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Casamonica

Con la storia che sono in vacanza e ho poca voglia di approfondire le questioni che campeggiano sulle italiche notizie mi ero perso i funerali di Vittorio Casamonica e le dichiarazioni del parroco: “Rifarei il funerale di Vittorio Casamonica? Probabilmente sì, faccio il mio mestiere. Io qui ho fatto il prete, non spettava a me bloccare un funerale”.

Sono andato a rileggere quello che avevo scritto quando Piergiorgio Welby morì (e i funerali non si tennero in quella stessa chiesa). Il principio di non negare a nessuno un funerale resta. Carrozze, Rolls-Royce e petali di rosa lanciati dall’elicottero sono fuori dalla giurisdizione religiosa. Ma qualcuno in parrocchia avrà ben dovuto dare il permesso di appendere sopra l’ingresso della chiesa lo striscione “hai conquistato Roma, ora conquisterai il Paradiso”, no? E a don Giancarlo Manieri non è venuto in mente proprio nulla a quel punto? Certo, aveva tutti i diritti di fare il don Abbondio, ma sarebbe bastato contattare la Curia e dispiacersi di non poter fare lì quel funerale per ordini superiori. Sappiamo tutti che i funerali non si fanno per i morti ma per i vivi, ma ci sono dei limiti al come si fanno. E il mestiere di prete è anche quello.

Ultimo aggiornamento: 2015-08-21 17:34

Sandro Magister arruola Kurt Gödel

Se siete tra i miei ventun lettori saprete che io leggo sempre il blog di Sandro Magister, Settimo Cielo: negli anni quello che era un interessante punto di vista sulla Chiesa Cattolica si è trasformato in un piedestallo dove Magister spiega come dovrebbe essere il Vero Cattolicesimo, il che in pratica significa che il motivo per cui leggo il blog è cambiato :-)

Al momento il tema più caro a Magister è quello dell’eventuale riammissione al sacramento dell’Eucarestia – a fare la comunione, insomma – dei divorziati risposati, cosa sulla quale lui è contrarissimo; ergo, cerca ovunque nel mondo cattolico sostenitori delle sue tesi. L’ultimo ad essere stato arruolato è nientemeno che Kurt Gödel: va bene che siamo in agosto, ma in tre giorni consecutivi troviamo ben tre post al riguardo!

Lunedì c’è stato un intervento di Antonio Emanuele (che essendo contro le tesi di Magister si è visto allegare un controintervento da parte di Giuseppe Fallica) che tra l’altro afferma che Gödel e Tarski hanno dimostrato come la logica aristotelico-stoica non può «costruire un sistema razionale il quale, a partire da un certo numero di principi, sia in grado di dedurre (dimostrare) tutto ciò che è vero e tutto ciò che è falso.» Martedì Emanuele si è visto smontare le sue affermazioni da Silvio Brachetta. Brachetta scrive tra l’altro «In teologia, però, non si dimostra qualcosa di cui non si sa nulla, ma qualcosa di cui l’uomo di fede sa tutto. Lo sa poiché, semplicemente, glielo ha detto Dio, rivelandosi. La teologia, insomma, non ha nulla a che vedere con la costruzione di un “sistema razionale”, come presume Emanuele.» Mercoledì il dibattito tra Emanuele e Brachetta continua. Brachetta tra l’altro scrive «Ancora più chiaramente: come Gödel, in matematica, dovette uscire da un sistema logico coerente per dimostrare almeno una proposizione elaborata in quello stesso sistema logico (teoremi d’incompletezza), così anche l’intelletto umano può, vuole e deve uscire dalla natura per trovare le ragioni ultime che cerca nella soprannatura. E vi esce non solo grazie alla divina rivelazione, ma per una sua capacità trascendente intrinseca e peculiare, forse dovuta alla somiglianza dell’uomo con Dio.»

Sulla parte teologica non ho molto da dire, se non che mi stupisce che la teologia non dovrebbe essere un sistema razionale: la fede è irrazionale, nel senso che non può derivare dalla ragione, ma tutta la teologia usa argomenti razionali, partendo dalle premesse della fede. Altrimenti non sarebbe teologia ma misticismo. Ma quello su cui non sono d’accordo sono le affermazioni su cos’è il teorema di Gödel. Tanto per mettere le cose in chiaro, il primo teorema di incompletezza di Gödel afferma che un sistema formale non può avere contemporaneamente tutte queste quattro proprietà: (1) consistenza (non è possibile dimostrare entrambe le proposizioni P e NOT(P)); (2) completezza (per ogni proposizione P si può dimostrare o che P è vera o che P è falsa); (3) essere ricorsivamente enumerabile (esiste una procedura che man mano genera tutte le proposizioni vere: si noti che la procedura non è necessariamente finita, il che significa che data una proposizione P non si può mai essere sicuri di trovare la sua dimostrazione) e (4) essere in grado di esprimere proprietà aritmetiche di base (usare i numeri interi e le operazioni di somma e prodotto). Bene: penso converrete tutti che la moltiplicazione dei pani e dei pesci e il dogma della Trinità non valgono come “proprietà aritmetica di base”, il che significa che il teorema non può semplicemente essere applicato. Quanto al resto, mi sta anche bene che l’intelletto umano possa, voglia e debba uscire dalla natura per trovare le ragioni ultime che cerca nella soprannatura: ma di nuovo tutto questo non vuol dire che Gödel dovette uscire da un sistema logico coerente per dimostrare almeno una proposizione elaborata in quello stesso sistema logico. Gödel non è uscito da nessuna parte né ha “dimostrato” nulla, al più affermava che occorreva aggiungere la proposizione come assioma. Insomma, lasciate stare la matematica quando si parla di teologia, occhei?

Ah: nel primo post Emanuele afferma anche «A chi fosse interessato ricordo il tentativo dello stesso Gödel di dimostrare l’esistenza di Dio, e quelli successivi, tutti compiuti con enti e strumenti non convenzionali.» Beh, no: la dimostrazione gödeliana dell’esistenza di Dio segue pedissequamente le regole della logica. Al più si può discutere sulla validità del suo assunto principale, che cioè l’esistenza sia una proprietà positiva.

Ultimo aggiornamento: 2015-08-12 21:23

Quanti giorni ha la quaresima?

Oggi è la prima domenica di quaresima. La quaresima si chiama così perché dura quaranta giorni, questo lo sanno tutti. Ma sono molto pochi quelli che si sono messi a fare i conti… anche perché i conti non tornano. Vediamo.

La quaresima è il periodo tra il mercoledì delle Ceneri e Pasqua: se apriamo un calendario, scopriamo che però dura sei settimane e quattro giorni, per un totale di 46 giorni (Pasqua esclusa). Anche se prendiamo la quaresima ambrosiana, che è iniziata oggi, i giorni sono comunque 42: un numero interessante, ma nondimeno maggiore di 40. Cos’è, Santa Romana Chiesa fa la furba e cerca di barare sulle date?

Beh, non è proprio così. Nel rito romano non si considerano le sei domeniche di quaresima, nelle quali la penitenza veniva mitigata: quarantasei meno sei fa giusto quaranta. Nel rito ambrosiano le domeniche contano per il periodo, ma i quaranta giorni terminano con il giovedì santo (per la precisione con l’ora nona), perché i riti del triduo pasquale vanno per conto loro. Il totale rimane così sempre quaranta.

Resta ora la domanda: perché proprio 40 giorni? Qui la risposta è più semplice: la Bibbia è piena di riferimenti al numero 40, basta fare una ricerca «meaning 40 Bible» per trovare risposte a pacchi. I 40 giorni del diluvio, i 40 anni in cui gli israeliti hanno vagato su e giù per il Sinai prima di raggiungere la terra promessa… insomma il 40 è il numero che indica un tempo di penitenza e purificazione. A questo punto è ovvio che si è partiti dal 40 e poi si è ricavato all’indietro il periodo da considerare… tanto che per gli ambrosiani l’avvento dura appunto 40 giorni.

Ultimo aggiornamento: 2015-02-22 21:50

Il caso Wesolowski

L’arresto all’interno della Città del Vaticano dell’ex arcivescovo e nunzio apostolico Jozef Wesolowski è qualcosa di davvero incredibile nella storia recente della Santa Sede. Non rompiamo con la storia del maggiordomo di palazzo che duplicava i documenti di Benedetto XVI, e non guardiamo nemmeno alle dimissioni più o meno libere dei sacerdoti accusati di pedofilia – ce n’è stato uno anche oggi. Il vero punto è che papa Francesco ha esplicitamente ricordato che la giustizia divina e quella umana sono due cose distinte e che corrono ciascuna sui propri binari. Non ci dovrebbe essere nulla di così strano, almeno in teoria: ma la pratica in effetti è stata molto diversa, ed è difficile vedere il papa anche come sovrano assoluto del suo minuscolo regno. Il segnale è davvero forte, e spero non rimanga isolato.
(Poi però mi chiedo come avesse fatto Wesolowski a fare così carriera. Mica era un prete qualunque, che è molto meno visibile!)

Ultimo aggiornamento: 2014-09-25 17:36

Sindone: crocifissione a Y?

L’articolo segnalato da Galileo a proposito di un nuovo studio della Sindone è molto interessante. Secondo Matteo Borrini e Luigi Garlaschelli, infatti, le macchie di sangue sul braccio non sarebbero compatibili con una crocifissione a T, ma bensì con una a Y, cioè con le braccia molto in alto anziché orizzontali.

Naturalmente lo studio (lo trovate qui, alle pagine 205-206) si limita a scrivere che «Considering these results, the imprint on the Shroud does not correspond with the traditional artistic image of a crucifix with arms stretched out on the crossbeam», e non prosegue a valutare le altre ipotesi: tipicamente, che la crocifissione ai tempi dei romani fosse effettivamente fatta con una croce – pensate solo che fino a pochi decenni fa l’iconografia faceva portare tutta la croce al Cristo, e solo in seguito si è passati ai pali già pronti per l’uso – e che fosse usanza medievale crocifiggere qualcuno. Per questo secondo punto, il razionale è semplice: se io dovessi fare una finta Sindone potrei anche decidere di crocifiggere qualcuno perché “sembri vera”: ma a questo punto faccio le cose come credo siano avvenute, e quindi con il poveretto messo a T. Se invece mi limito a mettere il sudario su uno che era stato crocifisso per tutt’altra causa, allora è chiaro che come viene, viene…

Peccato che di tutto questo non vi sia traccia nel resoconto di Galileo, che si premura però di ricordarci che lo studio è stato “realizzato anche con il sostegno dell’Uuar” (sic – però il link arriva correttamente al sito UAAR)

Ultimo aggiornamento: 2014-04-08 10:51

Spezziamo il monopolio di Repubblica!

E così papa Francesco ha telefonato a Eugenio Scalfari, gli ha detto che aveva voglia di vederlo per parlare un po’ (“lunedì non posso, mercoledì nemmeno… le va bene martedì?”) e ovviamente Repubblica ha le sue tante pagine dedicate alla chiacchierata tra i due. Immagino la gioia di quelli del Corsera, che ormai non sanno più a che santo votarsi.
Ma parliamo seriamente. La scelta di Bergoglio è sicuramente dirompente, ma si basa su una logica ineccepibile (e qui vediamo l’influenza gesuitica…) e a posteriori perfettamente chiara: questo è il modo più semplice per parlare alla gente. Non sto per nulla pensando alla parabola della pecorella smarrita: sono convinto che questo papa sia onesto quando afferma di non voler convertire nessuno, perché sa bene che non si può far convertire nessuno: è la singola persona che decide in piena libertà cosa farà. Ma questo significa che occorre trovare un modo per presentare il pensiero cattolico alle persone. E questo modo non può essere un’enciclica, che è l’equivalente di un discorso programmatico: importantissimo, serve a indicare la linea, ma è per pochi. Il modo più efficace è un’intervista, dove può parlare con un linguaggio più semplice – e probabilmente il fatto che l’italiano non sia la sua lingua madre aiuta. Così c’è stata la prima intervista “in casa”, a Civiltà Cattolica che poi l’ha subito resa disponibile gratuitamente a tutti (vedi anche questo status Facebook di padre Antonio Spadaro). Ma di nuovo il “tutti” qui è comunque da leggere come “tutti i cattolici”, anzi nemmeno tutti: quelli che vanno a messa giusto una volta l’anno non vengono attirati. Il passo successivo è giocoforza cercare un grande quotidiano non cattolico: non che in Italia si legga così tanto, ma un po’ di passaparola c’è già. E se leggete il testo vi accorgerete di come Francesco non solo fa (anche) teologia, ma soprattutto la fa in modo completamente diverso da quello che ci si aspettava da un papa; in un certo senso fa il divulgatore teologico, il che dovrebbe essere una bella cosa per chiunque, cattolico, cristiano, religioso o ateo. La scommessa di Bergoglio è per me chiara, come dicevo: riformare la struttura della Chiesa dall’interno, ma anche spiegare alla gente perché la Chiesa è un posto dove si può stare. Né Paolo VI, né Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI avevano osato tanto. In bocca al lupo :-)
(anche se da quanto ho scritto il seguito più probabile dovrebbe essere vedere Bergoglio intervistato in tivù, non credo capiterà… ma questa è solo una mia sensazione personale. Un conto sono i momenti “cogli l’attimo”, un conto sono le interviste dove c’è più tempo per meditare una risposta, ma il papa è troppo saggio per non sapere i rischi del tubo catodico)

Ultimo aggiornamento: 2013-10-01 12:06

l’Anello del Pescatore

Leggo che l’Anello del Pescatore di papa Francesco non sarà d’oro come è sempre stato, ma di argento dorato.
Posso sommessamente far notare che non mi pare il caso, senza per questo essere tacciato di eresia? Io capisco la ricerca di uno stile più sobrio. Ma quell’anello è importante non per sé ma in quanto è un simbolo, tanto che come ricorderete l’anello di Benedetto XVI è stato ufficialmente rotto quando la rinuncia di Ratzinger al papato è divenuta effettiva. Bene. Pensate quale può essere il valore venale dell’oro che compone l’anello e immaginate qual è il risparmio nell’averlo di argento. O se volete vederla in un altro modo, pensate alla vostra vera, se siete sposati: avrebbe senso sostituirla con una d’argento? Per me no. Per altri evidentemente sì.

Ultimo aggiornamento: 2013-03-18 18:35

papa Francesco (senza il primo)

Padre Federico Lombardi ha spiegato che con GP1 si erano sbagliati: Albino Luciani aveva preso il nome di Giovanni Paolo e basta, perché – nonostante Gesù sia definito nel vangelo di Luca primogenito – finché non c’è un secondo papa che prende un nome quello che c’è non deve avere un ordinale vicino. Dan Brown potrebbe scrivere un bestseller raccontando come, una volta accortisi dell’errore, l’unica soluzione venuta in mente ai curiali sia stata quella di eleggere immediatamente un GP2: io non sono così bravo a inventarmi trame, quindi passo ad altro, non prima di aver notato come la pagina di Wikipedia in questo momento è protetta dallo spostamento, perché evidentemente c’era un po’ di gente che non era d’accordo. E poi dicono che l’infallibilità non serve :-)
Quando ho saputo che Bergoglio era stato scelto come papa, il mio primo commento è stato “ma non dovevano farlo al giro prima?” In effetti non mi è molto chiaro come mai sia stato scelto adesso, anche se la mia impressione è che i cardinali abbiano voluto scegliere un outsider per evitare blocchi contrapposti. Né mi è chiara la scelta del nome Francesco: per me, più che il Poverello d’Assisi, è in ricordo di Francesco Saverio. Non che importi più di tanto. Non sapevo che è il primo papa gesuita, il che mi pare molto più importante che essere il primo papa dell’America Latina, o se preferite il primo papa non europeo dopo lo Scisma d’Occidente (che in un certo senso ha sancito la nascita dell’Europa, almeno da un punto di vista religioso).
Per il resto che dire? Sono già (ri)partite le voci sulla sua connivenza col regime di Videla, anche se sono in pochi a notare come tutte queste voci partano da un’unica fonte: il libro L’isola del silenzio di Horacio Verbitsky. Io non mi fido dell’agiografia, ma nemmeno delle fonti uniche. È invece abbastanza chiaro che dal punto di vista dottrinale papa Francesco è un conservatore, il che nel cattolicesimo non significa assolutamente nulla. Ho ben presente un altro papa eletto da vecchio e scelto apposta come figura di transizione, del quale l’ortodossia conservatrice era ben notoria: Angelo Roncalli, papa Giovanni XXIII. Non credo che Jorge Mario Bergoglio indirà un nuovo Concilio, ma ho l’idea che – se ne avrà il tempo – cambierà la struttura della chiesa cattolica, cosa probabilmente ancora più importante che la dottrina. Ma per tutte queste cose occorre aspettare e vedere.
Aggiornamento: (13:15) Leggo da qui che Timothy Dolan ha esplicitato che Bergoglio si è invece davvero ispirato a san Francesco d’Assisi per il suo nome da papa. Un’ulteriore prova della mia incapacità congenita nel fare ipotesi “politiche”.

Ultimo aggiornamento: 2013-03-14 12:02