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mukki.it – com’è finita

Se qualcuno si stesse ancora chiedendo com’è finita la vicenda Mukki, ho casualmente scoperto domenica da Anna che il customer care le aveva ritelefonato dicendo che a loro non risultava nessuna segnalazione su quella partita di confezioni, e questa era la fine della storia.

Io mi limito a prendere atto.

Ultimo aggiornamento: 2014-04-22 11:12

mukki.it, muffe, customer care

[muffa in una confezione di Mukki Smuthie] Quello che vedete qui a sinistra era (parte del) contenuto di una confezione di Mukki Smuthie (latte al cioccolato) che avevamo comprato all’Auchan di Cinisello Balsamo un paio di settimane fa, avevamo messo regolarmente in frigorifero e abbiamo dato da bere ai bambini martedì pomeriggio. (I bambini hanno bevuto tutto prima che ci accorgessimo di quel robo ammuffito).

Come prima cosa, Anna ha subito chiamato il nostro vicino di casa che è un medico tossicologo e che ci ha rassicurati: non c’erano problemi di botulismo. Certo, fa, quel latte doveva avere una carica batterica molto superiore a quella consentita, e quindi si poteva rischiare una gastroenterite: se però nelle 24-48 ore non ci fossero state scariche di diarrea, allora saremmo potuto stare tranquilli (cosa che è effettivamente successa).

Mercoledì in pausa pranzo sono andato a vedere il sito della Mukki, pardon della «Mukki latte- Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno S.p.A.». Un bellissimo sito, di cui riporto verbatim la missione dell’azienda:

“Un’Azienda efficiente, orientata all’eccellenza del prodotto, che opera in forte legame con il territorio circostante ed adotta e promuove comportamenti etici verso tutti i propri referenti”.

Io sono una personcina relativamente comprensiva, almeno fintantoché non mi si toccano i bimbi: sono così andato sulla pagina del sito dal bel titolo “Contattaci” e ho compilato il form, inserendo naturalmente il mio nome e cognome e il mio indirizzo email. (Nota a latere: non ho nulla in contrario a compilare un form e non avere a disposizione un indirizzo di posta elettronica. Ma un qualunque sviluppatore di un sito aziendale con un minimo di cervello, a parte evitare di mettere cinque asterischi su cinque campi che dicono “questo campo è obbligatorio”, avrebbe aggiunto una casella da spuntare per avere una copia del messaggio inviato. Ma ciò in questo contesto è irrilevante)

[muffa e confezione] Come dicevo, il mio messaggio è stato inviato mercoledì all’ora di pranzo. Io non mi aspetto una risposta dopo dieci minuti (beh, sì, mi aspetterei un messaggio di ricezione avvenuta, ma lasciamo perdere). Però mi aspetto una risposta in ventiquattr’ore. Di ore ne sono passate 48, e il risultato è stato zero.

Domanda: cosa pensate voi di un’azienda che ha un customer care di questo tipo?

Aggiornamento: (8 aprile) Ieri mattina, istigato da alcuni amici, ho scritto sulla pagina Facebook di Mukki.it. Dopo un po’ di commenti di amici e conoscenti, verso le 17 c’è stata una risposta da Mukki, che tra l’altro segnalava che «Purtroppo devono essere intervenute delle problematiche tecniche indipendenti dalla nostra volontà che non ci hanno permesso di ricevere il tuo messaggio, altrimenti saresti stato sicuramente ricontattato.» Ho risposto subito via mail e – non dopo un secondo mio messaggio odierno sulla bacheca FB) oggi pomeriggio ho finalmente un recapito diretto… che passerò ad Anna che è molto più brava di me nelle relazioni interpersonali :-)

Ultimo aggiornamento: 2014-04-08 16:01

Per Ugo Malaguti

Segnalo questa raccolta di fondi (scade domani…) per Ugo Malaguti. Se non avete mai sentito parlare di lui, saltate pure questo mio post. Se siete della mia generazione, potete averlo apprezzato o no (io per esempio non sono certo uno dei suoi più grandi estimatori), ma ricordatevi che la SF in Italia non è nata solo con Solmi, Fruttero e Lucentini ma ha anche avuto il controcanto di Vittorio Curtoni e Ugo Malaguti.

Ultimo aggiornamento: 2014-01-05 20:00

padre Paolo dall’Oglio

Sono molto felice che Domenico Quirico sia stato liberato. Sono anche convinto che avesse fatto bene ad andare in Siria a fare l’inviato di guerra: lo so che qui siamo pieno di opinionisti da scrivania, ma ritengo che se non c’è gente che vede le cose in prima persona il giornalismo è severamente menomato. È chiaro che ci sono dei rischi, ma sono sicuro che anche Quirico li conoscesse e abbia fatto una scelta ponderata.
Però non vorrei che ci dimenticassimo di padre dall’Oglio, anche lui rapito in Siria (e chissà, forse morto da mesi: spero di no ma temo di sì). La sua situazione era già prima completamente diversa, e con ogni probabilità si è trovato come ostaggio nel pieno mezzo della guerra civile. Gli operatori di pace saranno anche beati, ma rischiano davvero :-(

Ultimo aggiornamento: 2013-09-09 11:55

Forti coi deboli

Ci sono quattro persone in carcere perché un processo ha stabilito con sentenza definitiva che hanno picchiato a morte un’altra persona.
Ci sono vari colleghi di queste quattro persone che vogliono esprimere la loro solidarietà con chi è in carcere – immagino perché picchiare la gente è nella declaratoria delle loro mansioni, e non è stata mica colpa loro se il tizio non poteva reggere le botte.
C’è un sindacato che ha una sua idea peculiare di cosa significhi “solidarietà” e quindi organizza un presidio… sotto il palazzo dove lavora la madre del ragazzo che è stato ammazzato. Sicuramente loro lo avranno definito “un atto di coraggio”.
Ferrara, Italia, anno 2013.
(ah, c’era anche costui)

Ultimo aggiornamento: 2013-03-28 09:42

La pericolosità del piezonucleare

Leggo che Sylvie Coyaud sarebbe indagata per diffamazione a mezzo stampa, presumilmente su denuncia del Prof. Ing. Alberto Carpinteri, per un articolo pubblicato questa primavera sul Sole-24 Ore, e che si può leggere anche sul suo blog.
Per quel poco che può servire, esprimo la mia solidarietà all’Oca Sapiens, aspettando che venga esplicitato quali sarebbero le frasi ritenute ingiuriose, e aggiungo una piccolissima mia nota occamista, anche ad uso dei complottisti. Nessuno obbliga il prof. Cardone a costruire il suo impianto piezonucleare in Italia. Avete presente Guglielmo Marconi? Dove è andato a mettere in pratica le sue ricerche? Ecco. Secondo voi i cinesi non sono prontissimi a procacciarsi il brevetto e trovare i soldi necessari? Certo, ci perderebbe l’Italia. Ma oramai sui temi energetici è necessario pensare il più globalmente possibile…

Ultimo aggiornamento: 2012-11-22 14:49

del furto della proprietà intellettuale

Supponete di avere vinto l’incarico di creare un sito per un Evento (tanto per non fare nomi, Aperitò). Anche in questi momenti di crisi e ristrettezze gli sponsor avranno ben sganciato qualche soldino per farvi riempire le pagine. Ma di soli disegnini non vive il web: almeno un po’ di testo ci vuole. Che fare allora? Beh, la cosa è semplicissima, e la Potenza di Internet vi viene in soccorso. Si apre Google, si scrive “Storia dell’Aperitivo”, si trova un testo… e lo si copia pari pari, dimenticandosi casualmente di indicare il nome dell’autore, non sia mai che si debba dargli (in questo caso darle) parte dei sudati guadagni. Tanto chi volete che se ne accorga? Vabbè, qui c’è una schermata salvata a imperatura memoria, ma è chiaro che è stata Mitì Vigliero a usare la sua macchina del tempo e scopiazzare il testo predatandolo al 2007.
Ecco. Mi piacerebbe sapere che cosa pensino al riguardo gli sponsor di Aperitò: i promotori Comune di Torino e Torino Young City; i patrocinanti Regione Piemonte, Provincia di Torino, la UnionCamere Piemonte; e tutti gli sponsor e collaboratori vari. Non mi piacerebbe invece sapere che cosa ne pensi la SIAE, che pur dovrebbe tutelare la proprietà intellettuale: o meglio, so benissimo che ne pensa.
Aggiornamento: (15:45) grazie a Kiado ho scoperto che i “creativi” sono i perugini di Sedicieventi, che non sono affatto nuovi a queste scopiazzature: si veda per esempio l’incredibile somiglianza tra quanto loro scrivono sui pinoli e il testo di taccuinistorici.it.

Ultimo aggiornamento: 2012-08-17 14:06

Monaco 1972: un minuto di silenzio

Io nel 1972 ero piccolo, ma non così piccolo da non capire che cosa fosse successo: undici tra atleti e allenatori della squadra olimpica israeliana furono ammazzati da terroristi palestinesi, per l'”ottima ragione” (almeno immagino che chi sparò la pensasse così) che erano israeliani. Quello fu il primo vero momento in cui le Olimpiadi persero la loro (supposta, intendiamoci) verginità: più ancora che le edizioni annullate per le guerre, più che quando Hitler si rifiutò di premiare Jesse Owens perché era uno sporco negro. Quella non è stata neppure rappresaglia: che cosa avevano fatto quelle persone?
La proposta di osservare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime durante le Olimpiadi di Londra è stata cassata; ci sono però alcune iniziative su Facebook per un ricordo fai-da-te, pubblico se possibile ma anche solo privato. Il tutto tra dodici ore, alle 20 (ora italiana). Come sapete, a me non piace invitare la gente agli “eventi”. Però posso segnalarlo :-)

Ultimo aggiornamento: 2012-07-26 08:00