Ieri l’antitrust francese ha emesso una sentenza contro Google, per la ormai lunghissima storia della “snippet tax”. Come avevo raccontato a settembre, il parlamento francese aveva approvato a spron battuto una legge che recepiva la direttiva europea sul copyright; al che Google aveva risposto “ok, abbiamo implementato alcuni tag specifici. Se volete che le vostre notizie appaiano in tutto o in parte – senza che noi vi paghiamo – usate quei tag; altrimenti lasceremo solo titolo e immagine”. Gli editori francesi si sono rivolti all’antitrust segnalando un abuso di posizione dominante (mossa astuta); e in effetti se leggete il riassunto della sentenza trovate che oltre all’obbligo di trattare entro tre mesi con gli editori il pagamento si scopre che tale pagamento sarà retroattivo, evidentemente perché si ritiene che l’abuso di posizione dominante ci sia stato.
Però c’è un però. Proprio perché si parla di abuso di posizione dominante, Google sarà obbligata a istituire un sistema di rimunerazione “secondo criteri trasparenti, oggettivi, e non discriminatori”. È vero che c’è anche scritto che “né indicizzazione, né classificazione, né posizionamento dei contenuti protetti dovranno essere influenzati da e durante i negoziati”; ma Google potrebbe tranquillamente decidere di non discriminare nessuno non mostrando più le notizie, e limitandosi a pagare per l’abuso del passato. Che farà? Scommetto che Google comincerà con il bloccare temporaneamente tutto durante i negoziati, “per assicurare la sua neutralità”, forse cercherà di cavarsela finanziando qualche fondo per la digitalizzazione dei media senza dare così soldi ai singoli editori, e se non si troverà un accordo smetterà del tutto di mostrare le news o al più lascerà per tutti solo il titolo. A questo punto non si può parlare di abuso di posizione dominante, nel senso che essendoci equità di trattamento gli utenti useranno altri aggregatori. Vedremo a luglio se ho ragione.
(La cosa interessante è che se io avessi ragione e Google bloccasse le news, a lamentarsi potrebbero essere i piccoli editori…)