Ho deciso di creare una nuova categoria del blog, per dare una maggior visibilità agli strafalcioni matematici che si trovano ovunque. “Innumeracy”, la chiama A.K.Dewdney.
Iniziamo con la frase del ministro degli Interni Pisanu, come citata da Kataweb:
Gli immigrati regolari in Italia sono il 3,8 per cento, la stessa percentuale della Spagna che però è una nazione dalle dimensioni nettamente inferiori […]
Cosa dovrebbe significare questa frase? Probabilmente che il numero assoluto di immigrati è maggiore in Italia rispetto alla Spagna. Ma quello che conta in pratica non è il loro numero assoluto, quanto quello relativo, cioè la loro percentuale. Insomma, l’inciso è assolutamente stupido.
Morta una ciclista
A pochi passi da casa mia. Una betoniera ha svoltato a destra senza pensare che magari può esserci qualcuno alla sua destra (quando pedalo io, questo lo tengo sempre in conto. Poi tanto c’è l’idiota che mi dà del pirla perché si è dovuto fermare con lo scooter mentre stavo attraversando sulla pista ciclabile, e c’era già un’auto ferma)
Naturalmente la notizia non era di sufficiente importanza per un quotidiano gratuito come City (Leggo e Metro hanno altre idee, per fortuna)
Dati Personali
Il capo delle Relazioni Industriali di IT Telecom ci ha inviato un’email in cui ci comunica che l’Azienda, nella sua infinita saggezza, ha deciso che tutti i dipendenti sono incaricati del trattamento dei dati personali. Fin qui nulla di male.
Ma ha anche detto che nessuno può essere escluso o autoescludersi. Qui il male ci sta eccome. Come può legalmente una società scaricare così il peso dei suoi obblighi?
caldo
Sondaggi elettorali
L’arte del sondaggio elettorale è sempre stata molto legata al committente: chi non si ricorda le bandierine di Emilio Fede? Né c’è poi da stupirsi più di tanto, visto che un loro effetto collaterale sta nella pubblicità, per convincere la gente che ogni resistenza è futile. Se proprio ci sono delle brutte notizie, queste vengono fornite in segreto…
Operazioni come quella di Repubblica di oggi sono però francamente esagerate. Si titola a tante colonne “Tra i Poli è l’ora del sorpasso: Ulivo e Prc superano la Cdl”, e poi scopri che il sondaggio è stato fatto su 700 persone – che sono già pochine – e di queste la metà non risponde o dice che è indecisa.
C’è un gustoso racconto di Asimov (Franchise, in italiano Oggi si vota), dove ogni quattro anni il gigantesco cervello elettronico decide qual è l’elettore per gli Stati Uniti (no, non solo per il presidente: tutte le elezioni locali sono gestite da Multivac interpretando le risposte a un migliaio di domande fatte al poveretto). Arriveremo anche noi a questo?
Nome di battaglia Lia
Sabato sera abbiamo sfidato le zanzare – beh, ci siamo spalmati chili di autan – e siamo andati al Paolo Pini a vedere lo spettacolo teatrale in questione, nel cartellone di quest’anno di “Da vicino nessuno è normale”.
Non venitemi a dire che pensavano a me: al limite questo era vero l’anno scorso, quando c’era il filo conduttore “ma i matematici sono davvero tutti matti?” Più che altro, il Paolo Pini era il manicomio di Milano, da cui il nome dell’associazione culturale.
Biglietto di ingresso, 8 €, di cui una non meglio identificata parte devoluta per le spese legali per il 25 aprile 2001. E chi si ricorda esattamente cosa era successo? Inizio teorico, ore 21:30. Siamo arrivati alle 21:40 e non si poteva nemmeno entrare, e poi abbiamo dovuto aspettare fino alle 22:10. Peggio che noi a impro.
La produzione era di chiaro stile sperimentale: tre attori del Teatro della Cooperativa – Marta Marangoni, Rossana Mola e Renato Sarti che è anche il regista – si alternano a rievocare le scene raccontate dalle donne che hanno fatto la Resistenza a Niguarda, partendo da un po’ di storia spicciola con il ricordo delle cooperative nate alla fine dell’800 quando Niguarda era ancora un comune separato da Milano. Palco spoglio, proiezione con le vie della zona alla fine, quando si racconta la morte della compagna Lia. Le storie erano un po’ confuse, perché hanno voluto lasciare le testimonianze intatte: certo che passare da una storia all’altra senza nemmeno uno stacco lascia piuttosto perplessi, e richiede un minimo di attenzione per capire che l’attrice adesso è un’altra persona.
Commento? il testo è molto interessante. Ho dei dubbi però sulla resa teatrale, oltre che essere certo che lo spettacolo non è stato affatto provato in maniera completa: non è bello che le attrici coprano il video, quando sarebbe bastato spostare un po’ il video per avere la scena completa… Spero che nelle prossime repliche – ne ho vista una pubblicizzata per metà settimana – migliori la resa scenica.
Unifichiamo
Egon Schiele
Oggi giretto turistico oltreconfine, con Anna e la sua amica Barbara, per andare al museo di arte moderna alla mostra su Egon Schiele, con ottima scelta di tempi – nel senso che domenica prossima chiude.
Cominciamo a parlare della mostra. E’ molto bella e interessante, direi che segue con completezza la produzione artistica del Nostro – non che sia difficilissimo, visto che ha cominciato a dipingere nel 1906 ed è morto nel ’18 – e soprattutto l’allestimento è perfetto. Finalmente una mostra dove l’illuminazione è curata in maniera perfetta, e i quadri si possono vedere senza problemi di riverbero. Inoltre, non c’era molta gente e quindi ci siamo potuti godere davvero la mostra. Per un ignorantone come me, poi, c’era quel minimo di notizie che mi ha permesso di inquadrare la vita e le opere, anche se resto dell’idea che una spiegazione di un paragrafo o due per opera sarebbe interessante. Niente da fare.
Adesso passiamo alle cose brutte. Mi hanno fatto lasciare alla reception il mio marsupio (agggh!) No, questa è semplicemente una cosa swizzera, d’accordo. In compenso, nessuno ci ha chiesto i documenti alla frontiera, facciamo pari e patta. Il bookshop della mostra era ridottino, e i prezzi incredibilmente alti – 35 Sfr per una riproduzione di un quadro: avevamo però a disposizione i distributori dell’acqua, e ciò è stato oltremodo utile, anche se il clima lassù era meno umido di quello milanese nonostante il lago. Il video che ci siamo visti all’interno della mostra era troppo lento – è durato 45 minuti, e tra l’altro dopo il 1914 non c’è stato più detto nulla, come se il regista avesse finito il tempo. Peccato, perché avrebbe dato degli utili spunti.
La cosa peggiore è stata però uscire dal parcheggio. Siamo entrati fiduciosi, perché abbiamo visto una macchinetta convertitrice di euro in franchi svizzeri – cambio urfido, d’accordo, ma occorre sapersi accontentare. No, niente carte di credito. Incredibile, vero? Bene, quando siamo tornati abbiamo scoperto che la macchinetta in questione non era funzionante. Nessun cartello sulla convertitrice: immagino che avremmo dovuto accorgercene perché la spia in questione era spenta. Risultato: sono andato a farmi cambiare un po’ di euro in franchi dal venditore di kebab dall’altro lato della strada, ottenendo un cambio da strozzino napoletano: inoltre, è scattata l’ora e quindi ho pagato altri due franchi. (No, non sono dovuto tornare a farmi cambiare altri soldi: conoscendo la puntualità svizzera, mi sono già fatto cambiare tutto)