lo Stato facesse da garante di neutralità e da gestore. Ah, dimenticavo la cosa piu importante: tra gli azionisti dovrebbero esserci le banche, gentilmente invitate a convertire una bella fetta dei crediti che hanno con Telecom. Hanno voluto dare i soldi a Tronchetti, che se li è fumati così? Bene, che si piglino i cocci. Sarebbe comunque meglio che Parmalat :-) Occhei, non prendetemi troppo sul serio, non sono assolutamente in grado di capire se una strada del genere sarebbe percorribile. Però ritengo che ci sia spazio per idee diverse dalle solite, e mi piacerebbe che venissero messa su un serio tavolo di discussione. Sono il solito utopista…
Un’ultima cosa: venerdì scorso c’è stato un incontro azienda-sindacato sulla creazione di squadre di operai miste fisso-mobile, uno dei risultati della fusione tra Telecom e Tim. Da parte aziendale c’era il capo della Rete lombarda, quindi un dirigente di altissimo livello. Il delegato sindacale mi ha detto che il clima era assolutamente tranquillo, e che è probabile che il dirigente non sapesse nulla. Insomma, la mossa di Tronchetti sembra la sapessero davvero in pochi. Il dubbio è “Prodi non sapeva proprio nulla?” Il guaio è che sarebbe triste in ogni caso.
Ultimo aggiornamento: 2006-09-13 21:31
Oggi solo due microsegnalazioni da City. Anzi no, un’altra cosa da dire ci sarebbe: gli altri due quotidiani gratuiti oggi non hanno dedicato una singola riga ai commenti relativi alla ennesima rivoluzione di Telecom Italia. ritenendo più importanti notizione come il nuovo look tricologico dei conduttori televisivi (Leggo, of course) oppure a un risarcimento dopo trent’anni di cause (Metro). A chi si chiede come mai City qualcosa dica, rispondo che tante voci affermano che quel che resterà di Telecom, cioè la parte relativa ai media, potrebbe fondersi con RCS. Tutto torna!
Tornando alle notizie indimenticabili, segnalo un’ingiusta disparità di trattamento. La Cassazione ha infatti sentenziato che i politici che fanno il salto della quaglia e cambiano schieramento non possono dire nulla contro gli ex compagni di partito “che li definiscono pubblicamente come ‘Giuda’ e ‘traditori’. Tutto ciò è bellissimo, ma mi sa tanto che se fosse un comune mortale come noi a dire la stessa cosa la querela non ce la toglierebbe nessuno. Per quanto riguarda la salute, invece, fa scalpore l’affermazione dei ricercatori del Children’s Hospital di Boston, che hanno affermato che il virus dell’influenza è stato “cancellato” nella stagione 2001-2002 grazie al blocco dei voli aerei decretato nei giorni successivi all’11 settembre. Prendere una misura simile (il blocco, non gli attentati) potrebbe dunque essere utile in caso di un’epidemia di aviaria per guadagnare tempo per un vaccino, termina il lancio. Ovviamente i ricercatori da un lato sono convinti che basti qualche giorno perché La Scienza Riesca A Trionfare Sulla Malattia, e sicuramente non sono così preoccupati di quelli che moriranno dall’altra parte del mondo mentre gli States saranno un’isola felice.
Ma guardiamo un po’ oltre l’immediato. Com’è che si ritorna a parlare dell’aviaria? Oltre a questo, c’era un altro articoletto che spiegava che il virus non si annida principalmente nel naso come capita per la normale influenza, ma nella gola: non che io riesca a vedere cosa si può ricavare da questa scoperta, ma non sono certo un medico. Più divertente cercare di scoprire che cosa è successo in questi ultimi giorni, dopo che per mesi i media si erano praticamente scordati dell’esistenza di quella (teorica) epidemia :-)
Ultimo aggiornamento: 2006-09-13 11:26
Lo sapete, io in Telecom ci lavoro, praticamente da vent’anni. Non sono certo così in alto nella gerarchia da avere notizie di prima seconda o anche quinta mano, ma le cose si vedono. E quello che vedo io è una sconfitta completa di Marco Tronchetti Provera e di Riccardo Ruggiero: ecco la storia vista da dietro i miei occhiali. Per una volta non sarò breve.
Fase 1, o “come comprare una società con i soldi della società stessa”. Dopo la privatizzazione fatta in fretta e furia dal governo Prodi I per guadagnare due lire senza pensare alla situazione italiana, arrivò il ragionier Colaninno con un’OPA fatta da una società, Tecnost, il cui capitale era una frazione di quello di Telecom. E allora, dove li ha trovati i soldi? Semplice: facendoseli prestare dalle banche, indebitando così Tecnost a dismisura, e poi fondendo Tecnost con Telecom e accollandole così il debito. Due anni dopo Tronchetti fece esattamente la stessa cosa: stavolta Telecom fu comprata da Olivetti, che poi fu anch’essa fusa con Telecom. Quindi in entrambi i casi Telecom Italia è stata comprata con i soldi di Telecom stessa, o se preferite facendo indebitare alla follia una società che era un dinosauro ma aveva una posizione invidiabile.
Fase 2, o “come tirare fuori i soldi”. MTP comprò Telecom a metà luglio 2001, praticamente in contemporanea col mio trasferirmi da Tilab a Rozzano in Saritel. Una delle ragioni di questa scelta fu la visione del piano industriale del “collega Andrea” (che di cognome fa Granelli, uno dei tanti “figli di” nel management, e che era inopinatamente diventato presidente di Tilab). Dalla mia scrivania, ho subito tutta una serie di cambi di casacca.
A gennaio 2003 Saritel e le altre società di informatica del gruppo vennero fuse in IT Telecom. L’idea era ottima: eliminare i doppioni (e un po’ di dirigenti) e creare una società con una massa critica. Peccato che tre mesi dopo la nascita di IT Telecom cominciarono le spinte centrifughe, mandando fuori un terzo dei dipendenti.
Ad aprile 2004 la spinta centrifuga era praticamente completata, e mentre molti dei miei colleghi furono assorbiti da Telecom Wirelien noi finimmo in Tim. Di per sé anche questa logica era sensata: si costruiva una società di telefonia che sapesse farsi le cose in casa. L’assunto era abbastanza falso, visto tutti i consulenti che c’erano ancora, ma facciamo finta di niente.
Arriviamo a metà 2005: viene annunciata la fusione tra Tim e Telecom. Per me la cosa era un’idiozia, perché significava aumentare ancora di 15 miliardi di euro un indebitamento che era già eccessivo. E non ero il solo a pensarlo, considerando che anche Marco De Benedetti, come già l’anno prima Mauro Sentinelli, se ne andò via sbattendo la porta. Però si poteva anche provare a dare credito a Tronchetti ed a Riccardo “Speedy” Ruggiero, un altro dei figli di. In fin dei conti è probabile che ci sarà una convergenza fisso-mobile, e se si prova ad anticipare le altre compagnie ci si può portare avanti e fregarli.
Fase 3, o “bambole non c’è una lira”. L’annuncio di ieri naturalmente non può essere fatto per “avere una maggiore flessibilità”. L’unico che può far finta di crederci è l’ineffabile Giuseppe Turani: ma di questo ne parlo dopo. La ragione è molto più banale: la scommessa è stata persa su tutta la linea. Il valore delle azioni Telecom, invece che risalire, è ancora sceso, ed è arrivato più o meno a metà di quello che la controllante Olimpia ha in bilancio. Prima o poi MTP dovrà svalutare la sua quota, e quindi essere in debito di soldi e sotto il rischio di una scalata su di lui. Si è già venduto il vendibile: non solo tutte le partecipazioni create da Colaninno (altro bagno di sangue della Niu Economi), ma anche quelle di telefonia mobile create in America Latina. Al momento resta solo Tim Brasile, ma lo sapevo persino io che non appena qualcuno fa un’offerta decente sparirà anch’essa. Persino la quota della turca Avea è stata ceduta. Ma non solo: si sono venduti anche tutte le centrali, e ricordo a chi non lo sapesse che il patrimonio immobiliare di Telecom aveva un valore enorme. Niente. Tutto questo non basta, e adesso bisogna vendere l’ultimo gioiello di famiglia, cioè l’ex-Tim, e se possibile rifilare allo Stato la parte di infrastruttura di rete. Non che sappia come Prodi II possa riprendersi a caro prezzo quello che Prodi I ha venduto, tenuto poi conto che a parte la mancanza di soldi nell’Erario Bruxelles sarà pronta a bloccare quello che in pratica è un aiuto di Stato; ma la coppia T&P è ridotta a dover sperare in questo. E al riguardo è significativo il fatto che il CdA Telecom, in cui dieci membri su venti dovrebbero in teoria essere indipendenti, ha approvato all’unanimità il piano; la situazione è davvero tragica. In una nazione normale, il padrone se ne sarebbe già andato via da solo; ma noi siamo in Italia, e T&R sono certo che resteranno al loro posto. Ma forse il simbolo più incredibile di questa rovina è la dichiarazione che Emilio Miceli (il segretario generale della SLC, la CGIL di noi telecomunicazionisti) ha scritto ieri mattina. Il testo non era da tradurre dal sindacalese. Come mi ha detto il mio collega torinese Ugo, “deve avere avuto davvero fretta per non oscurarla” :-)
Post Scriptum, o “perché queste cose non si sanno?” Se qualche anima pura si chiede allora perché Turani è così felice, forse è meglio che pensi a questo piccolo particolare: come giustamente fa notare Mantellini, Telecom è ancora oggi uno dei maggiori inserzionisti pubblicitari per i giornali e la televisione. È difficile dire le cose in maniera chiara, quando corri il rischio di vederti tagliare una buona percentuale dei tuoi introiti pubblicitari. Intendiamoci, questo vale anche per Vodafone, tanto per dire, e non è una peculiarità di Telecom; però in questi casi non si può dire “mal comune, mezzo gaudio”. Per fortuna oggigiorno è possibile recuperare le notizie per altre vie: personalmente trovo che gli interventi più lucidi siano quelli di Luca De Biase, che già sabato scorso aveva azzeccato tutto. Altri preferiscono Stefano Quintarelli o Beppe Caravita, che tanto si linkano tutti tra di loro quindi li trovate lo stesso. Ma tanto quello che conta davvero non è seguire pedissequamente quello che dice qualcuno “famoso”, (tantomeno i miei sproloqui!) ma usarlo per farsi un’idea a trecentosessanta gradi. Forse persino beppegrillo™ può essere utile.
Ultimo aggiornamento: 2006-09-12 15:34
La mostra al Pac chiuderà il 17 settembre; domenica Anna mi ha chiesto se volevamo andare a vederla e io ho quasi immediatamente accettato, pur immaginando a che cosa sarei andato incontro. Off Broadway è una collettiva di giovani fotografi – che poi tanto giovani non sono, ce n’è uno che ha due anni più di me – dell’agenzia Magnum. Il foglietto esplicativo spiega che la mostra è «una blanda coalizione tra creatori di immagini profondamente individualisti», che io traduco come “da soli non ce la facciamo a farci fare una mostra, magari tutti assieme sì”. È vero che io sono assolutamente refrattario alle foto, se non in casi eccezionali, diciamo uno scatto su venti presentati: quindi non prendete come oro colato questa mia recensione. Però scoprire che Rosso, l’«opera creata site specific per la mostra milanese» (è sempre l’anonimo estensore delle note che lo fa presente) è un’ecografia di un cuore durante un’operazione, pardon, «il cuore pulsante di Off Broadway, organismo che ha preso corpo nelle sale del PAC», mi ha fatto capire che i cinque euro di ingresso che ho speso avrei potuto sfruttarli meglio. Le uniche installazioni che mi sono abbastanza piaciute sono Landscape, una serie di scatti di distruzioni varie – guerra, inondazioni e altre tragedie – e Propaganda, un video con spezzoni ultrarapidi di immagini di politici che serve per costruire un’impressione in chi lo guarda. In tutto, un po’ poco.
Ultimo aggiornamento: 2006-09-12 12:13