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quello che non oso mettere nel mio blog ufficiale

ENGRISH: Public TV

public-tv
Sabato ho portato Jacopo al Museo della Scienza e della Tecnologia, e sono passato in una sala dove c’era una telecamera di quelle d’antan e venivano trasmessi alcuni spezzoni delle trasmissioni Mediaset sempre d’antan. Non ho nulla contro tutto questo: a Cologno hanno pensato bene che invece che buttare via un’apparecchiatura ormai obsoleta la si poteva ancora sfruttare per farsi un po’ di pubblicità, e ai bimbi di oggi abituati a fare le foto col telefonino fa bene mostrare come quando i loro papà avevano la loro età le cose erano ben diverse.
Però tradurre “La TV privata” con “The Public TV”, quello proprio no. Mi piacerebbe sapere chi ha avuto la grande idea. Forse ha pensato alla “public schools” britanniche, che sono tutto men che pubbliche?

June 3, 2016 Archivi

[WIKIPEDIA] La Stanford Encyclopedia of Philosophy e Wikipedia

[Postato originariamente qui]

Qualche giorno fa su Repubblica è stato pubblicato un interessante articolo di Simone Cosimi che ha parlato della SEP, la Stanford Encyclopedia of Philosophy che raccoglie circa 1500 articoli sui vari campi della filosofia ed è disponibile on line. L’articolo è interessante non solo perché presenta al grande pubblico una risorsa davvero valida – negli ultimi mesi mi è più volte capitato di consultarla per alcuni temi legati alla filosofia della matematica – ma anche perché cita la propria fonte, un articolo di Quartz del settembre scorso. Oltre a raccontare la storia della SEP, che è nata vent’anni fa all’interno della Stanford University, il suo modello viene confrontato in termini di completezza, affidabilità e aggiornamento non solo con Wikipedia ma anche con altri strumenti di diffusione della conoscenza, partendo dai libri e arrivando a sistemi a domanda e risposta come Quora e StackExchange. Inutile rimarcare come nel testo la SEP vinca a man bassa.
Il punto è che non ha un grande senso confrontare modelli così diversi. Tralasciamo il problema del copyright – la SEP non permette il riuso del suo testo altrove ma solo la copia privata – perché dal punto di vista di chi cerca informazioni la cosa è irrilevante. Per il resto, è ovvio che il prodotto stanfordiano sia molto più affidabile rispetto a Wikipedia, che affidabile non è per nulla se non per appoggiarsi su altre fonti affidabili. Sulla completezza delle singole voci siamo tutti d’accordo che Wikipedia ha ancora molta strada da fare: il modello della SEP, con una voce scritta da un accademico e rivista da un comitato editoriale ristretto (che poi è come è sempre stata la Treccani) fa sì che le sue voci siano quasi automaticamente dei piccoli saggi autocontenuti, e se non lo fossero c’è chi fa le pulci.
Quello che però si tende a dimenticare è che un modello di questo tipo non è scalabile né applicabile a tutto lo scibile umano. In un campo accademico relativamente ristretto come la filosofia possiamo pensare che i professori dedichino gratuitamente parte del proprio tempo a scrivere una voce in un luogo autorevole, visto che ci possono anche mettere la firma; Wikipedia però nasce per contenere tutto il possibile, e non credo proprio che nessuno avrà mai interesse a preparare la Fujiyama Enciclopedy of Pokémon… In definitiva ben vengano tanti progetti come la SEP: speriamo che anche in Italia ci siano università così lungimiranti da preparare simili enciclopedie, meglio ancora se con una licenza libera!

April 11, 2016 Archivi

[WIKIPEDIA] Concorso a cattedra 2016 e Wikipedia

[postato originariamente qui]

Nel blog Le parole e le cose Stefano Nicosia racconta delle notevoli somiglianze tra un manuale per la preparazione al concorso a cattedra 2016 (Rosanna Calvino e Andrea Gradini, Avvertenze generali per tutte le classi di concorso. Manuale per la prova scritta e orale, Maggioli Editore, Rimini 2016) e alcune voci di Wikipedia, come quella sulla Legge Coppino, quella sulla storia dell’istruzione in Italia e sullo psicologo Erik Erikson. Occorre rimarcare che le parti di testo simili sono presenti su Wikipedia già da alcuni anni, e non è dato sapere se il manuale in questione è un aggiornamento di un testo precedente, in cui gli autori si sono scordati di aggiungere Wikipedia tra le fonti: gli esempi portati da Nicosia mostrano comunque che il testo più leggibile risulta essere quello dell’enciclopedia libera.

April 5, 2016 Archivi

RACCONTO: Previsioni

La settimana prossima ci saranno le elezioni, e continuo a chiedermi chi me l’ha fatto fare a candidarmi. D’accordo, eravamo tutti pieni di speranze ai tempi della NonRivoluzione, quando venne finalmente spezzata la spirale perversa per cui le uniche persone in grado di candidarsi erano coloro che erano riusciti a raccogliere enormi quantità di denaro in modo più o meno lecito. Ma avremmo rischiato di ritrovarci sotto un’altra oligarchia, se non ci fosse stato un vero colpo di fortuna: la NonRivoluzione riuscì a imporsi grazie all’aiuto determinante dei computer. Così questa volta non capitò come sempre la sostituzione di una classe dirigente corrotta con un’altra classe dirigente corrotta in modo diverso: ora la situazione era completamente diversa. Ogni uomo e ogni donna avevano le stesse identiche possibilità di candidarsi ed essere eletti. Ci fu chi pensò ingenuamente che si sarebbe potuto semplicemente scegliere a sorte i rappresentanti, ma per fortuna le persone più sagge fecero notare che in questo modo si rischiava di eleggere persone che non avrebbero letteralmente saputo quali pesci pigliare. Essere onesti non basta: esperienza e capacità sono comunque fondamentali.

Ma lo sono davvero? In una delle concitate e di solito inconcludenti NonAssemblee, una cittadina di cui purtroppo nessuno pare aver compreso il nome prese la parola dicendo che la cosa davvero importante è saper immaginare che cosa accadrà in futuro, e a questo punto fare in modo che i tecnici compiano le loro azioni sfruttando al meglio quegli eventi. I rappresentanti della gente non devono eseguire ma solo dare la linea, argomentò: chi meglio di un preveggente può essere adatto al compito? Questa idea si diffuse in un lampo e piacque subito a tutti. In fin dei conti siamo un popolo di santi, inventori, navigatori e allenatori della nazionale: cosa ci voleva per capire quale sarebbe stato il futuro? I matematici e gli statistici subito insorsero contro questa idea così naïf. Con sessanta milioni di persone pronte a fare previsioni, dissero, è naturale che ci sarà molta gente che ne azzeccherà per caso parecchie di fila: bisogna trovare un modo per eliminare gli effetti aleatori e focalizzarsi invece sulla capacità di riconoscere, anche se in modo inconscio, i piccoli segnali presenti che sono la spia dei comportamenti futuri. A questo punto furono gli economisti ad alzare la bandierina: non è possibile fare previsioni sul comportamento del mercato, perché è ben noto che esse modificano il mercato stesso. Quando una voce prende piede gli operatori la seguono subito, che ci credano o no, e si ha così una profezia che si autoavvera. Insomma, occorreva fare in modo che tutti i candidati predittori partissero da un medesimo insieme di dati, che non potessero essere modificati dagli esseri umani. Come trovare questi dati? C’è chi propose di usare le estrazioni del lotto, ma al ministero delle Finanze si misero le mani nei capelli: rischiamo di perdere tutto il gettito fiscale sul gioco di azzardo, dissero. La proposta fu immediatamente cassata.

Poi finalmente si trovò l’idea giusta, e da lì è iniziato il mio delirio. Mi ero iscritto per gioco alle Previsionarie locali, e sono stato catapultato senza troppi problemi alla seconda fase. Lì la concorrenza era più agguerrita, ma io ho una certa esperienza e sono riuscito a passare anche quel turno. Ho capito solo dopo che in entrambi i casi non c’era la pressione dell’elettorato, e quindi le cose erano molto più semplici di quanto immaginassi. Ora sono da un mese in campagna elettorale: tutti i giorni sono ospite dell’uno o dell’altro canale televisivo e devo spiegare fino alla noia cosa penso che succederà il giorno dopo: gli elettori vogliono essere certi di votare chi è davvero capace di predire il futuro. Non parliamo poi di cosa accade sui social network: quando prevedo qualcosa che non piace alla gente mi ritrovo la mia pagina invasa da migliaia di commenti irosi quando va bene. La settimana scorsa c’è stata una tempesta tale da dover richiedere una scorta della polizia anche solo per riuscire a mettere il naso fuori casa. Ma cosa posso fare se avevo previsto che quello sarebbe stato l’evento più probabile per le previsioni del tempo?

March 24, 2016 Archivi

HOWTO: ripristinare “Recent Places” nel menu Windows 10

Io sono una persona semplice: avevo Windows 8.1R1 sul PC (che non è nemmeno mio ma dell’ufficio) e ho installato Windows 10. Tanto – mi sono detto – uso Classic Shell e quindi le piastrelle non mi dicono nulla. Peccato che poi abbia scoperto che quando salvi il file non c’è più la locazione “Elementi recenti”, o “Recent places” per chi come me usa la versione inglese, ma solo gli “Elementi frequenti”. Come fare? Semplice: una rapida ricerca mi ha fatto trovare le istruzioni (sul sito Microsoft 🙂 ). Ringrazio ThePhinx e le ricopio qua.

(a) Come mostrare i Recent Folders

Questo è relativamente semplice, almeno per gli standard Microsoft. Si clicca Windows-R e si esegue il comando shell:::{22877a6d-37a1-461a-91b0-dbda5aaebc99}. Apparirà una finestra di File Explorer: nella colonna di sinistra, sotto il cestino, si trova la locazione “Recent Places”. Ci clicchi su col tasto destro e selezioni “Pin to Quick Access” o “Pin to Start”. D’ora in poi te lo troverai sempre.

(b) Come avere i Recent Folders nel menu “Save as”

Questo è più complicato, tanto che ThePhinx suggerisce di creare un restore point per sicurezza (io non l’ho fatto e sono sopravvissuto). Ecco i passi:

  1. Iniziare a far mostrare i Recent Folders come spiegato sopra
  2. Lanciare come amministratore regedt o regedt32 per aprire l’editor di registro
  3. Fare le seguenti operazioni sulle voci di registro HKEY_CLASSES_ROOT\CLSID\{22877a6d-37a1-461a-91b0-dbda5aaebc99}\ShellFolder e HKEY_CLASSES_ROOT\Wow6432Node\CLSID\{22877a6d-37a1-461a-91b0-dbda5aaebc99}\ShellFolder:
    1. Cliccare col tasto destro su ShellFolder e scegliere Permissions
    2. Cliccare “Advanced” e nella finestra che si apre cliccare “Change”
    3. Digitare ADMINISTRATORS e cliccare su “check names”
    4. Cliccare OK e ancora OK
    5. Selezionare Administrators nell’elenco “Group or user names:” (diventerà di sfondo blu)
    6. Dare Full Control nella finestra sotto e cliccare su OK per chiudere la finestra
    7. Sulla colonna destra della finestra del registro, cliccare due volte su “Attributes”
    8. Modificare il valore 20040000 in 70010020, e premere OK per salvarlo
  4. Chiudere l’editor di registro

Diciamolo: non è un esempio di semplicità. Però lo si fa una volta per tutte.

February 16, 2016 Archivi

ENIGMISTICA: quale treno prendere?

Dopo le polemiche per gli sconti che Italo ha offerto per il Family Day, c’è chi si è accorto che la concorrenza non era poi così lontana.

Italo? Ho là TI

February 13, 2016 Archivi

HOWTO: modificare la dimensione di una finestra terminale cygwin

Tutte le volte che installo cygwin scopro che il terminale (la cosa che uso di più) è 24×80, mentre io sono storicamente un patito del 25×80. Solo che non mi ricordo mai dove modificare la configurazione. Alla fine mi sono deciso: in fondo a /etc/bash.bashrc ho aggiunto le righe

ROWS=25
export ROWS
stty rows 25 cols 80
echo -ne '\e[8;25;80t'

e dovrebbe funzionare tutto.

February 9, 2016 Archivi

MEDIUM: Accompagnamento per Tartaruga sola

[Il post è apparso originariamente a https://medium.com/@.mau./sonata-per-tartaruga-sola-1cef5988cfed#.m91h8stqm ]

Gödel, Escher, Bach, la monumentale opera di Douglas Hofstadter, contiene al suo interno vari Dialoghi tra alcuni personaggi, tra cui spiccano il piè veloce Achille, la signorina Tartaruga che già ai tempi di Lewis Carroll si divertiva a mettere in difficoltà il suo amico non solo in campo atletico ma anche in quello logico, il Granchio. Caratteristica di questi dialoghi è l’essere tipicamente modellati su un brano musicale di Johann Sebastian Bach: così abbiamo l’Aria sulla quarta corda, il Magnifigranc in REaltà (dal Magnificat in Re), e la Sonata per Achille solo, che prende il nome da una Sonata per violino solo e nella quale si legge la trascrizione di una telefonata tra la signorina Tartaruga e Achille… in cui però si legge solo il testo di quest’ultimo. In realtà il cervello umano ricostruisce la parte dell’interlocutrice, in un gioco di figura e sfondo che è lo stesso della litografia del 1957 di Maurits Cornelius Escher Mosaico II che fa anche parte del dialogo.

Quello che segue è il mio tentativo di usare il testo italiano della Sonata per Achille solo come se fosse un basso numerato: ai tempi di Bach era pratica abbastanza comune per l’accompagnamento al clavicembalo non scrivere tutta la parte ma limitarsi a quella di basso a cui si aggiungevano una serie di numeri che indicavano quale accordo dovesse essere suonato. Il tastierista doveva insomma improvvisare la melodia restando nei vincoli dati dal compositore. Cosa ho fatto in pratica? Ho scritto quella che secondo me è stata la parte della telefonata della signorina Tartaruga (e nel farlo ho scoperto un errore di traduzione… lo sfondo mi ha aiutato a trovare la figura). Buona lettura!

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Sonata per Tartaruga sola

La signorina Tartaruga prende il telefono e compone un numero.

Tartaruga: Buongiorno, carissimo Achille!

Tartaruga: Mi spiace dire che non sto troppo bene. Ho la testa che guarda di lato e il collo bloccato.

Tartaruga: Credo che la colpa sia stata l’avere tenuto piegata la testa per troppo tempo nella stessa posizione.

Tartaruga: Un paio d’ore come minimo.

Tartaruga: Stavo guardando un gruppo di animali. Un enorme gruppo di animali.

Tartaruga: Mah, diciamo che erano in genere animali fantasmagorici.

Tartaruga: Non potevo fare a meno di guardarli morbosamente, ma non riuscivo a soffermarmi su nessuno di essi perché un altro mi passava davanti agli occhi, uno più mostruoso dell’altro.

Tartaruga: Sì, ma la cosa peggiore è che in mezzo a tutti quegli animali c’era una chitarra!

Tartaruga: No, il violino.

Tartaruga: Ma è facile distinguerli! La chitarra ha i tasti, il violino no.

Tartaruga: Lo gradirei davvero, ma oltre al torcicollo ho anche un terebrante mal di testa.

Tartaruga: Ci ho provato, ma non riesco ad addormentarmi.

Tartaruga: Sì, ma se provo a farlo mi continua a ritornare in mente un indovinello che non riesco a risolvere e mi mantiene sveglia.

Tartaruga: Ne sarò lieta! L’indovinello richiede di trovare una parola che contenga le lettere ‘R’, ‘E’, ‘B’, ‘R’, ‘A’, ’N’ consecutive al suo interno.

Tartaruga: Purtroppo non sono nell’ordine giusto.

Tartaruga: Guardi, sono ore e ore che ci sto pensando su, e non sono riuscita a cavare un ragno dal buco.

Tartaruga: Non ci crederà, ma me lo ha proposto un santone che si trovava insieme a tutti quegli animali fantasmagorici — e alla chitarra.

Tartaruga: Sì, me l’ha confermato una lumaca.

Tartaruga: Se ne stava andando via con l’aria delusa, e allora siamo rimasti a parlare un po’.

Tartaruga: Ho il sospetto che peggio di così non potrei stare. Mi dica pure.

Tartaruga: Ah, questo è facile. La parola è “TE”.

Tartaruga: Caro Achille, come potrei sapere che cosa lei ha in mente? Tutto quello che posso sapere è il testo dell’indovinello che mi ha fornito, e la mia risposta rispetta perfettamente quelle condizioni.

Tartaruga: Ah, capisco. Mi lasci pensare un attimo… Trovato! La parola è “TEREBRANTE”.

Tartaruga: È per colpa del mio mal di testa terebrante. Mi è tornata in mente la parola e mi sono accorta che era la soluzione dell’indovinello.

Tartaruga: Oh, ho anche trovato la soluzione a quell’indovinello.

Tartaruga: Sicuro di non volerla trovare da solo? Magari le do un aiutino?

Tartaruga: Pensi a come una figura e uno sfondo si possono scambiare i ruoli.

Tartaruga: Aspetti, le faccio un esempio pratico. Ha presente la litografia Mosaico II di Escher?

Tartaruga: Ma è meraviglioso! Lo guardi e mi dica: vede tutti gli animali neri?

Tartaruga: Perfetto. Ora immagini che gli animali neri siano tolti dall’immagine. Cosa rimane in negativo?

Tartaruga: E viceversa. Quindi gli animali bianchi sono lo sfondo della figura con gli animali neri, e gli animali neri sono lo sfondo della figura con gli animali bianchi.

Tartaruga: È la stessa cosa. Nella soluzione c’è una figura e uno sfondo.

Tartaruga: No, non stia a pensarci. Piuttosto, vale ancora il suo invito?

Tartaruga: Le avevo detto che avevo un terebrante mal di testa, ma dopo aver risolto l’indovinello mi è miracolosamente passato.

Tartaruga: Così potrei ascoltare una delle sonate per violino solo di Bach, come mi aveva promesso.

Tartaruga: Sa, ho una teoria su come quelle sonate sono state davvero composte.

Tartaruga: Sì. Sono certa che non sono state pensate per violino solo, ma con un accompagnamento.

Tartaruga: Dal clavicembalo, naturalmente.

Tartaruga: Forse ha portato all’estremo la tecnica del basso numerato. A quei tempi l’accompagnamento al clavicembalo era lasciato all’estro dell’interprete: il compositore indicava solo il basso e gli accordi. Magari Bach ha pensato di dare ancora più libertà all’accompagnatore.

Tartaruga: Direi che in questo modo ognuno può immaginare l’accompagnamento che preferisce.

Tartaruga: Con un accompagnamento degenere, potremmo dire.

Tartaruga: Non ne vedo l’ora!

Tartaruga: Arrivederci anche a lei!

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MEDIUM: Gianni Riotta, Wikipedia e Gödel

[Post apparso originariamente su Medium, https://medium.com/@.mau./gianni-riotta-wikipedia-e-g%C3%B6del-8fd31993e56c ]

Venerdì 15 gennaio Wikipedia compirà 15 anni. In pratica, nel nostro pianeta due persone su 7 non hanno mai vissuto in un mondo senza Wikipedia. (In Italia solo una su 7, ma non è colpa della bassa penetrazione dei collegamenti Internet). Gianni Riotta ha scritto per La Stampa un articolo al riguardo, dove tra l’altro si lamenta che

Troppe voci dell’enciclopedia online sono controverse o spurie (il fondatore del Qualunquismo, Guglielmo Giannini, ricordato come «nonno della showgirl Sabina Ciuffini», ex valletta di Mike Bongiorno), la parte scientifica non divulgativa (provate a studiare il teorema di Gödel su Wiki: «Con il… teorema di Gödel si è dimostrato che tale teoria risulta completa per i soli assiomi logici, ossia: per ogni formula “R”, esiste una formula ad essa corrispondente “r” tale che: se sussiste; se non sussiste …).

Per il primo punto sollevato da Riotta non c’è molto da dire. La notizia è interessante per quelli della mia generazione, e credo anche per chi come Riotta non ha neanche dieci anni più di me; per quanto riguarda i giovani, probabilmente non conoscono né Giannini né Ciuffini né il qualunquismo inteso come movimento politico. Posso dargli ragione sulla collocazione della notizia, che era posta quasi all’inizio della voce; e infatti l’ho spostata in fondo, operazione che chiunque avrebbe del resto potuto fare. Il secondo punto è invece molto più interessante, ed è quello che mi ha fatto venire voglia di scrivere queste righe.

È vero: la voce di Wikipedia “Teoremi di incompletezza di Gödel” è incomprensibile, anche per chi ha conoscenze di matematica e logica di buon livello. Se ve la cavate l’inglese, vi conviene come capita spesso vedere la voce in quella lingua: la trattazione divaga qua e là, ma almeno dà un’idea un po’ più chiara di cosa sta succedendo. Magari prima o poi qualcuno riscriverà da capo la voce in maniera più comprensibile per il volgo: gli faccio in anticipo i miei più vivi complimenti, perché quel teorema è un casino. Qualche anno fa ho provato a scrivere una traccia della dimostrazione: se dovessi farlo oggi, credo che la rifarei da capo e non garantisco di ottenere un risultato migliore. E anche dopo aver riscritto una traccia del teorema, resterebbe tutta la parte sul suo significato, che è ancora più complicato da spiegare con semplicità eppure è la parte che sarebbe davvero importante.

Perché Riotta si è giustamente lamentato di quella voce, ma lo ha fatto per il motivo sbagliato. Wikipedia è un’enciclopedia, non un manuale. Uno che vuole studiare il teorema di Gödel dovrebbe andare a cercare su Wikiversity, che è il progetto della Wikimedia Foundation che per l’appunto

ha come obiettivo la produzione e la diffusione di materiale didattico (lezioni, esercitazioni, attività guidate, attività pratiche, documenti audio, etc.) al fine di consentire a tutti di imparare o di riapprendere in modo più indipendente possibile.

Se mai io avessi tempo di riscrivere la mia dimostrazione del teorema di incompletezza di Gödel, la metterei su Wikiversity e su Wikipedia lascerei solo il collegamento. E non ci sarebbe nulla di strano: come chiunque può verificare, la Britannica non dimostra il teorema, a meno che riesca a farlo nelle 195 parole che non sono visibili nell’anteprima. La Treccani non ha neppure una voce al riguardo nell’Enciclopedia vera e propria: parla del teorema nella voce dedicata a Gödel nel suo Dizionario di filosofia, e dà una dimostrazione del teorema nella sua Storia della Scienza. Non auguro a nessuno di dover studiarlo da quella pagina, ma vale lo stesso discorso fatto per Wikipedia: un’enciclopedia non è un manuale.

Morale della storia? Spero che Wikipedia continui a progredire (anche se non vi nascondo i miei dubbi: più roba c’è, più è difficile avere le competenze per migliorare molte voci). Ma spero che tutti capiscano che Wikipedia è un’enciclopedia, e non può essere tutto.

January 10, 2016 Archivi

MEDIUM: Wikipedia, libri e l’attendibilità

[post apparso originariamente su Medium, https://medium.com/@.mau./wikipedia-libri-e-l-attendibilit%C3%A0-in-discussione-6ad5ab922a21 ]

L’altro giorno, mentre cercavo in rete citazioni dei media sui quindici anni di Wikipedia, mi sono imbattuto in questo trafiletto di Leggo, che riporta un’intervista al direttore generale della casa editrice Loescher Marco Griffa. Nulla di così strano, considerando che Loescher è un marchio molto importante nell’editoria scolastica. Griffa ha subito spiegato che «Wikipedia è più facile, ma ha insegnato che bisogna verificare la fonte». Magari voi non ci crederete, ma io – come wikipediano di lungo corso – sono totalmente d’accordo con questa frase. I nostri sforzi sono ormai orientati non tanto a riempire di fatti e fattoidi l’enciclopedia – beh, c’è sempre chi lo fa, ed essendo Wikipedia costruita da volontari nessuno può negarglielo – quanto a far sì che il contenuto sia verificabile dal lettore, portando a corredo di una voce le fonti necessarie. Ricordo che Wikipedia nasce come fonte secondaria, il che significa che non può inventare nulla: le cosiddette “ricerche originali”, teorie che non hanno avuto una pubblicazione autorevole esterna, vengono immediatamente cancellate. Questo dovrebbe diventare chiaro per tutti gli utenti dell’enciclopedia: Wikipedia è una risorsa fantastica, ma vi richiede di fare un po’ di fatica anche voi e verificare la fonte delle informazioni in essa contenute.

Quello su cui non concordo è la conclusione che Griffa fa immediatamente seguire a quella frase: «prima, con i libri tradizionali, l’attendibilità non era in discussione». E chi l’ha detto? Chi è che darebbe le garanzie? Faccio un esempio banale. Ho appena letto un libro di matematica per ragazzi dove tra i vari temi trattati si accenna all’Ultimo teorema di Fermat e si racconta di come Wiles l’abbia finalmente dimostrato nel 1994. Si aggiunge però che prima della dimostrazione di Wiles il teorema era stato dimostrato solo per il caso di un esponente n=3. Tralasciando il fatto che Fermat stesso l’aveva essenzialmente dimostrato per il caso n=4, già nel XIX secolo si erano trovate dimostrazioni per molti valori di n: tra i numeri primi minori di 100, restavano fuori solo 37, 59 e 67. No, il libro non è pubblicato dalla Loescher, non preoccupatevi. Non mi interessa tirare fuori il nome del colpevole, ma semplicemente mostrare come l’attendibilità non è spesso assicurata non dico leggendo i media, ma anche con un libro che si suppone essere più curato e meditato. Perlomeno con il web possiamo immaginare di dovere stare all’occhio: con un libro potremmo abbassare la guardia ed essere fregati.

Poi, intendiamoci, capisco i problemi di Griffa: ha perfettamente ragione quando afferma che negli ultimi sei-sette anni l’editoria scolastica è stata obbligata per legge a produrre testi digitali quando il mercato non lo richiedeva. Quest’idea dei nostri governi di ogni colore del dover diventare digitali a tutti i costi non sono mica riuscito a capirla, a meno che non servisse a evitare il peso della cultura negli zaini dei ragazzi: fare uscire un libro digitale che sia una copia verbatim del testo già pubblicato sul cartaceo è poco utile, e confesso di non avere mai avuto tra le mani libri pensati per il digitale (i miei bimbi sono ancora troppo piccoli). Però vorrei lo stesso tranquillizzarlo e ricordargli che “libro digitale” non è la stessa cosa che “libro che va su Internet”. Quindi se le famiglie non hanno una connessione internet, non solo possono usare i libri digitali, ma soprattutto non possono usare Wikipedia e quindi il copincolla per fare le ricerche sarà ancora fatto con i vecchi mezzi…

January 18, 2016 Archivi
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