Leggo sul Post che le Big5 (i gruppi librari più importanti al mondo) hanno citato a giudizio Audible, la società di Amazon specializzata in audiolibri. Come mai? Portava i libri che offriva al lettor… ehm, all’ascoltatore? Ovviamente no. La cosa è molto più sottile. Ultimamente Audible ha prodotto una nuova funzione, “Captions”, che dovrebbe essere resa disponibile dal 10 settembre. Questa funzione è pensata per i bambini che stanno imparando a leggere: man mano che il libro viene letto, un sistema di riconoscimento del parlato traduce i suoni in parole e le mostra una per volta su uno schermo. ArsTechnica spiega un po’ più a fondo la cosa, pur essendo costretta anch’essa a fare alcune ipotesi non essendoci alcuna specifica ufficiale. Gli editori americani contestano che la licenza che loro concedono ad Audible non permette di fare una cosa come quella. Se si associasse al testo letto quello presente nella versione scritta del libro, si potrebbe seguire che in effetti si sta usando qualcosa (il testo scritto) su cui non è stata ottenuta la licenza; non è un caso che quali di Amazon, che sono delle faina ma hanno anche fior di avvocati, abbiano deciso di fare altrimenti. Gli editori hanno pertanto scelto un’altra strada, fortunatamente esplicitata a pagina 3 delle cento pagine della citazione a giudizio. Proprio perché la tecnologia è automatica e quindi con un certo margine di errore – fino al 6% secondo Audible – succederebbe che
Audible Captions could directly compete with both books (physical and eBooks) and authorized cross-format (incorporating both text and audio) products, the latter which benefit consumers by not relying on faulty transcription technology and for which Publishers and authors are compensated.
Questi i fatti. Il mio commento? Innanzitutto, quello che mi preme far notare è che gli editori richiedono un nuovo tipo di copyright, proprio come a inizio anno hanno fatto per la famigerata snippet tax nella direttiva comunitaria sull’e-commerce. Come scrivevo sopra, per gli editori la versione audio+testo generato è diversa da quella audio+testo ufficiale, e qui non ci sono dubbi, che da quella solo audio, di cui sarebbe un formato derivato. Audible ribatte che non si può parlare di opera derivata, perché il testo è inestricalmente legato all’audio e non può essere usato in modo autonomo. Ora, per quanto io non abbia così a cuore Amazon, mi infastidisce molto di più questo ampliamento strisciante dei diritti d’autore, soprattutto perché l’ipocrisia degli editori parla dei mancati compensi loro o degli autori. Non mi stancherò mai di ripeterlo: in questi casi gli autori, salvo eccezioni davvero rarissime, contano zero. Un contratto standard, almeno qui in Italia, cede all’editore tutti i diritti, quindi i soldi per l’autore semplicemente non arriveranno.
Io non pretendo che chiunque segua il modello Wikipedia, con testi e immagini liberamente disponibili anche per essere usati in opere commerciali: non lo faccio sempre nemmeno io, tra i libri pubblicati ufficialmente per cui cedo i diritti e i testi come quelli di questo blog per cui uso una licenza di riuso non commerciale. Però la mia idea di opera derivata consiste in qualcosa che possa essere fruito in modo indipendente da quella originaria, e che non sia una mera rappresentazione. In questo caso l’indipendenza certo non si ha, per come Captions è stato pensato. Possiamo al più chiederci se a un bambino serva davvero un software che può fare errori: la mia risposta è che entrambe le parti in causa hanno esplicitamente alzato la probabilità di errore, ciascuna per i propri scopi. Stiamo parlando di libri letti professionalmente, quindi ben scanditi: potrebbero esserci errori di punteggiatura, ma le parole dovrebbero essere in massima parte corrette.
Chiudo con una considerazione sulla “rappresentazione”. Tra quattro giorni comincia Wiki Loves Monuments, e come capita da vari anni Wikimedia Italia ha passato mesi alla caccia delle autorizzazioni per fotografare liberamente almeno nel mese di settembre le tante opere d’arte italiane. Già per le opere antiche è un problema, ma per quelle contemporanee è praticamente impossibile, perché gli archi e i progetisti hanno il copyright non solo per l’opera in 3D ma anche per le foto, che sono viste appunto come opere derivate. Ma come si può fruire della foto di un palazzo o di una statua? E quale sarebbe la differenza tra vederla in foto o trovarsela di fronte? Ecco, il problema rimane questo: i diritti d’autore sono ormai un modo per impedire la creatività rimanendo fissi a quanto già fatto e cercando di sfruttarlo anche per cose che non si pensavano nemmeno.
Ultimo aggiornamento: 2019-08-28 17:43