Sesso, droga e Bibb’n’roll

Nella sempiterna lotta tra Rep.it e Corsera per obnubilare il lettore, allo scoop di quest’ultimo sulle droghe usate da Mosè il foglio scalfariano replica con il sesso nell’Antico Testamento, sicuro di fare colpo sull’elettorato… pardon, sui lettori. Per fare questo, affida la stesura dell’articolo a Enrico Franceschini, che sarà anche un “corrispondente” ma mi sembra tanto che abbia corrisposto da un lancio di agenzia o da un link passatogli da un amico tanto per divertirsi.
Tanto per cominciare, il libro “Sex and the Jews” sarebbe stato presentato da Nathan Abrams al “quotidiano Independent di Londra”, il che probabilmente è vero: ecco l’articolo (divertente notare che la versione dublinese dell’Independent ha lo stesso articolo ma con un titolo diverso). Ma questa è l’unica recensione che riporta il nome sbagliato del libro – quello corretto è infatti Jews and sex.
Leggendo appunto quello che immagino sia l’articolo da cui il nostro ha preso spunto – che consiglio ai più allupati, visto che gli episodi dell’Antico Testamento sono indicati compresi di capitolo della Bibbia per verificare il vero originale – si nota che i saggi che compongono il libro sono stati scritti da autori ebrei, ortodossi o meno, e che il tutto è appunto considerato dal punto di vista degli ebrei. Ma in Italia di ebrei ne sono rimasti ben pochi, penso meno di 50.000 persone, quindi Franceschini cerca di riportarsi su quella che nonostante tutto è la comunità religiosa più rappresentata nel nostro paese, confondendosi comunque tra cattolici e cristiani. Illuminante è la traduzione del titolo: «Sex and the Jews (Il sesso e gli ebrei – per quanto avrebbe potuto includere nel titolo anche i cristiani)». Tecnicamente vero, ma nella parte più specificatamente cristiana troviamo al massimo san Paolo che spiega ai maschi “se proprio non ce la fate senza sesso, allora sposatevi”. Poca roba per palati forti, insomma: tanto che per riuscire a completare il testo si deve mettere a raccontare l’aneddoto di Churchill (che forse non così troppo stranamente non è presente nella versione irlandese dell’articolo) e aggiungere vecchi ricordi dell’Arancia Meccanica.
PS: qualcuno controlli il correttore ortografico del nostro, visto che ha tramutato un “Betsabea” (in inglese, “Bathsheba”) in Betesda!

quanto costa candidarsi

Leggo da cfdp (che cita Sofri il giovane) che una clausola del Contratto con i Candidati del Piddì direbbe che i candidati devono partecipare alle spese della campagna elettorale con un contributo dai 30000 ai 50000 euro.
Boh, ricordo quando ero ragazzo che ad esempio gli eletti nel PCI dovevano versare al Partito metà dello stipendio da parlamentare, qua mi pare che si cerchi di anticipare il tutto perché non si sa mai, basta un Dini o un Mastella qualunque e bisogna iniziare da capo.
Ciò detto, e lasciata da parte la battuta obbligatoria “ma guadagnano poi così tanto, per permettersi un simile esborso”, ho un paio di domande retoriche.
La prima è facile: ma c’è una clausola “soddisfatti o rimborsati”? Perché qua si sa come vanno le cose, col Porcellum se non sei in posizione giusta non sarai mai eletto. Ma immagino che almeno per le riempitive in fondo lista la clausola non ci sia.
La seconda è un po’ più complicata. In Italia i partiti ricevono un rimborso elettorale proporzionale al numero di voti ottenuti. Nella mia ingenuità, pensavo che fossero quelli i soldi per le spese, senza doverli chiedere ai candidati. Invece no, a quanto pare. Eleggere costa, soprattutto quando tanto i nomi non contano nulla (e dire che la ragione principale per cui tutti sono ufficialmente felici del Porcellum è che così i costi della campagna elettorale si riducono…)
A questo punto però istituzionalizzerei il pagamento del pizzo al partito: la generosissima prebenda dei nostri rappresentanti viene suddivisa a monte in una quota che resta al rappresentante e nel resto che viene consegnato al partito a cui afferma di appartenere. Costo ulteriore per la collettività: zero. Vantaggi? il parlamentare italiano guadagnerà lo stesso, visto che non deve pagare la tassa di candidatura, ma potrà dimostrare che non guadagna poi così tanto. Semplice, no?

tonfo Telecom

Forse non ve ne siete accorti, ma ieri le azioni Telecom Italia hanno perso quasi il 10 per cento del loro valore. Nel caso, potete controllare Repubblica, Corsera e Stampa. (Il Sole ha il titolone in prima pagina, ma se non fosse stato così mi sarei davvero preoccupato)
Cosa può essere successo di così grave? Beh, Bernabè ha presentato il piano triennale e ha comunicato che quest’anno il dividendo sarà di 8 centesimi per azione, invece dei 14 dell’anno scorso; il tutto perché verrà ridato agli azionisti solamente il 50% degli utili e non il 90% come capitava negli anni tronchettiani, visto che MTP doveva recuperare un po’ dei soldi spesi per comprarsi l’azienda e non gli bastavano i giochetti della svendita degli immobili di proprietà Telecom a Pirelli. Ripeto: non è che l’azienda sia in perdita o chissà cosa, e il dividendo lordo sarà il 4% del valore delle azioni a inizio anno (adesso è il 5.5%, visto il calo delle quotazioni). Se persino Stefano Quintarelli, non certo tenero con Telecom, si stupisce della cosa, c’è qualcosa davvero di strano.
Io sono piuttosto interessato alla cosa, non solo perché Telecom è quella che mi dà lo stipendio a fine mese ma anche perché io possiedo un po’ di azioni dai tempi della privatizzazione, e in questo momento valgono meno di quanto io le abbia pagate. Sicuramente l’analisi di Luca De Biase è condivisibile, e ci mancherebbe altro, visto che è lui l’esperto di economia e non certo io. Quello che vorrei però aggiungere è che in questo momento l’irrazionalità è ancora più strana: tra i grandi azionisti, a parte al più Benetton, non credo che Telefonica sia entrata in Telecom semplicemente per fare un investimento a breve, e si spererebbe che le banche, anche se entrate obtorto collo, riescano comunque a fare ragionamenti con un certo orizzonte temporale, quindi una politica “meno soldi adesso ma consolidamento serio” dovrebbe essere per loro interessante. O forse tutta la situazione bancaria è così compromessa che hanno bisogno di fare cassa in fretta? Ma anche in questo caso, perché mai dovrebbero far partire queste valanghe che deprezzano anche il loro valore proprio?
Non credo nemmeno che il valore delle azioni fosse così artificialmente alto, se devo essere sincero. Insomma, chissà che succederà: mentre fino all’anno scorso si poteva pensare a qualcuno che rastrellasse azioni, mi sa che con il passaggio da Olimpia a Telco la cosa sia più difficile. Io intanto continuo a fare le solite cose, sperando di sapere dove sono finito nella Ristrutturazione Continua :-|

Viiaaaaagra!

Ho trovato piuttosto divertente uno degli spam odierni che mi sono arrivati per potermi procurare pastigline per permettere prestazioni prodigiose.
Già la traduzione automatica dà degli spunti interessanti, partendo col cappello
«Provate il nostro prodotto e sentirete che i nostri clienti confermino» che se ci pensate un attimo ha un doppio senso perfetto ancorché un po’ sgrammaticato, e continuando con «L’imballaggio modesto come anche il pagamento» che è persino poetico.
Ma quando ho letto come sono stati storpiati i nomi delle medicine, vale a dire “Ciiaaaaaaalis… ” e “Viiaaaaagra… “, mi è venuto in mente uno che sta urlando i nomi per farli sentire a lunga distanza.
Solo che alla fine l’amico mi è cascato sul nome del sito, oncesimilar o letteralmente “un tempo simili” punto com. E adesso cosa sarà rimasto dei principi attivi delle pastigline? :-)

Dimissioni telematiche – 2

No, non è che mi stia interessando a tutte queste cose perché stia cercando un nuovo lavoro. È solo il mio rompipallismo usuale che mi fa andare a cercare le cose, confortato da tutte le ricerche con titolo “dimissioni telematiche” che arrivano qua e che mi fanno immaginare che l’argomento sia importante per molti. (Ci sono anche molte ricerche “culto della teiera”, a dire il vero, ma non sottilizziamo).
Riassumo le puntate precedenti.
Fase 1: a novembre viene promulgata una legge che impone a chi si vuole licenziare di usare moduli prestabiliti e soprattutto numerati, che scadono dopo 15 giorni. L’idea meritoria è che in questo modo si impedisce ai datori di lavoro di far firmare le dimissioni in bianco al dipendente.
Fase 2: la legge dava sei mesi di tempo per la preparazione dei moduli. Dopo soli tre mesi, il decreto attuativo viene promulgato, ed entra in vigore ieri (5 marzo 2008). Sorpresa: il modulo, che doveva essere disponibile (gratuitamente) “negli uffici comunali e nei centri per l’impiego”, diventa ora ottenibile solo via internette, almeno secondo quanto stabilito nel decreto attuativo stesso. C’è qualcosa che non va, chiaramente: lo vedete voi il muratore valbrembano che si connette per ritirarsi il modulo? Magari sì, ma non è così certo.
Fase 3: arriva la data fatidica, e parte il sistema MDV, che non significa 1505 in numeri romani ma “Modulo di Dimissioni Volontarie”. Che si scopre? che occorre avere una login per ottenere il bel modulo ufficiale datato e di validità quindici giorni. E come si ottiene la login? Non la si ottiene. Infatti l’accesso è riservato ai soggetti intermediari già in possesso di login e password. Quelle merdacce dei cittadini che pur avendo un lavoro vogliono cambiarlo non possono fare nulla da soli, ma se «intendono presentare le Dimissioni Volontarie devono recarsi presso la sede di un soggetto intermediario (Comuni, Centri per l’impiego, DPL)» (DPLnon sta per Devi Penare Lungamente ma per Direzione Provinciale del Lavoro, se uno cerca molto attentamente nel sito riesce anche a scoprirlo).
Logicissimo, vero? Ma credo che la chicca migliore sia questa frase. «Per velocizzare la pratica possono scaricare il modulo Pdf (Fac simile), precompilarlo e recarsi presso la sede di un soggetto intermediario per la validazione dello stesso.». Fermatevi un attimo, fate un bel respiro, rileggi la frase e prova a chiederti che significa in pratica. La sbandierata rivoluzione telematica non c’è . Nella migliore delle ipotesi c’è un simpatico sistema che genera dei numerini in cui è codificata la data di presentazione del modulo, e a cui possono accedere soltanto pochi eletti intermediari. Ma a questo punto bastava dare a questi intermediari un bel timbrino numerato, considerando che non c’è tutta quella necessità di avere un’Anagrafe Nazionale Unificata dei Moduli Volontari di Dimissioni.
E invece no, perché l’Italia è Una Nazione All’Avanguardia.
Persino le cose buone riusciamo a farle male.
Aggiornamento: (4 luglio) è di nuovo cambiato tutto. Vedi qua.

Il culto della teiera

Bisogna dire che il Corsera sta facendo di tutto per abbassare il già non eccelso livello della cultura italiana. Prendiamo ad esempio questa notizia. Il titolo, “Condannata seguace del culto della teiera”, potrebbe al limite far venire in mente i Monty Python con Brian di Nazareth, anche se dubito che il lettore tipico del Corsera conosca il Culto della Scarpa Perduta. Anche l’occhiello, “tra le altre cose gli adepti venerano un’enorme teiera alta come una casa di 2 piani”, concorre a far credere che il tutto sia semplicemente una storia divertente come tante altre, tranne magari per la donna che è stata condannata.
E invece no.
Se uno si mette a leggere tutto l’articolo, scopre che la condanna (a due anni di prigione, mica a un’ammenda più o meno nominale) è stata comminata per apostasia. A più di quattrocento anni dal rogo a Giordano Bruno, è ancora possibile essere condannati per avere deciso di lasciare la propria religione… e magari bisogna essere ancora grati che in fin dei conti ti lascino la vita e si limitino a farti passare un paio di anni in gattabuia. Per un illuso come me, questa è semplicemente una cosa inconcepibile; ma ancora meno concepibile è vedere che essa viene lasciata assolutamente sullo sfondo, per raccontare invece di come la teiera sia “il recipiente che usa il Creatore per distribuire la sua benevolenza agli uomini” e come nel villaggio dove il culto è basato si trovi anche “un grande ombrello, metafora del conforto e riparo che offre la fede”.

Non era manna, ma ecstasy!

Ha suscitato scalpore l’articolo di Benny Cannon, pardon Shannon, che nella rivista di filosofia “Time and Mind” sostiene che quando Mosè ricevette le Tavole della Legge era sotto effetto di allucinogeni.
Eppure era tutto perfettamente chiaro, sarebbe bastato leggere attentamente la Bibbia.
– è vero che il navigatore satellitare non era stato ancora inventato, ma girare per quarant’anni su e giù per un deserto fa pensare a grossi problemi nella testa della gente;
– quelle pastigline bianche di manna che arrivano direttamente dal cielo sembrano tanto un’offerta speciale per fare sballare i consumatori;
– la “pelle raggiante” di Mosè (Es 34,29) è un chiaro effetto collaterale di assunzione di roba tagliata.
Resterebbe qualche dubbio sul vitello d’oro che gli ebrei si erano fusi durante l’assenza di Mosè impegnato a ricevere le Tavole della Legge; ma è altamente probabile che ci sia stato un errore di trascrizione, e loro si fossero in realtà costruiti una scimmia d’oro, per raffigurare le crisi di astinenza.
(Un’ultima annotazione: le sostanze psicotrope utilizzate dagli antichi ebrei sarebbero state ricavate dalla corteccia dell’acacia. Come probabilmente sapete, le mimose vendute a caro prezzo in questi giorni sono in realtà dei rametti di acacia. Ci sarà una qualche connessione?)