Cristianesimo – essenza e storia

Alcune decine di anni or sono, il nome del teologo tedesco Hans Küng era diventato noto anche all’italico pubblico, per via di una serie di polemiche contro il papato. Adesso che ha una certa età e ormai di ricerca teologica non ne riesce a fare più (la definizione non è mia, ma di un professore della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale) ha pensato di scrivere una trilogia sulle grandi religioni monoteiste. Ho iniziato col leggere il secondo volume (Cristianesimo, Rizzoli 1999, pag. 939, ISBN 8817118664, €11.50), dedicato al cristianesimo.
C’è tanta roba, anche se bisogna togliere 150 pagine di note, per la maggior parte bibliografiche. Küng vuole mostrare come si possano vedere vari paradigmi della cristianità, che lui intende come modi diversi di vedere la stessa cosa, anche se ormai si sono sclerotizzati: si parte dalla visione giudaico-apocalittica ormai scomparsa, passando per l’ortodossia, il cattolicesimo, l’evangelismo, e arrivando a quello che chiama “il paradigma della modernità”, con le religioni spiazzate da scienza e tecnica. Nel fare questo, dà mazzolate a tutti, a partire ovviamente da papa Wojty?a con cui deve avere proprio il dente avvelenato. Gli resta comunque la speranza di riuscire a rimettere insieme tutti questi paradigmi in una nuova visione sfaccettata, che non significa sincretismo.
Ho trovato molto interessanti le parti di storia della religione, soprattutto per la spiegazione delle separazioni cattolico-ortodossa ed evangelico-cattolica che sono molto più complesse di quanto uno avesse capito a scuola, ammesso che fosse stato attento a lezione. La parte moderna è stata tirata un po’ in fretta, invece. Poi non si può dire che il libro sia costoso, anche se non è esattamente una lettura di svago: insomma si può pensare di guardarselo se non si ha fretta.

Il mistero dei biglietti "automatici"

Anche oggi, come del resto capita regolarmente, nella pagina di City dedicata all’ATM campeggia la comunicazione per cui i biglietti emessi dalle macchinette automatiche in metropolitana non possono essere distribuiti dal personale ATM o venduti in altro modo.
Sono certo che ci saranno delle ottime ragioni per questa limitazione: credo proprio che ai vertici dell’azienda abbiano cose più importanti a cui pensare. Però io sono un tipo curioso, e piacerebbe anche a me conoscere queste motivazioni: e invece nulla. Nella pagina non viene scritto uno straccio di spiegazione, e dire che di spazio ce ne sarebbe: basterebbe anche solo portare il testo a corpo 14.
Riuscirò a sciogliere questo mio dubbio?
(ah, questo messaggio lo sto spedendo in contemporanea a segnalazioni-proposte@atm-mi.it, non pretendo che loro vengano a leggere queste notiziole!)

Finalmente un vero coltellino svizzero

(scoperto via iaia)
Siamo in molti ad avere un coltellino svizzero più o meno originale – il mio non lo è per nulla, ad esempio – con una quantità di strumenti inutili al suo interno.
Ma non preoccupiamoci: c’è chi pensa a noi. Swissbit, società nata da Siemens, si è accordata con Victorinox, quelli che fanno i “veri” Swiss Army Knives, e presenterà al Cebit il primo coltellino svizzero con chiave di memoria USB, l’equivalente attuale del buon vecchio floppino.
L’unica cosa che mi preoccupa è che non sarà penso possibile portarselo come bagaglio a mano in aereo: una vergogna.

ah, povera musica!

No, non parlo di Sanremo. Sono della scuola “meglio ignorare”. Lo so che tanto è impossibile: basta ad esempio vedere che in una settimana ho avuto sette contatti al mio sito con la stringa di ricerca “festivalsanremo” tutto attaccato; in effetti c’è una notiziola dell’anno scorso sulla chiusura del dialer omonimo. Ma ciò non toglie che il modo migliore per eliminare il festival è non commentarlo per nulla.
Non parlo neppure del controfestival mantovano, che mi è sembrato una tavanata galattica di cui tutti potevamo farcene a meno, anche se Alessio non è del mio stesso parere.
Le mie chiacchiere vertono sulla pagina del numero di ieri di City, intitolata “Persone” ma che poteva tranquillamente essere chiamata “Musica”, e contenente le solite perle di saggezza scovate chissà dove.
David Bowie ad esempio ci fa sapere che sta sperimentando un nuovo modo di proporsi: chi è avvezzo ai cambiamenti di look a centottanta gradi sobbalzerà a scoprire che d’ora in poi il cantante “dedicherà tutte le sue forze alla stesura dei testi e alla composizione delle musiche”, piuttosto che al look. Cose da non credere.
Ma non parliamo di marchette: ci sono infatti notizie molto più interessanti. La Royal Opera House ha licenziato la soprano Deborah Voight… perché pesa troppo. Non si sa quanto, ma sembra tra i 105 e i 120 chili Se Georges Perec fosse ancora vivo, sono certo aggiornerebbe il suo influente saggio sulla organizzazione tomatotopica nella Cantatrix sopranica L.. La storia in realtà è leggermente diversa, nel senso che la nostra robusta cantante non è semplicemente stata scritturata, ma volete mettere l’impatto?
L’angolo scientifico non può mancare: scopriamo infatti che “il quotato psichiatra gallese Nick Warner” sostiene che tra i suoi pazienti la melodia che sentono più spesso nella testa, anzi “echeggiare come tra le pareti di una stanza”, è un inno funebre composto nella metà dell’800, tale Abide with me (soffri con me), che fa sembrare Marco Masini un ottimista nato. Non mi fido di ascoltare il midi: non fosse mai che mi entri in testa pure a me! Tra i tormentoni, menzione onorevole tra l’altro per “Don’t cry for me Argentina”, che dà anch’esso l’idea che sia meglio tagliarsi le vene. Oh, la notizia non se la sono mica inventata, la riporta anche la Reuters!
Infine la notizia che mi fa più male: la scoperta delle “ispirazioni di John Lennon”. Un tizio si è comprato quindici anni fa a un’asta un jukebox che John aveva acquistato a suo tempo, e finalmente l’ha rimesso in sesto e letto le note scritte a mano (dove?) dal nostro. Scoperte sensazionali, come vedere che si era ispirato a canzoni blues, folk e rock’n’roll – niente Rachmaninov, pensate!; che il giro di chitarra di “I feel fine” , quello che si sente anche nel “Pipppero”, è di Bobby Parker; che l’armonica di “Love me do” è scopiazzata da Delbert McClinton; che, udite udite, l’urlo di “Twist and Shout” è stato preso in prestito da… gli Isley Brothers, quelli cioè che avevano portato al successo la canzone. A dire il vero, a me le interpretazioni sembrano completamente diverse ma non importa. L’anonimo estensore ripreso dall’Ansa finisce commentando che “non c’è nessun disco dei Beatles” (ma va?) e che ce n’è uno solo cantato da una donna, mostrando di non sapere quanto abbiano saccheggiato i gruppi vocali femminili. Sigh. Ma non diamo la colpa a City: non ha poi peggiorato troppo quanto scritto dall’Observer.

scoprire gli altarini

Ammetto che spesso Gianluca Neri mi sta un po’ sulle palle. Non a livello eccessivo, ce ne sono molti di peggio e lui ha il grosso vantaggio di non esondare: insomma se uno si rompe basta non andare a trovarlo.
Però devo dargli atto di essere un cane da tartufo quando bisogna scovare notizie. L’anno scorso avevo accennato qui alla causa di plagio intentata al Gabibbo, e dicevo di ricordarmi che Ricci stesso aveva detto a suo tempo che il Gabibbo era preso da Big Red. Stamattina leggo su Macchianera tutta
la storia
, da cui scopro che la prova “giubbotti ad alta visibilità infiammabili” fa parte della lotta infinita tra Ricci e Strocchi, e soprattutto vengo a sapere dove avevo letto l’intervista a Ricci: su Novella 2000.
Adesso dovrò trovare un modo per giustificare come mai l’abbia letta (immagino dal mio barbiere…), ma non è importante.
Ah: sarebbe simpatico provare un certo numero di questi giubbotti, per capire quanti siano infiammabili. Le prove tv non mi ispirano molto.

Il bel mondo informatico

1. Giovedì scorso ho cercato di rinnovare l’abbonamento a Urania Collezione che è il mio regalo per il compleanno del fratello (il compleanno è stato quasi un mese fa, ma non sottilizziamo). Entro nel sito, trovo la pagina, e scopro che non c’è affatto la possibilità di indicare il numero di codice dell’abbonamento corrente, per fare in modo che sia prolungato. Scrivo allora una mail chiedendo lumi. Ieri mi arriva la risposta dicendo che non trovavano i dati dell’abbonamento (bella forza, avevo fatto una domanda generica) e chiedendomeli. Ho subito risposto, vediamo se ci vorranno ancora due giorni lavorativi per una risposta.
2. Ieri ho anche provato a chiedere lumi per la mia domanda di cambio residenza (sigh), fatta più di due mesi fa. Sono entrato nel sito del comune di Milano per cercare il numero telefonico dell’anagrafe, e ho visto un bellissimo link “Cambio di residenza: informati sulla tua pratica”. Mi ci fiondo, compilo i campi e rispondo all’email di conferma automatica. Stamattina mi arriva la risposta: “La sua pratica è attualmente in fase istruttoria”. Ho dovuto telefonare per sapere cosa significasse: in pratica, il messo si è già convinto che abito in effetti a Milano – non so come, visto che non abbiamo portiere e né io né Anna l’abbiamo mai visto: ma non è un problema – e stanno aspettando che Torino dia l’OK al trasferimento. Una riga in più di risposta sarebbe bastata.
Morale: l’informatica ci permetterà di sapere tante cose, ma solo in teoria. Il buon vecchio telefono è sempre il meglio.

al freddo e al gelo

Stamattina Anna si sveglia per andare in bagno, e tornata a letto si abbranca a me per riscaldarsi un po’. Quando suona la sveglia, mi chiede se per caso il termosifone è andato in blocco. Io tocco il termo, sento che è caldo, e dico di no. Guardo poi il sensore, e dà 18.8 gradi, al che Anna si chiede come faccia a fare così freddo, visto che in fin dei conti era un’ora che l’acqua calda pompava.
Quando poi sono uscito, ho capito il motivo: strato di ghiaccio su tutte le auto in sosta. Aggiungiamo poi il nebiun da Famagosta fino al centro di Rozzano (!) e forse si riesce a capire perché oggi ho una voce sensualissima e un raffreddore che non finisce più…
(ah, oggi sono andato in ufficio coi mezzi, e ieri in auto. Non è colpa della bici :-) )