Dei nostri insuccessi nelle guerre passate ormai se ne parla da un bel po’, e persino la retorica risorgimentale ha dovuto cedere il passo a una valutazione più obiettiva del passato. Ma c’è una cosa a cui restiamo tenacemente abbarbicati: l’idea che noi italiani anche quando andiamo a fare campagne all’estero siamo comunque più “bravi” delle altre potenze, e per questa stessa ragione risultiamo benvoluti. Così gli attentati come quelli di Nassiriya vengono visti come una sorta di tradimento nei nostri contronti. Ma è vero tutto questo? Del Boca, in questo saggio storico ben documentato (Angelo Del Boca, Italiani, brava gente?, Neri Pozza – I Colibrì 2005, pag. 318, € 16, ISBN 88-545-0013-5), mostra come questo sia in realtà un mito che è stato alimentato non si sa bene da chi ma non ha nessuna ragion d’essere. Del Boca inizia dall’Unita d’Italia e dalla lotta al brigantaggio, per passare all’Abissinia, alla Cina dei boxer, alla Libia, alla prima guerra mondiale – in questo caso guardando dentro il nostro stesso esercito; la campagna in Etiopia e la seconda guerra mondiale hanno poi un grande risalto. Del Boca mostra da un lato le atrocità compiute dal nostro esercito, ma anche l’inettitudine dei comandi militari, che entravano in guerra non solo senza conoscere il nemico ma nemmeno con gli equipaggiamenti necessari, tutti a guardare solo le loro piccinerie. Solo nell’ultimo capitolo sembra sciogliersi un poco, non tanto nei confronti della classe politica ma verso le forze armate che afferma essere meno peggio degli altri contingenti: speriamo che abbia ragione.
Ultimo aggiornamento: 2018-02-26 11:36