un vero troiano, anzi TORiano

Tor, come dice la pagina ufficiale – in italiano, per giunta – è “una rete di tunnel virtuali che permette a persone e gruppi di aumentare la privacy e la sicurezza in Internet”. Detto in parole povere, se tu ti connetti via Tor non dovrebbe essere possibile rintracciarti, perché i pacchetti dati vengono suddivisi e sballottati su e giù per la Rete.
Oggi, nella cartella dello spam, c’era un messaggio di un improbabile “foreverlast@interfacefinancial.biz” che mi avvisava – in inglese – che la mia vita online non ha privacy, scrivendo “Everyone who is trading files is being traced. The RIAA is suing one person after another. Your privacy can be safe again with our new technology. This free download will keep you safe from those who are watching you.” Da qui un bel puntatore al sito http://201.255.111.44/, manco hanno avuto voglia di prendersi un bel nome a dominio questi argentini, da cui potresti scaricarti un bel tor.exe.
Devo dire che mai come in questo caso la definizione di Trojan si attaglia perfettamente.

l'orologio per i procrastinatori

Come credo la maggior parte di noi, io tendo ad essere in ritardo. Essendo poi bravo a fare i conti, riesco anche a misurare il ritardo e ritardarci comunque sopra: quindi mettere un orologio avanti è assolutamente inutile, perché converto automaticamente l’ora in quella corretta.
Ecco l’utilità di un orologio per procrastinatori. Tu sai che può essere avanti tra zero e 15 minuti, ma non sai esattamente di quanto; a questo punto sei costretto a prendere l’ora per buona, e se sei fortunato riesci a ritardare meno di quanto l’orologio sia avanti :-)

pile originali

Dopo che per la seconda volta in una settimana il mio ciclocomputer si era impallato, ho pensato che forse la pila si stava scaricando. È vero che a vederlo bene sembra che ci siano delle celle fotovoltaiche, ma è anche vero che se ci hanno messo dentro una pila a bottone 2032 una qualche ragione ci sarà stata. Mentre ero uscito per pranzo ho così pensato di passare a comprarmi una nuova pila dal negozio di elettronica cinese in viale Monza, negozio che ormai ha visto praticamente tutti i miei colleghi entrare e comprare i gadget più improbabili.
Arrivo, mostro la pila – mi ero dimenticato di aggiungere che questi cinesi sono arrivati da pochi mesi, e l’italiano mica lo capiscono ancora bene! – e la tipa mi dice “ci sono queste normali, e queste originali” (tutte allo stesso prezzo, tra l’altro). Guardo le due confezioni, e non riesco a capire la differenza: allora mi fa notare che è vero che il nome in grande è scritto in entrambi i casi con ideogrammi, ma quelle “originali” hanno anche le spiegazioni scritte in cinese, mentre quelle “normali” ce le hanno in inglese.
A parte l’innegabile ribaltamento della realtà a cui siamo abituati, e cioè il pensare a qualcosa in cinese come originale, quello che mi chiedo è: ma chi diavolo fa i cloni delle pile cinesi?

Devo essere ingrassato

Stasera, tornando a casa, sento che la sella balla. Mi chiedo come mai, finché non arrivo praticamente a casa, mi fermo a guardare bene, e noto che non è che si sia smollato il fermo del sellino, ma c’è qualcos’altro che non va. Decido di fare un salto dal ciclista a chiedere lumi: inforco di nuovo la bici, sento un crac, e la sella se ne va via per conto suo. In pratica, si è spaccata la vite che tiene ferma la sella.
Il tutto non è stato un grande problema: il ciclista è a un chilometro di distanza e ho pedalato in piedi fino a là; lui mi ha cambiato il pezzo, anche in garanzia quindi non ho pagato nulla, e adesso sono di nuovo a posto. Però quella vite aveva quasi un centimetro di diametro, e si è spaccata di netto. Come diavolo ho fatto?

a volte la storia non si ripete

Un topos abbastanza usuale è quello del genitore che in ufficio riceve la telefonata del figlio che non riesce a risolvere un’espressione algebrica (e il genitore generalmente non ci riesce nemmeno lui… ma questa è un’altra storia). Oggi mia mamma mi ha telefonato perché non riusciva a risolvere un’espressione algebrica :-)
Per i curiosi, stava facendo ripetizioni a una ragazzina, e non le tornava che (26*3*5 – 25*3*5) facesse 25*3*5. In effetti, scritto così sembra un po’ strano…

Benito li avrebbe apprezzati

Quando pensereste possa essere stato pubblicato un articolo intitolato “Persone Down e orientali condividono vari comportamenti e caratteristiche specifiche”? Ai tempi di Lombroso, o magari negli anni ’30? Sbagliato. L’articolo (di cui trovate l’abstract qua è stato “ricevuto il 28 novembre 2006, accettato il 18 dicembre 2006, pubblicato online il 28 febbraio 2007”. Il tutto su Medical Hypotheses; una rivista Elsevier, mica “Medicina in val Brembana”, insomma. Il tutto per le firme di
Federica Mafrica e Vincenzo Fodale, del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Messina (il secondo ha anche un “sito ufficiale”, http://www.fodale.it/ in italiano e http://www.fodale.com/ in inglese, dal quale ho scoperto un suo altro bellissimo articolo: “Viagra, operazioni chirurgiche e anestesia: cocktail pericoloso con rischio di cecità”. Un po’ come quando ti dicevano di non farti le pugnette perché saresti diventato cieco… fine della parentesi).
Leggendo l’abstract (via Bad Science, uno di quei blog da leggere e far leggere a tutti quelli avvezzi a TgCom e Dagospia), quello che mi pare di capire è che la “ricerca” sia nata dalla constatazione che le persone Down hanno gli occhi a mandorla, ed è continuata cercando tutte le possibili caratteristiche “similari”: una metodologia che chiunque abbia studiato un minimo di statistica sa essere completamente fallace, visto che basta scartare tutto quello contro la propria tesi e tenere solo quello a favore. Un ottimo lavoro, che ci fa sentire fieri di essere italiani.

Il cannocchiale d’ambra (libro)

In questo terzo e ultimo libro della trilogia della Materia Oscura (Philip Pullman, Il cannocchiale d’ambra [The Amber Spyglass], Salani 2003 [2000], pag. 451, € 16, ISBN 9788884513298, trad. Francesco Bruno) tutti i fili degli altri due libri si intrecciano in un’opera di respiro davvero enorme, che parte dalla fine di Dio per arrivare all’ingresso nell’età adulta dei due ragazzi protagonisti, Will e Lyra. L’eterna lotta tra il bene e il male segna un punto topico, e come si era già intuito nei libri precedenti il male è anche la religione organizzata e gerarchica, che nel mondo di Lyra è ancora più opprimente. Ma a parte questo abbiamo echi di non so quante fonti diverse: un viaggio nell’Ade, le Arpie, richiami evangelici e biblici, più immagino tutti i riferimenti a William Blake e John Milton che io mi sono perso. Ma forse i pensieri che restano più impressi sono il tema del distacco, onnipresente nel testo; la coscienza che nasce da sola, un po’ come secondo Hofstadter in I Am a Strange Loop, e il riconoscere che nessun essere vivente può conoscere tutto, e che quindi ciascuno di noi ha bisogno degli altri. Ottima la traduzione.