Gustavo Selva mi ha fatto perdere la scommessa. Forse perché non era certo della comprensione dei suoi colleghi, e sicuramente perché ha immaginato che a metà luglio il cervello degli italiani è sufficientemente sfatto per avere dimenticato quello che era successo sei settimane fa, ha pensato bene di ritirare le proprie dimissioni, mentre io scommettevo che sarebbero stati i colleghi a dirgli “mannò, resta con noi!”.
Restano da fare alcune considerazioni. Innanzitutto, il Parlamento continua ad essere oberato di lavoro, visto che in sei settimane non è riuscito a portare all’ordine del giorno la richiesta di dimissioni. Inoltre, il povero Gustavo nella sua riorganizzazione della realtà (immagino che il virgolettato sia suo, anche se con Rep.it non si sa mai) si è completamente dimenticato di quanto pronunciato da lui al tempo, il che potrebbe essere un indizio di una grave malattia degenerativa cerebrale.
Però credo che il punto che sia sfuggito a molti è la sua risposta alla ministra Turco, che come titolare della Sanità ha fatto notare come “il bilancio poteva essere più tragico se un’altra persona avesse avuto bisogno dell’ambulanza”. Il suo commento, oltre alla considerazione “il lessico vetero-comunista per infangare l’avversario politico resta duro a morire in una senatrice post-comunista” che credo sia uscita per default in quanto presente nel Manuale di Conversazione Politica ad Uso della Casa delle Libertà, edizioni SilvioB, è stato il seguente: “Questo non poteva accadere perché l’ambulanza era a disposizione solo per chi si trovava a Palazzo Chigi”. Dalle mie parti si chiama apartheid, per lui non so: sicuramente non “casta”, visto che il ritiro delle dimissioni è per lui un “segno di rispetto” verso il Senato, dato che “se voi mi assolvete potrebbe sembrare la casta che si autodifende”. Sì, “se voi mi assolvete”. Le dimissioni sono per lui più o meno l’equivalente di un Confiteor, e l’assoluzione doveva essere automatica: altrimenti mica sarebbe stato così stupido da presentarle!
PS: PaulTheWineGuy mi ha fatto notare la chicca finale, dove non ero riuscito ad arrivare (lui aveva il vantaggio di avere scelto di leggere la notizia sul Corsera, dove hanno compresso meglio le informazioni). Il nostro rappresentante ha infatti detto che “Un voto in meno del centrodestra al Senato è un giorno in più per il governo Prodi”… come se al posto suo arrivasse un perikoloso komunista e non il primo dei non eletti di AN.
Aggiornamento: (18 luglio) Visto che qualcuno è arrivato fin qua cercando di scoprire chi sarebbe subentrato a Selva in caso di sue dimissioni, ho fatto una rapida ricerchina e sono arrivato qua. Visto che gli eletti veneti per AN sono stati tre, il primo dei non eletti è Paolo Danieli. Spero di aver fatto cosa gradita.
Effetti del terremoto
Mantellini ha più tempo di me per guardare le ultime notizie di Repubblica – o più banalmente è riuscito a svegliarsi prima di me – e rende nota a tutti questa notizia apparsa stamane su Rep.it. Se non ricordo male, la gestione delle notizie nella sezione “24ore” è appaltata a un’azienda esterna, quindi il titolo non è merito loro: mi chiedo comunque se abbiano notato la doppia lettura della frase…
il bel fondoschiena
Repubblica, confermandosi un quotidiano attento a quanto interessa alla gggente, pubblica
questa lettera, presumibilmente da questa persona (no, non so se nel sito ci sono sue foto), che si lamenta perché la gente snobba le sue due lauree e guarda unicamente il suo fondioschiena.
Bene, io non ho nessuna voglia di fare il politicamente corretto. Quando leggo una frase come «Se io vado in cantiere con i tacchi a spillo attiro l’attenzione… non perché vado contro il decreto sulla 494, ma perché ho pur sempre una bella caviglia… e mi sogno di poter essere presa sul serio nel dare indicazioni sull’impianto elettrico» il mio pensiero è “se vai in cantiere con i tacchi a spillo, sei un’idiota”. Non stiamo parlando di una riunione, dove possiamo discutere sulle regole non scritte di abbigliamento, ma di un posto dove il tacco a spillo non solo è scomodo, ma ancbhe inutile e pericoloso. E provare a scegliere altri esempi?
(però sono d’accordo quando scrive «Del resto in Italia i giornali non fanno giornalismo, fanno mercato»)
parolacce nel kernel linux
Tutti coloro a cui è capitato di scrivere dei programmi per computer sanno che scrivere la documentazione del programma stesso è generalmente un’impresa molto più difficile. Il massimo che si riesce di solito a fare è inserire qualcosa sotto forma di commenti al codice stesso, sapendo che tanto nessuno li leggerà. Per chi non è abituato a guardare il codice, mi affretto ad aggiungere che i commenti spesso non servono a spiegare qualcosa, quanto piuttosto a indicare lo stato d’animo del programmatore quando ha dovuto aggiungere quella parte di codice; qualcosa di simile può capitare nei nomi delle variabili, che dovrebbero essere autoesplicativi almeno in teoria. Su sistemi operativi come Windows, che arrivano in formato eseguibile, commenti e nomi delle variabili non si possono vedere; Linux invece può arrivare in formato sorgente, e quindi sono tranquillamente visibili. Ecco dunque che qualcuno ha preparato una tabella delle imprecazioni presenti all’interno delle successive versioni del kernel. Termini che non vorreste mai che i vostri bimbi sentissero, tipo “fuck”, “shit”, “crap” e “penguin”, sono sempre più presenti nel codice, anche se il numero di occorrenze per riga di codice si sta riducendo. È anche interessante notare come “shit” (letteralmente “merda”, per chi non è molto anglofono) stia calando a tutto vantaggio di “crap” (che potremmo rendere come “cacca”, nel senso che è meno forte). Chissà, magari il codice sta migliorando.
Lavoratori di tutto il mondo, ridete! (libro)
Mi sa tanto che non deve essere così facile essere nato in un paese dell’Est, essere emigrato in Italia, e nonostante tutto essere di sinistra. Anche Moni Ovadia deve essere d’accordo con me, visto che in questo libro (Moni Ovadia, Lavoratori di tutto il mondo, ridete!, Einaudi Stile libero big 2007, pag. XXIV-269, € 15.50, ISBN 9788806185350) si lancia in una lunga introduzione per spiegare come l’idea di base del socialismo rivoluzionario fosse buona, ma che è stata gestita sempre peggio: e che comunque il capitalismo non è certo meglio e che se non fosse stato creato quel “cordone sanitario” dopo la prima guerra mondiale magari le cose sarebbero andate diversamente. Resta il fatto che questo libro rimane né carne né pesce, con una serie di battute che dovrebbero essere la parte fondamentale del libro ma sono di valore disuguale: alcune fantastiche, mentre altre non sono riuscito a capirle. Paradossalmente è più interessante la parte storica, con l’appendice in fondo e i rapidi richiami durante il libro: ma allora perché non farlo esplicitamente? Avevano paura non vendesse?
Attenti agli URL
C’è qualcosa che mi fa immaginare che uno della redazione web di Repubblica.it se ne stia andando, e voglia togliersi qualche sassolino.
(l'”intervista” che Giuseppe Turani ha fatto al direttore generale di Vodafone Italia la trovate qua: il link di cui sopra è rimasto per circa un’ora, dalle 12:55 alle 13:55).
(via Mantellini:, a sua volta via Bonacina)
Aggiornamento: (16:50) Il “kazzone” a dire il vero era solamente la ciliegina sulla torta. Ho dato un’occhiata agli URL degli articoli di Affari e Finanza odierno. Nella sottodirectory primopiano abbiamo queste associazioni nomi-titoli:
– 002kolazione.html: I nuovi smartphone offrono soluzioni che avvicinano l’uso a quello del pc
– 002volantone.html: Il marketing fa leva sull’emozione dell’iPhone
– 002kovero.html: Sempre connessi con 5 euro al mese ma attenzione: non vale per il pc
– 004fabrone.html: Il successo dei saldi e le griffe senza qualità (questo è di Giampaolo Fabris, per capire il nome del file)
– 010krepa.html: Arrivano le nanotecnologie, la Second Life della scienza
– 010kaspita.html: “L’università non è pronta alla multidisciplinarietà”
– 010kadera.html: Oltre il giardino
– 010kreolo.html: In Lombardia nasce il ‘cluster’ specializzato nell’ultrapiccolo
Si va avanti con 012fusillo, 012bustona, 012trenette, 016foketto, 016klaviere, 018erbarone.html, 018arcentro.html, 018erdalai.html, 020delete.html (sulla Pentax, si vede che non gli piaceva), 020arduer1.html (e 2 e 3, hardware ce n’è sempre tanto…), 026orata.html, 026branzino.html, 026nasello.html, 026sardina.html, 026sogliola.html… Almeno dategli un generatore di nomi, no?
Xinu
Il nome immagino sia Unix al rovescio: il sito immagino sia ispanofono, a giudicare dai puntatori che ha. Ad ogni modo, Xinu raccoglie tante informazioni sul sito che si indica nell’apposita finestrella. Utile? Boh. Ad esempio ho scoperto che la mia homepage non si valida, stasera a casa la correggo. Mi sembra già un buon risultato.
(via Storiedime)
trenitalia.out
Venerdì pomeriggio siamo partiti per un weekend in Trentino. Il nostro treno era alle 16.05: arrivo in stazione con una decina di minuti di anticipo, mentre Anna era già davanti a una di quelle famigerate macchinette “Fast Ticket”. I biglietti li aveva presi stamattina via Internet, ma la modalità “ticketless” non era disponibile e quindi bisognava stamparli. La macchina scrive sul display “sto stampando…”, rimane così per un minuto buono, e poi appare una minacciosa schermata rossa “Sportello Chiuso”. Comincio a temere il peggio: andiamo a un’altra macchinetta, rimettiamo il codice di prenotazione, e ci appare la scritta “Prenotazione bloccata: rivolgersi in biglietteria”. Il tutto alle 16.01, con le biglietterie che come si può immaginare erano un carnaio unico. A questo punto andiamo al binario, becchiamo il controllore e gli spieghiamo il tutto. Lui ci dice “io non posso stampare il biglietto: per me non ci sono problemi ma quando cambiate a Verona dovreste provare alle macchinette là”. Il tutto con una coincidenza di otto minuti.
Nonostante il treno fosse strapieno, con i corridoi completamente bloccati alla faccia delle prenotazioni obbligatorie, fortunatamente è arrivato in orario e così sono riuscito a catapultarmi nell’atrio e stampare questi stramaledetti biglietti. Non che ci siano serviti, visto che di controllori non ne abbiamo trovati… L’avventura è terminata alla stazione di Trento, dove ho acquistato due prenotazioni per il tratto Trento-Verona del ritorno: visto che l’eurocity di domenica non ha la prenotazione obbligatoria, Trenitalia non ti permette di acquistarla via Internet e devi per forza andare in biglietteria. Gentili, vero?
Riuscire a stampare un biglietto non è per nulla una cosa facile.